Andrea Carlà
Consociativismo e processi di
(de)securitizzazione in Alto Adige
Südtiroler Freiheit e Fratelli d’Italia a confronto alla luce
delle elezioni provinciali del 2023
Consociationalism and processes of (de)securitization in South Tyrol
A comparison of Südtiroler Freiheit and Fratelli d’Italia after the 2023 provincial elections.
Abstract This contribution analyzes the effects of consociational mechanisms on South Tyrolean politics. We focus on the process of ethnic outbidding, the phenomenon whereby more radical political forces prevail over moderate ones, fostering centrifugal patterns. To this end, the research focuses on the interplay between consociationalism and the so-called process of (de)securitization, the process through which an issue is viewed (or no longer viewed) as an existential threat based on an ‘us-versus-them’ logic. The contribution analyzes to what extent dynamics of (de)securitization have developed in South Tyrol vis-à-vis the ethnic question, through examining whether the experience with the consociational mechanisms has contributed over time to overcome the friend-enemy distinction.
Processes of (de)securitization are analyzed as they have developed in political discourses, using as data the electoral programs of the South Tyrolean political parties that (should) have the most radical positions on ethnic issues: Fratelli d’Italia and Süd-Tiroler Freiheit. The analysis will show that the South Tyrolean case both confirms and contradicts the expectation as well as the criticism of consociational theory and the extent such a type of institutional design could affect processes of ethnic outbidding.
1. Introduzione
L’ultima tornata elettorale per l’elezione del Consiglio provinciale in Alto Adige sembra aver segnato una svolta nell’esperienza politica di questa piccola provincia italiana caratterizzata dalla presenza di una minoranza di lingua tedesca e ladina ed un sofisticato sistema di autonomia territoriale e democrazia consociativa instaurato nel 1972 con il cosiddetto secondo Statuto d’autonomia per gestire delle tensioni ‘etniche’ e spinte secessioniste emerse negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso.1 Per la prima volta la Südtiroler Volkspartei (SVP), il partito che storicamente ha rappresentato la popolazione di lingua tedesca, ma in declino elettorale da vari anni, ha perso la sua posizione egemone. Il partito che in passato ha dominato la vita politica altoatesina, ottenendo la maggioranza assoluta e quindi potendo scegliere un solo partito espressione del gruppo linguistico italiano con cui co-governare, come prescritto dal sistema consociativo, si è visto costretto a creare un’alleanza di governo più vasta, che coinvolge un maggior numero di partiti di lingua italiana e/o tedesca. Da registrare inoltre il successo elettorale di Süd-Tiroler Freiheit, con la sua agenda di rivendicazione secessionista, e la crescita di Fratelli d’Italia, il partito erede della tradizione nazionalista e post-fascista italiana, sull’onda della crescita del partito a livello nazionale.2
Oltre un’analisi degli sviluppi politici, questo momento di cambiamento offre al tempo stesso una finestra per analizzare lo stato della democrazia consociativa in Alto Adige ed i suoi effetti sulla politica altoatesina. Questo tipo di sistema di governo è considerato da molti, sia in campo accademico che in campo politico e tra operatori ed esperti di risoluzione dei conflitti, come un’efficace soluzione per gestire società divise lungo linee di frattura p. e. etnico-linguistiche e/o religiose. Sviluppata originariamente da A. Lijphart (1977), il consociativismo è una teoria incentrata sul ruolo dell’élite politica (cfr. Jarrett 2018, 49), in base alla quale i diversi segmenti in cui si distingue la popolazione di una società plurale sono considerati come suoi elementi costitutivi. Ciascun gruppo viene quindi protetto garantendogli l’accesso al potere attraverso quattro meccanismi principali: governi di grande coalizione, proporzionalità, veto reciproco e autonomia. In presenza di specifiche condizioni favorevoli, questo sistema di governo è considerato in grado di porre fine a tensioni e violenze e sostenere processi di pace, fornendo stabilità politica (McGarry 2017b; McGarry/O’Leary 2006). In base alla teoria, la forzata cooperazione tra i diversi gruppi nei meccanismi consociativi ha il potenziale di promuovere la fiducia tra le élite politiche, fiducia che poi si riversa sulla società. In questo modo, la democrazia consociativa può ridurre le divisioni tra gruppi e indebolire la mobilitazione politica su base identitaria più radicale, anche se è bene chiarire che il consociativismo non mira a trascendere le diversità ed appartenenze etniche (McGarry 2017a).
