Paolo Attanasio
Il Sudtirolo fra vecchie e nuove migrazioni
Un confronto critico fra la situazione degli emigranti sudtirolesi di ritorno e quella dei nuovi migranti stranieri in Alto Adige
Nel corso degli ultimi decenni, la provincia di Bolzano (o Sudtirolo, oppure ancora Alto Adige, denominazioni che di seguito verranno utilizzate indifferentemente) ha conosciuto, similmente all’Italia (e ad altri paesi dell’Europa meridionale) un rivolgimento demografico, trasformandosi da terra di emigrazione in paese di immigrazione, dove sono attualmente presenti (secondo stime del Dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes 2008) oltre 40.000 cittadini stranieri, di cui circa un terzo (il 32,8 %) comunitari (ASTAT 2008). L’ASTAT, i cui dati si riferiscono ai residenti (e quindi agli iscritti in anagrafe), registrava, alla fine del 2007, oltre 32.000 cittadini stranieri, con un aumento di oltre tre volte e mezzo rispetto ai circa 9.000 del 1990.
Nonostante questo aumento inequivocabile di una presenza ormai stabile e strutturata, il livello politico-istituzionale (e, nella fattispecie, il legislatore provinciale) mostra una certa riluttanza a prendere seriamente in considerazione la nuova natura di Einwanderungsland dell’Alto Adige. Si ravvisa in questo atteggiamento una certa similitudine con il caso italiano, dove il legislatore nazionale, ad esempio sul tema fondamentale della cittadinanza e della rappresentanza politica, persiste a privilegiare gli emigrati italiani all’estero rispetto ai milioni di immigrati stabilmente presenti nel paese.
Figura 1: Stranieri residenti in provincia di Bolzano 1996–2007
Fonte: elaborazione su dati ASTAT
In questa attitudine, per così dire, “passatista”, il Sudtirolo mostra anche di discostarsi sensibilmente dagli sviluppi della situazione in Germania, la cui natura di Einwanderungsland, dopo un lungo e spesso difficile dibattito, è ormai comunemente accettata.
In questo articolo vogliamo dunque tentare un raffronto, per quanto possibile, fra l’attenzione che il legislatore provinciale dedica agli stranieri oggi regolarmente residenti sul territorio e le agevolazioni riservate agli emigranti sudtirolesi di ritorno (i cosiddetti Heimatferne). Come primo elemento di confronto fra le due categorie è da osservare che, mentre gli emigrati sudtirolesi all’estero dispongono di apposite previsioni di legge fin dal 1982 (v. infra) a tutt’oggi la Provincia autonoma di Bolzano non ha ancora legiferato sul fenomeno dell’immigrazione, che ormai da molti anni interessa il territorio con una consistenza analoga a quella delle altre regioni settentrionali del paese. Come è noto, infatti, la legge nazionale sull’immigrazione assegna alle regioni e alle province un compito preciso: quello cioè di adottare “i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelli inerenti all’alloggio, alla lingua, all’integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana” (Decreto Legislativo 1998, art. 3, co. 5). A questo compito le regioni e le province autonome dovrebbero appunto assolvere adottando una specifica legislazione in materia. A questo proposito va ricordato che non solo tutte le regioni e le province autonome italiane dispongono ormai di una propria legge sull’immigrazione, ma che diverse fra queste sono già alla seconda o alla terza generazione (di pari passo con l’evolversi della normativa nazionale). Nel 2004, in verità, l’amministrazione provinciale aveva nominato un gruppo di lavoro ad hoc con il compito di elaborare un disegno di legge: la bozza prodotta però, presumibilmente per motivi di opportunità politica, non è mai approdata all’esame della Giunta provinciale. Già negli anni scorsi, infatti, il clima politico e l’attitudine dell’opinione pubblica nei confronti del fenomeno migratorio erano sensibilmente peggiorati, e quindi un’iniziativa legislativa considerata “in favore” degli immigrati non sarebbe stata politicamente pagante. Fin qui la