I modelli di democrazia consociativa sono al tempo stesso criticati per vari motivi, fra cui il fatto che siano sistemi di governo di difficile implementazione, siano antidemocratici ed inefficaci, istituzionalizzino i gruppi e le loro identità collettive, e provochino instabilità ed immobilismo politico (cfr. O’Leary 2005). Fra le critiche, alcuni teorici ritengono che, rafforzando le distinzioni identitarie e dando potere alle élite etniche, i meccanismi consociativi diminuiscano gli incentivi alla moderazione. Le dinamiche politiche rimangono così caratterizzate dal cosiddetto “outbidding etnico”, cioè il fenomeno per cui forze politiche più radicali prevalgono su quelle moderate, favorendo spinte centrifughe (McCulloch 2016). Infatti, poiché il consociativismo favorisce il mantenimento di arene politiche distinte per ciascun segmento della popolazione, leader politici possono fare appello alle divisioni basate sull’appartenenza etnica per prevalere sugli oppositori politici più moderati all’interno del proprio gruppo etnico. Fra gli esempi negativi a riguardo, viene spesso indicata la Bosnia ed Erzegovina, il cui governo consociativo è stato frequentemente bloccato da partiti nazionalisti e veti reciproci, ed in parte anche l’Irlanda del Nord, dove i partiti più moderati protagonisti del processo di pace sono stati superati da partiti più radicali, il Democratic Unionist Party (DUP) and Sinn Féin, i quali a volte non sono stati in grado di collaborare e formare un governo.
Questo capitolo si pone l’obbiettivo di analizzare gli effetti dei meccanismi consociativi sulla politica altoatesina alla luce delle recenti dinamiche politiche emerse nell’ultima elezione del consiglio provinciale, per valutare se e in che misura siano presenti fenomeni di outbidding etnico. In particolare, la ricerca si chiede come tali meccanismi consociativi interagiscono sulle relazioni a livello politico fra i gruppi linguistici e sulle modalità con cui le forze politiche di ciascun gruppo linguistico rappresentano nella loro narrazione le questioni etniche, così come i rapporti fra i gruppi e la percezione che hanno l’uno dell’altro, al fine di evidenziare se e come tali percezioni e visioni siano cambiate e se si siano moderate nel tempo.
A tal fine, la ricerca combina lo studio dei modelli consociativi con approcci sviluppati nel campo degli studi sulla sicurezza, focalizzandosi sulla interazione fra i meccanismi consociativi ed il cosiddetto processo di (de)securitizzazione, cioè, quel processo attraverso il quale una questione è considerata (o non lo è più) come una minaccia esistenziale sulla base di una logica divisiva del noi-contro-loro (cfr. Buzan et al. 1998; Balzacq 2015). Negli ultimi decenni il concetto di (de)securitizzazione è diventato un termine ricorrente utilizzato da ricercatori e professionisti in una varietà di contesti politici, economici e sociali. Molti studi hanno utilizzato il concetto di (de)securitizzazione per analizzare la percezione di vari problemi di sicurezza legati alla presenza di minoranze (cfr. Carlà 2023). Questo contributo analizza se, in che misura e con quali modalità si siano sviluppate dinamiche di (de)securitizzazione in Alto Adige nei confronti della questione etnica e dei rapporti fra i gruppi linguistici, esaminando se l’esperienza con i meccanismi di democrazia consociativa abbia contribuito nel tempo a superare la distinzione amico-nemico e logiche di noi-contro-loro. In questo contributo il processo di (de)securitizzazione è teorizzato come un atto linguistico, per cui i processi di (de)securitizzazione e la loro evoluzione storica sono analizzati così come si sono sviluppati nei discorsi politici a livello di élite. Metodologicamente, la ricerca è incentrata sull’analisi dei programmi elettorali dei partiti politici altoatesini che hanno (o dovrebbero avere per la loro ideologia nazionalista) le posizioni più radicali sulle questioni etniche e quindi più propensi a logiche di outbidding etnico, cioè Fratelli d’Italia e Süd-Tiroler Freiheit. Prima di procedere con l’analisi, le prossime due sezioni presentano più dettagliatamente l’approccio teorico e la metodologia usata nella ricerca così come il contesto storico-politico altoatesino.