situazione, dal punto di vista legislativo, degli stranieri immigrati in provincia di Bolzano. Per quanto riguarda invece gli Heimatferne, il testo di riferimento attuale è la Legge provinciale 5 novembre 2001, n. 13 (d’ora in avanti semplicemente indicata come Lp 13/01), anche se, in realtà, la prima disciplina organica delle misure nei confronti degli Heimatferne risale, come accennato sopra, al 1982, con la Legge provinciale n. 30 (poi abrogata dalla novella del 2001). Finalità principale di questa prima legge era essenzialmente quella di “contenere ed eliminare gradualmente il fenomeno emigratorio”, sostenere “la conservazione dei legami culturali con la terra d’origine”, nonché favorire “il rientro degli emigrati altoatesini e delle loro famiglie” (Lp 13/01, art. 1). A questa preoccupazione del legislatore del 1982 di eliminare i motivi che erano alla base dell’emigrazione, la legge del 2001 contrappone “iniziative per favorire il rientro degli emigrati altoatesini e dei loro familiari che intendono tornare per stabilirsi in provincia di Bolzano” (Lp 13/01, art. 1, lett. g). Già il diverso incipit dei due testi mostra che in 19 anni la situazione è notevolmente cambiata, e non è più il bisogno che spinge i sudtirolesi a emigrare, quanto piuttosto la voglia di “conoscere il mondo”.1 Al di là delle finalità, per quanto riguarda le misure concrete in favore degli Heimatferne e degli emigrati di ritorno entrambe le leggi si mantengono, a un primo sguardo, piuttosto sul vago. Prendendo in esame la legge vigente (quella del 2001) si nota che l’art. 1, indicando i beneficiari, sembra restringerne il campo ai “cittadini”, e cioè a quegli Heimatferne i quali, per matrimonio o altro motivo, non abbiano perso la cittadinanza italiana.2 Oltre a questa categoria di persone (a condizione che siano nati in provincia, che vi abbiano avuto la residenza per almeno quattro anni, e che abbiano lavorato all’estero per almeno tre) i benefici della legge si estendono anche al coniuge, ai discendenti e ai lavoratori transfrontalieri. Oltre a queste categorie, per così dire, individuali, la legge si applica anche alle organizzazioni, con sede in provincia e all’estero, che operino a favore degli Heimatferne (categoria nella quale ricadono il Katholischer Verband der Werktätigen (KVW), come principale organizzazione di appoggio agli emigrati, e alcune decine di organizzazioni con sede all’estero). Al di là dei finanziamenti concessi alle associazioni per l’organizzazione di incontri, corsi, seminari e soggiorni di studio, le prestazioni contenute nella legge sono circoscritte al diritto al rimborso delle spese del viaggio e del trasloco di ritorno, nonché a un contributo per le spese di traslazione delle salme. Per quanto riguarda gli altri benefici (corsi di lingua, programmi di formazione o aggiornamento, eccetera) la Provincia si riserva il diritto di valutare le domande presentate dagli interessati. I fondi stanziati dal bilancio provinciale per queste attività superano di poco i 400.000 Euro (il bilancio 2008 prevedeva una somma di 405.100 Euro, con un aumento dell’1,7 per cento rispetto al 2007, e anche il 2009, attualmente in fase di approvazione, non dovrebbe discostarsi troppo da questa cifra). Dalla ripartizione interna di questa somma (suddivisa in tre capitoli di spesa) si vede che la parte del leone (con 365.000 Euro) è riservata alle associazioni di emigrati (in primo luogo il già citato Centro per gli emigrati sudtirolesi del KVW) e alle loro attività. Alle vere e proprie provvidenze in favore degli emigrati di ritorno sono riservati soltanto 18.100 Euro. I restanti 22.000 sono poi dedicati a spese dirette, quali la pubblicazione di opuscoli informativi, realizzazione di documentari sull’esperienza degli Heimatferne all’estero, eccetera In realtà, altre misure sono contenute nella legislazione di settore, ma per motivi di spazio non è possibile fornire e commentare un elenco esaustivo.