2. Approccio teorico e metodologia
Con il termine securitizzazione si intende il processo che porta una problematica ad essere presentata come una minaccia esistenziale, che richiede misure di emergenza e giustifica azioni al di fuori dei normali limiti delle procedure politiche (Buzan et al. 1998, 23-24). Come sviluppato dalla cosiddetta Scuola di Copenaghen, che per prima ha teorizzato il concetto, questo processo non si basa su fatti oggettivi; la securitizzazione avviene non perché esista una reale minaccia esistenziale, ma perché un problema viene presentato come tale. Un aspetto rilevante dei processi di securitizzazione consiste nel fatto che tale tipo di processi ha una componente identitaria ed effetti escludenti, poiché agisce come un principio di categorizzazione e creazione dell’altro. Infatti, si basa sulla distinzione amico-nemico e una dicotomia noi-loro, in cui viene identificato chi deve essere protetto (cosiddetto oggetto referente), chi rappresenta una minaccia (soggetto referente), e chi fa parte di un determinato gruppo (cfr. Bilgin 2010; Guillaume/Huysmans 2013; Carlà 2020). Con de-securitizzazione si intende il processo antitetico con cui la rappresentazione istituzionale di una questione come una minaccia ed il prevalere di una logica amico-nemico vengono contestate e la tematica torna ad essere discussa nella sfera politica al di fuori di logiche emergenziali.3
Il concetto di (de)securitizzazione è stato utilizzato in diversi campi accademici, tra cui gli studi sui conflitti e la politica etnica. Varie ricerche hanno dimostrato come specifiche minoranze, come i cittadini palestinesi di Israele e le minoranze russe negli Stati baltici, siano state oggetto di processi di securitizzazione da parte degli Stati e presentate come antagoniste della società maggioritaria o come una minaccia alla sovranità e all’unità del Paese (cfr. Olesker 2014; Herd/Lögfren 2011). In alternativa, altre ricerche hanno mostrato come tutte le parti coinvolte in conflitti etnici abbiano agito come attori securitari, come osservato ad esempio in Bosnia ed Erzegovina (cfr. van Willigen 2010).
Seguendo l’esempio della ricerca svolta da Calu (2021), questo contributo applica il concetto di (de)securitizzazione allo studio sul consociativismo e sullo sviluppo di meccanismi istituzionali per società divise per analizzare come i meccanismi consociativi messi in atto in Alto Adige hanno influenzato processi di (de)securitizzazione e la rappresentazione dell’altro come una minaccia basata su una logica di noi-contro-loro e la distinzione amico-nemico. A tal fine il concetto di (de)securitizzazione viene riformulato ponendo l’accento sull’aspetto identitario nella definizione di minaccia. In questo contributo con securitizzazione si intende il processo attraverso cui una questione è considerata come una minaccia per cui l’altro è percepito in modalità esclusive basate sulla dicotomia noi-contro-loro, implicando la presenza di entità omogenee in opposizione o competizione (cfr. Carlà 2019; 2021). L’analisi esamina se e come processi di (de)securitizzazione si siano sviluppati in Alto Adige dopo l’introduzione del secondo Statuto d’autonomia, portando alla luce se, chi o cosa ed in quali termini sia presentato come una minaccia, influenzando in questo modo le relazioni fra i diversi segmenti linguistici della popolazione altoatesina.
Il contributo utilizza l’approccio alla securitizzazione sviluppato dalla cosiddetta Scuola di Copenaghen, per cui tale processo è un atto linguistico e il linguaggio ha potere performativo, poiché parlando si produce un effetto (Buzan et al. 1998, 26). Tale atto linguistico che individua una minaccia esistenziale deve, però, essere accettato da un pubblico, affinché il processo di securitizzazione possa avere successo. L’analisi traccia processi di securitizzazione come emergono nei discorsi politici dei partiti più nazionalisti in ciascuna arena linguistica (italiana e tedesca) e che, tra partiti ideologicamente simili, hanno riscontrato il maggior successo elettorale nell’ultima elezione del Consiglio provinciale; fattore che viene usato come indicatore dell’accettazione pubblica dei loro discorsi politici. Nell’area linguistica tedesca la scelta è ricaduta su Süd-Tirol Freiheit, nato nel 2007 dalla spaccatura di Union für Südtirol, il partito che fin dagli anni ’80 del secolo scorso aveva storicamente rappresentato le richieste di autodeterminazione per l’Alto Adige. Nell’ultima elezione provinciale Süd-Tirol Freiheit ha ottenuto il 10.9 per cento dei voti risultando come il terzo partito più votato in provincia. Nell’arena politica italiana, l’analisi si focalizza su Fratelli d’Italia, erede della tradizione post-fascista e nazionalista italiana, che in Alto Adige aveva avuto un notevole successo dagli anni ’80 fino ai primi anni del nuovo millennio prima con il Movimento Sociale Italiano e poi con Alleanza Nazionale, divenuti i partiti più votati dalla comunità di lingua italiana. All’ultima elezione provinciale Fratelli d’Italia ha ottenuto il 6 per cento dei voti riverberando in parte i successi passati dei suoi predecessori, dopo anni in cui la popolarità dei partiti nazionalisti italiani era notevolmente scemata.
Verrà svolta un’analisi comparativa e longitudinale dei programmi politici usati da Süd-Tiroler Freiheit e Fratelli d’Italia nell’ultima elezione provinciale del 2023, confrontandoli al tempo stesso con: il programma di Süd-Tiroler Freiheit per l’elezione del 2008, la prima volta in cui il partito ha partecipato all’elezione del Consiglio provinciale, ottenendo il 4,9 per cento dei voti; ed il programma di settore usato da Alleanza Nazionale, precursore di Fratelli d’Italia, nell’elezione del 1998, anno in cui Alessandro Urzì, leader locale di Fratelli d’Italia, è stato eletto per la prima volta nel Consiglio provinciale nelle liste di Alleanza Nazionale, che ottenne il 9,7 per cento dei voti.
Le elezioni del Consiglio provinciale (ed i relativi programmi di partito) sono momenti ideali per analizzare eventuali processi di (de)securitizzazione in atto, poiché durante la campagna elettorale vengono discusse le caratteristiche e sfide principali della società altoatesina e gli attori politici presentano le loro rivendicazioni e posizioni politiche. Inoltre, rappresentano momenti di ponderata auto-riflessione da parte delle forze politiche, piuttosto che reazioni immediate ad eventi specifici che potrebbero indurre gli osservatori esterni a sopravvalutare la presenza di processi di (de)securitizzazione. I programmi elettorali dei partiti sono una delle più significative rappresentazioni delle posizioni politiche dei partiti e la loro analisi presenta diversi vantaggi metodologici. Come sottolineato da Scantamburlo (2016, 55) riferendosi al lavoro di Alonso, Volkens e Gomez, i programmi elettorali riflettono la posizione dell’intero partito piuttosto che di un singolo politico o fazione. Inoltre, vengono pubblicati per ogni elezione e quindi è possibile identificare eventuali cambiamenti nel tempo e condurre una comparazione sistematica tra i partiti. Allo stesso tempo, è necessario sottolineare che i programmi elettorali non riflettono interamente gli impegni ed intenzioni dei partiti politici e sarebbero necessarie ulteriori ricerche che considerino per esempio specifici discorsi politici o documenti di partito, per avere una panoramica più ampia.
3. Alto-Adige: da terra di conflitto a “modello” di risoluzione dei conflitti
L’Alto Adige, parte dell’Impero asburgico, venne annesso allo Stato italiano dopo la Prima guerra mondiale e durante gli anni del fascismo subì un processo di italianizzazione, che includeva il divieto dell’insegnamento della lingua tedesca nelle scuole e del suo uso negli uffici pubblici e misure per favorire l’immigrazione di persone di lingua italiana dal resto della penisola. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, lo Stato italiano s’impegnò a livello internazionale a proteggere la popolazione di lingua tedesca con un accordo con il governo austriaco (il cosiddetto accordo De Gasperi-Gruber), il quale però fu scarsamente attuato con il primo Statuto d’autonomia emanato nel 1948. Negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso la situazione si deteriorò, e seguirono richieste di autodeterminazione da parte della popolazione di lingua tedesca, l’intervento dell’Austria che portò la questione altoatesina alle Nazione Unite (ONU) e la creazione di un movimento secessionista che ricorse ad attentati contro i simboli della presenza italiana. Nel 1972 lo Stato italiano ha emanato il secondo Statuto di autonomia, contenente una serie di misure per proteggere la popolazione di lingua tedesca e ladina, che ha avviato un processo di riappacificazione, conclusosi formalmente nel 1992 quando l’Austria e l’Italia dichiararono chiusa la controversia riguardo l’Alto Adige.