Un interessante elemento di confronto fra immigrati stranieri ed emigrati di ritorno, a titolo di esempio, si può però ravvisare nel delicato settore dell’edilizia abitativa agevolata, disciplinato dalla Legge provinciale 17 dicembre 1998, n. 13, recentemente novellata dalla Legge provinciale 13 ottobre 2008, n. 9. La Legge 13 dispone, all’art. 4 (non modificato dalla recente legge del 2008), che “gli emigrati all’estero già residenti per almeno cinque anni in provincia prima dell’emigrazione ed i loro coniugi non separati, i quali intendono ristabilire la loro residenza in provincia, sono parificati agli effetti della presente legge alle persone residenti in provincia”. Diversamente da quanto previsto dalla Lp 13/01 (la legge “generale”, a favore degli Heimatferne), in questo caso il possesso della cittadinanza italiana non appare necessario, in quanto non esplicitamente menzionato. I cinque anni di residenza necessari per ottenere le agevolazioni previste dalla legge, nel caso degli emigrati di ritorno non vengono richiesti (sempre che abbiano una residenza storica di cinque anni), e viene quindi di fatto azzerata la loro permanenza all’estero. Da notare l’estensione automatica della parificazione ai residenti anche ai coniugi degli emigrati all’estero, cioè a una categoria di persone che in teoria potrebbero non essere nate in provincia di Bolzano, e neppure esserci mai state.
Ben diversa è invece la situazione degli immigrati stranieri, i quali, nella legislazione vigente, devono dimostrare di avere da almeno cinque anni la residenza oppure il posto di lavoro in provincia. Inoltre, la già citata riforma del 2008 (art. 1, co. 26) stabilisce che: “Al fine di favorire l’integrazione degli immigrati, le assegnazioni delle abitazioni sono da effettuare […] in modo tale che in nessun edificio dell’IPES la percentuale degli immigrati sia di norma superiore al 10 per cento degli assegnatari. Se un edificio consiste di meno di dieci abitazioni, un’abitazione può comunque essere assegnata ad immigrati”.
La norma si presta a diversi livelli di lettura: da una parte appare evidente la preoccupazione del legislatore di non concentrare gli immigrati, socialmente indesiderabili, in pochi condomini, in cui verrebbero a trovarsi in maggioranza. Il fatto che siano considerati come un peso e un elemento di disturbo giustifica quindi il tentativo di “ripartire l’onere”. Ma oltre a ciò, si può notare che la norma, impedendo una presenza di immigrati superiore al 10 per cento per edificio, introduce di fatto un tetto del 10 per cento (non previsto dalla legge del 1998) alla presenza di immigrati nella totalità degli alloggi di edilizia abitativa residenziale.
Conclusioni
In definitiva, ciò su cui si è voluto attirare l’attenzione e promuovere una riflessione è la notevole differenza di approccio, e di trattamento, riservata agli emigranti di ritorno e agli immigrati stranieri nel contesto provinciale. In ciò, il legislatore locale sembra guardare indietro, invece che avanti, al passato piuttosto che al futuro. Un passato sicuramente fondamentale per la storia locale, ma che il Sudtirolo, come si è visto, ha dimostrato di saper ben superare, affrontando con successo momenti di crisi anche acuta. In un certo senso, questo approccio appare non dissimile da quello che ha portato il legislatore nazionale all’introduzione del diritto di voto per gli italiani all’estero senza al contempo concedere ai milioni di stranieri residenti nel nostro paese alcuna voce in capitolo nella gestione della cosa pubblica a livello locale. Tornando al contesto locale, è pur vero che, come si è visto, la normativa a favore degli Heimatferne di ritorno è stata forse tardiva nella sua approvazione (nel 1982 il fenomeno era già praticamente estinto, almeno nelle sue spinte propulsive), che essa non risulta particolarmente incisiva, e probabilmente neppure decisiva per motivare un rientro, ma questo certamente non toglie che una realtà come quella dell’immigrazione, che a livello provinciale ha fornito nel 2005 una contribuzione fiscale di oltre 71 milioni di Euro, relativa a un reddito prodotto di quasi 230 milioni (come risulta dai dati relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2005, forniti dall’INPS), meriti qualche attenzione in più da parte delle istituzioni incaricate di promuoverne l’integrazione e la piena parità di opportunità e diritti.
Note
1 Così si esprime Carlo Saxl, Heimatferner sudtirolese in Germania, in un’intervista pubblicata dal periodico del Katholischer Verband der Werktätigen (KVW) “Heimat&Welt” (patria e mondo) nel numero del novembre 2007. Proprio a testimoniare questa nuova “emigrazione per scelta”, il periodico riporta in ogni numero storie di successo di medici, biologi, professionisti in genere di alto profilo, che hanno cercato e trovato all’estero la propria realizzazione professionale.