Il nuovo statuto prevede un’ampia autonomia territoriale per la provincia di Bolzano insieme ad una serie di misure di stampo consociativo. Innanzitutto, la composizione della Giunta provinciale deve riflettere la consistenza dei gruppi linguistici (italiano, tedesco e ladino) come sono rappresentati in Consiglio provinciale, il quale è eletto con sistema proporzionale. A ciascun gruppo linguistico è attribuito una sorta di diritto di veto per materie considerate rilevanti per esso, così come una autonomia culturale. Inoltre, in base alla cosiddetta proporzionale, gli impieghi negli uffici pubblici e le risorse pubbliche sono distribuiti fra i gruppi linguistici in base alla loro consistenza come risulta in un apposito censimento linguistico svolto ogni dieci anni. Infine, sono previste una serie di misure linguistiche, fra cui l’obbligo di bilinguismo (trilinguismo nelle aree ladine) nella pubblica amministrazione e nella toponomastica, e l’insegnamento in lingua materna, ottenuto attraverso la creazione di tre tipi di scuole distinte: scuola in lingua italiana, scuola in lingua tedesca e scuola trilingue nelle aree ladine. Si tratta di un sistema di democrazia consociativa di tipo corporativo, che individua a priori i segmenti della popolazione che fanno parte dell’accordo consociativo, cioè i gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino.4
Dopo l’emanazione del secondo Statuto, è iniziato in Alto Adige un periodo di pace e stabilità politica, insieme ad una notevole crescita economica, sia in termini assoluti che in comparazione con il resto d’Italia. Di conseguenza, spesso il caso altoatesino è presentato come un modello per la risoluzione dei conflitti etnici, anche se erroneamente, visto che il suo successo è legato ad una serie di fattori locali, nazionali ed internazionali, difficilmente riproducibili altrove. Fra questi fattori vi è il predominio politico della SVP, un partito etnico di raccolta, che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti fino alle elezioni provinciali del 2008, e che quindi ha potuto governare la provincia come unico rappresentante della popolazione di lingua tedesca ed è stato libero di scegliere il partner di governo di lingua italiana previsto dai meccanismi consociativi. La scelta della SVP è ricaduta per lo più su partiti italiani di centro/centrosinistra fino al 2018, quando il partito ha concluso una coalizione di governo con la Lega, diventato quell’anno il partito più votato dalla popolazione di lingua italiana. Inoltre, è necessario sottolineare che la popolazione altoatesina rimane caratterizzata da una certa divisione su base linguistica per vari aspetti della vita sociale, poiché all’interno del sistema consociativo, ciascun gruppo ha creato le proprie organizzazioni, quali sindacati e associazioni sportive, anche se negli ultimi due decenni sono notevolmente aumentate le iniziative interetniche nella società civile (Pallaver 2014). Questa divisione linguistica caratterizza anche le dinamiche politiche altoatesine, poiché molti elettori votano su base etnico-linguistica. Perciò, il sistema partitico altoatesino è caratterizzato da una competizione segmentata e intra-etnica ed è suddiviso in due sub-arene politiche, una italiana ed una tedesca, anche se sono presenti partiti interetnici che escono da questa logica (Scantamburlo/Pallaver 2014; Scantamburlo 2016). All’interno della sub-sfera politica tedesca, dall’inizio degli anni ’80 sono emersi dei partiti nazionalisti che reclamo l’autodeterminazione per l’Alto Adige, fra cui oggi la Süd-Tiroler Freiheit, che insieme ai partiti interetnici hanno contributo ad erodere il consenso elettorale della SVP. Nella prossima sezione si analizzerà come i meccanismi consociativi altoatesini si intersecano con processi di (de)securitizzazione nelle due sub-arene politiche (italiana e tedesca), prendendo in considerazione i discorsi politici di Süd-Tiroler Freiheit e quelli di Fratelli d’Italia,
4. (De)securitizzazione nei discorsi politici di Süd-Tiroler Freiheit e Fratelli d’Italia: tra continuità e cambiamento
Il programma di Süd-Tiroler Freiheit per l’elezione del Consiglio provinciale del 2023 ha fra i suoi elementi centrali dei discorsi politici che riflettono alcuni processi di securitizzazione. Fin dall’introduzione il partito mette in risalto, con tono enfatico, alcuni pericoli che minacciano la vita delle persone: “La cultura e la lingua si perdono, l’autonomia è ridotta, l’inflazione e gli alti prezzi delle case stanno rovinando le persone, gli stranieri criminali godono di libertà e i tempi di attesa negli ospedali sono insopportabili!” (Süd-Tiroler Freiheit 2023).5 Il responsabile di questi pericoli è innanzitutto lo Stato italiano, con cui “l’Alto Adige non avrà mai un futuro sicuro” riguardo alcun settore, dalla cultura, all’economia a questioni identitarie (Süd-Tiroler Freiheit 2023). Nella retorica del partito, il problema risiede nel fatto che in varie tematiche, dal volontariato al sistema sanitario, Roma “impone tutto” e “determina sempre di più la nostra vita quotidiana,” mentre l’autonomia è continuamente ridotta (Süd-Tiroler Freiheit 2023).
Süd-Tiroler Freiheit costruisce quindi una chiara dicotomia fra l’Alto Adige (l’oggetto referente) e l’Italia, il soggetto referente da cui è necessario proteggersi. Tale dicotomia, però non si riflette in una contrapposizione fra il gruppo linguistico italiano e quello tedesco e ladino. Nel programma prevalgono i termini generali come persone (e come alternativa cittadini) ed il pronome “nostro”, senza chiarire in modo specifico i contorni che delimitano la comunità di riferimento e chi ne fa parte (Süd-Tiroler Freiheit 2023). Solo due volte il termine Süd-Tiroler (parola che indica altoatesini di lingua tedesca) è usato, in merito al tema della concessione della cittadinanza austriaca per i „sudtirolesi“ e a “medici sudtirolesi” che rimangono all’estero dopo la loro formazione, mentre una volta il programma fa riferimento alla protezione di tedeschi e ladini (Süd-Tiroler Freiheit 2023). La comunità di lingua italiana non è mai menzionata, e quindi rimane indefinito quanto e come il partito consideri questo segmento della popolazione come parte della società altoatesina e come valuti la presenza in provincia del gruppo linguistico italiano con la sua diversità. Non va però dimenticato che il programma è scritto esclusivamente in lingua tedesca, e quindi la popolazione di lingua tedesca è il principale interlocutore del partito, e menziona brevemente classiche questioni etnolinguistiche, quali la salvaguardia della lingua e cultura tedesca e ladina e della scuola tedesca, la protezione della proporzionale e della “lingua madre” e l’abolizione della toponomastica fascista (Süd-Tiroler Freiheit 2023).
Una contrapposizione netta emerge invece nel confronto della popolazione straniera, presentata come un secondo pericolo per l’Alto Adige. La tematica degli stranieri è il terzo tema affrontato dal programma, dopo quello dell’autodeterminazione e dell’autonomia, ed è direttamente collegato al tema della sicurezza, come rappresentato visivamente dalla foto di una mano di una persona di colore che tiene in mano un coltello e dall’appello a “ferm[are] finalmente la violenza straniera” (Süd-Tiroler Freiheit 2023). Il programma utilizza solo il termine “stranieri”, i quali sono presentati esclusivamente come criminali (e come stranieri senza documenti) che si fanno gioco delle regole della società: “il nostro paese è stato colpito da un’ondata di violenza. Gli autori hanno una cosa in comune: sono quasi sempre stranieri! Solo raramente vengono espulsi. Queste persone ridono di noi perché sanno che non gli succederà nulla!” (Süd-Tiroler Freiheit 2023). Il programma non contiene alcun altro riferimento al tema della migrazione e dell’integrazione della popolazione di origine straniera, salvo prescrivere la precedenza della popolazione locale rispetto agli stranieri nell’assegnazione dei contributi pubblici per l’affitto.
Con tono emergenziale Süd-Tiroler Freiheit (2023) rimarca che “Le cose non devono andare avanti così!” sottolineando l’urgenza di un cambiamento. Fra le misure proposte come soluzione, vi è come previsto l’autodeterminazione e l’indipendenza dell’Alto Adige dall’Italia, maggiori competenze incluso riguardo al tema dell’immigrazione, e delle misure securitarie, come l’espulsione immediata di stranieri criminali, la creazione di un servizio di sicurezza in aree a rischio e la dotazione di taser (storditori elettrici) per il personale di treni e autobus.
Questo tipo di processi di securitizzazione era già presente nei discorsi politici di Süd-Tiroler Freiheit così come elaborati nel loro primo programma elettorale del 2008, dove l’appartenenza allo Stato italiano è già presentata come un “percorso traballante” che con la sua cattiva amministrazione, corruzione e “minaccia nazionalista” crea problemi all’Alto Adige ed al suo futuro (Süd-Tiroler Freiheit 2008). Da un attento confronto, emergono però delle differenze significative. Il programma del 2008 da una parte poneva maggior attenzione a temi identitari, con riferimento al pericolo dell’assimilazione e dell’italianizzazione ed al tema della patria, presentato come secondo obbiettivo del partito, dopo l’autodeterminazione, in cui vengono affrontate varie questioni quali il dialetto, i problemi dell’insegnamento multilingue per la conoscenza del tedesco, la rimozione di simboli fascisti e la grazia per i “combattenti per la libertà” (Süd-Tiroler Freiheit 2008). Se la tematica della patria, considerata come “fonte d’identità”, fa pensare a una contrapposizione lungo linee etnico-linguistiche, dall’altra il programma del 2008 presentava un’apertura esplicita nei confronti degli “italiani” al fine di includerli nel concetto di patria pur mantenendo confini identitari (Süd-Tiroler Freiheit 2008). Come scritto nel programma: “Sulla base di una visione del mondo aperta, ma con una mentalità tollerante e dai confini chiari, non giudichiamo le persone in base al loro stile di vita, all’appartenenza etnica o religiosa; ciò che conta per noi è il loro impegno per la nostra patria e la loro disponibilità a fare qualcosa per essa” (Süd-Tiroler Freiheit 2008). In particolare, agl’italiani veniva chiesto di dare un contributo alla convivenza pacifica e di rinunciare ai simboli fascisti.