2 A questo proposito va ricordato che l’Austria e la Germania, fino a non molti anni fa, non ammettevano la doppia cittadinanza, e quindi il cittadino straniero che avesse voluto naturalizzarsi avrebbe dovuto rinunciare alla propria cittadinanza di origine.
Riferimenti bibliografici
ASTAT (2008). ASTAT Info, n. 21, maggio 2008
Caritas-Migrantes (2008), Dossier statistico immigrazione 2008, Roma: Edizioni IDOS
Decreto legislativo (1998). Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n, 189
Legge provinciale 11 ottobre 1982, n. 30
Legge provinciale 17 dicembre 1998, n. 13
Legge provinciale 5 novembre 2001, n. 13
Legge provinciale 13 ottobre 2008, n. 9
Politik in Südtirol ist aktiv, intervista a Carlo Saxl, in: Heimat&Welt, November 2007, 7
Abstracts
Südtirol zwischen alter und
neuer Migration
Durch die Zuwanderung von Tausenden von MigrantInnen aus vielen Ländern der Welt ist Südtirol in den letzten zwei Jahrzehnten eindeutig zu einem Einwanderungsland geworden. Dennoch hat sich die Landesgesetzgebung mit dieser (inzwischen nicht mehr neuen) Realität noch immer nicht auseinandergesetzt. Noch heute ist Südtirol die einzige Region (bzw. autonome Provinz) Italiens, die noch auf ein eigenes Einwanderungsgesetz wartet, obwohl dies von der nationalen Gesetzgebung bereits seit 1998 vorgesehen war. Andererseits hat sich Südtirol schon 1982 (mit einer darauffolgenden Novellierung von 2001) um eine gesetzliche Regelung rund um die Rechte der sogenannten Heimatfernen bemüht. Am Beispiel des heiklen Bereichs der Wohnbauförderung, wo die Unterschiede zwischen den heutigen MigrantInnen und den zurückkehrenden Heimatfernen eklatant sind, versucht der Beitrag aufzuzeigen, wie sich der Gesetzgeber (und letztlich eine ganze Gesellschaft) mehr um die Vergangenheit als um die Zukunft des Landes zu kümmern scheint.
Südtirol inanter imigraziuns vedles y nöies
Tres l’imigraziun de milesc de imigranc´/imigrantes da tröc paîsc dl monn é Südtirol deventè ti ultimi dui dezenns tlermënter n paîsc de imigraziun. Porimpò ne s’à la legislaziun provinziala c´iamò mai dè jö cun chësta realté (intratan nia plü nöia). C´iamò incö é Südtirol la sóra regiun (respetivamënter provinzia autonoma) dla Talia che aspeta c´iamò a na süa lege söl’imigraziun, scebëgn che chësc ê bele odü danfora dala legislaziun nazionala dal 1998 incà. D’atra pert s’à Südtirol bele cruzié dl 1982 (lege novelada spo dl 2001) de na regolamentaziun legala revardënta i dërc´ di „Heimatferne“ (i emigrà südtiroleji al èster). Cun l’ejëmpl dl setur zite dl’edilizia agevolada, olache les desfarënzies danter i imigrà d’al dedaincö y i „Heimatferne“ che vëgn zoruch, prô l’articul da mostrè sö sciöche le legisladù (y inultima na sozieté intiera) se crüzia, chësta é altamo l’impresciun, deplü dl passè co dl dagnì dl paîsc.
South Tyrol between old and new migration
The Italian province of Bolzano/Bozen, or South-Tyrol, is at present characterised by a growing presence of foreign residents from all over the world, who are generally well integrated in the local economic, cultural and social fabric. Nowadays, South-Tyrol is undoubtedly a place that exerts a strong attraction for immigrants, just like many other regions in Europe, although in the past considerable parts of its population were themselves forced to search for better living conditions abroad. Despite this situation, South-Tyrol still lacks local legislation on immigration, though this is clearly foreseen in the Italian 1998 immigration act. On the other hand, Heimatferne (the South-Tyrolean emigrants) have been provided since 1982 with a detailed regulation of their rights, should they decide to return to their homeland. The article takes the delicate social housing sector as an example in order to illustrate the attitude of a legislator who seems to be looking at the past more than at the future of his region.