Quest’apertura riverbera in parte nel terzo obbiettivo del partito, il “controllo dell’immigrazione” (Süd-Tiroler Freiheit 2008). La tematica non è trattata in relazione all’attività criminale come nel programma del 2023, ma come una questione identitaria alla luce del pericolo che l’immigrazione possa modificare gli equilibri etnici poiché gli stranieri credono di essere in una “provincia italiana ordinaria”, “si adattano alla popolazione italiana, parlano italiano, e frequentano scuole italiane,” e quindi i loro bambini diventeranno italiani, e di conseguenza il rischio per la popolazione di lingua tedesca di diventare una minoranza (Süd-Tiroler Freiheit 2008). Comunque, il partito si distanzia da pregiudizi e xenofobia e propone piuttosto soluzioni specifiche come il reclutamento di lavoratori dall’Austria e dalla Germania e corsi di tedesco obbligatori per accedere ai sussidi.
Diversamente dal programma di Süd-Tiroler Freiheit, il programma elettorale di Fratelli d’Italia per le elezioni del 2023 è per lo più esente da discorsi di securitizzazione e dalla creazione di dicotomie competitive e contrapposizioni noi-loro. L’unica eccezione è lo slogan “adesso tocca a noi!” che, però, non implica una contrapposizione etnolinguistica, ma politica e si riferisce alla possibilità di entrare a far parte del governo provinciale sostituendo le forze politiche che hanno governato in passato in alleanza con la SVP (Fratelli d’Italia 2023). Pur con un riferimento ai “valori della tradizione nazionale”,6 l’introduzione del programma presenta un messaggio inclusivo rappresentato dall’“impegno … indirizzato alla promozione della convivenza paritaria, della tutela dell’autonomia come mezzo per lo sviluppo della comunità tutta” (Fratelli d’Italia 2023, 2). A riguardo è significativo il fatto che il programma si riferisca spesso ai diversi gruppi linguistici in generale e solo una volta menzioni esplicitamente la “Comunità di lingua italiana” (Fratelli d’Italia 2023, 11). In quest’ottica inclusiva rientrano l’idea che la conoscenza della seconda e di una terza lingua (prevalentemente l’inglese) siano “strumento per l’emancipazione … e la crescita di un sentimento di appartenenza comune ad un territorio plurilingue” e l’attenzione alla “tutela delle identità locali, del trilinguismo come espressione della pluralità del territorio” ed alla collaborazione ed il dialogo tra scuole e all’“interscambio culturale fra i gruppi linguistici” (Fratelli d’Italia 2023, 3, 9)
Al tempo stesso, Fratelli d’Italia sembra presentare una concezione dei gruppi linguistici percepiti come entità che sono e vanno mantenute distinte. Ciò traspare nelle richieste di “tutela dell’autonomia di ciascun gruppo” e delle loro scuole, “rafforzamento dell’insegnamento della prima lingua,” e “valorizzazione delle peculiarità culturali dei diversi gruppi linguistici” (Fratelli d’Italia 2023, 3, 8, 10). Inoltre, nel programma, che è redatto nella sola lingua italiana, traspare a volte una maggiore attenzione per il gruppo linguistico italiano, per esempio con la proposta di creare un Istituto culturale italiano e di valorizzare il principio della rotazione tra i gruppi linguistici negli incarichi politici, amministrativi ed elettivi. Né mancano riferimenti a classiche tematiche etniche che sono tradizionalmente a cuore alla popolazione di lingua italiana come la proporzionale o le recenti proposte per indirizzare gli studenti nelle scuole della propria madrelingua.7 Ciò, però, avviene in modo indiretto con riferimenti a principi generali piuttosto che prese di posizione frontali, quali la valorizzazione del principio del merito nelle assunzioni negli uffici pubblici e la libertà educativa della famiglia. Da notare infine l’attenzione posta sui centri urbani, in particolare Bolzano, dove prevale la popolazione di lingua italiana.
Simile al programma di Süd-Tiroler Freiheit, anche il programma di Fratelli d’Italia tratta il tema della migrazione collegandolo a questioni di sicurezza, ma declinandolo prevalentemente in termini sociali (all’interno del tema “Sicurezza sociale”), e facendo una netta distinzione fra migranti con o senza documenti (Fratelli d’Italia 2023, 4). Per i primi il focus è su misure d’integrazione sociale ispirata da principi di integrazione civica.8 Da notare a riguardo l’uso del termine inclusivo “nuovi cittadini,” mentre nel programma non vengono mai usati termini quali straniero o immigrato (Fratelli d’Italia 2023, 5). Per coloro che sono senza documenti traspare un approccio securitario di “tolleranza zero” (Fratelli d’Italia 2023, 5).
Rispetto al programma di settore di Alleanza Nazionale elaborato per le elezioni provinciali del 1998, il discorso politico del 2023 rappresenta un netto cambiamento. Il programma del 1998 presenta un discorso di securitizzazione, in cui il gruppo linguistico italiano è l’oggetto referente che deve essere protetto ed in cui emerge una concezione dei gruppi linguistici come entità in competizione. L’introduzione del programma sottolinea il “ruolo storico per uno storico impegno” del partito che “mette al centro della sua azione la tutela degli interessi storici, morali, culturali ed economici della comunità di lingua italiana” (Alleanza Nazionale 1998, 5). La fonte di preoccupazione è innanzitutto la SVP, accusata di avere posizioni radicali e di portare avanti una “politica anti-italiana,” facendo gli interessi del solo gruppo linguistico tedesco, premiato nella gestione delle risorse, mentre “il gruppo svantaggiato è il nostro” (Alleanza Nazionale 1998, 5, 34). Rifiutando di confrontarsi con AN, la SVP “inacidisce i rapporti politici e più in generale la convivenza mirando all’indebolimento del gruppo italiano” (Alleanza Nazionale 1998, 7). Il programma evoca quasi scenari di guerra con slogan quali “nessun cedimento alla SVP” e “la nostra battaglia prosegue” (Alleanza Nazionale 1998, 7, 8). Come in tutte le guerre è presente anche il problema dei traditori, cioè di altre forze politiche nell’arena politica italiana che minano e indeboliscono “la rappresentatività italiana” (Alleanza Nazionale 1998, 7). Questa prospettiva caratterizza quasi tutto il programma e viene declinata nelle varie proposte del partito in vari settori dall’edilizia, alla cultura, all’economia, alle politiche di welfare, alla scuola … in cui vengono suggerite varie “norme di tutela per gli italiani” (Alleanza Nazionale 1998, 5). Per esempio il programma prevede la difesa e valorizzazione delle culture presenti in provincia “senza prevaricazioni,” il rispetto della toponomastica italiana che “va difesa senza tentennamenti” contro la “radicale ‘pulizia linguistica’“ in atto, la salvaguardia dei monumenti d’epoca fascista, misure contro l’emarginazione dei medici italiani relegati in una “riserva indiana” e contro l’iniqua distribuzione dei contributi sociali, la promozione del bilinguismo e della conoscenza dell’italiano contro il rischio di “monolinguismo tedesco che provocherà l’assimilazione linguistica e culturale della Comunità italiana” (Alleanza Nazionale 1998, 19, 20, 28, 34).
Da notare che questa prospettiva di contrapposizione non si riverbera nei confronti della diversità culturale fra tedeschi, italiani e ladini, nei confronti di cui emerge un messaggio inclusivo con riferimenti al bisogno di favorire l’incontro, la comprensione, e la collaborazione fra i gruppi linguistici, soprattutto fra i giovani, e una visione del contatto fra i gruppi come “occasione di arricchimento culturale e d’integrazione sociale” (Alleanza Nazionale 1998, 25). Anche questa tematica è però declinata per presentare come fonte di preoccupazione una parte dei partiti di lingua tedesca, che esaspera una rigida “separazione” che crea una “sensazione d’estraneità” nel gruppo linguistico italiano, e promuove forme di radicalismo, estremismo ed irredentismo (Alleanza Nazionale 1998, 25).
Così accade anche in merito alla questione della migrazione, la quale non è presentata come una preoccupazione in sé, ma a causa delle politiche del governo provinciale, e quindi della SVP, in particolare per il fatto che nell’assegnazione degli alloggi popolari, che in base alle regole consociative dell’Alto Adige viene fatta in accordo alla consistenza dei gruppi linguistici, i migranti non di lingua tedesca siano considerati come parte del gruppo linguistico italiano, drenandone le risorse. Come avviene nel programma del 1998 di Süd-Tiroler Freiheit, AN collega la tematica della migrazione a quello della convivenza dei gruppi linguistici, e gli fa da contraltare. Comunque, nel programma di AN sono anche presenti dei discorsi securitari nei confronti della migrazione, soprattutto quella senza documenti, questione che viene trattata come parte della tematica della “sicurezza del cittadino”, dove si sottolinea come molti degli stranieri sia senza lavoro e facile preda di organizzazioni malavitose (Alleanza Nazionale 1998, 36).
5. Conferme e contradizioni del consociativismo in Alto Adige
Dall’analisi sopra esposta, i discorsi politici di Süd-Tiroler Freiheit e Fratelli d’Italia si differenziano riguardo allo sviluppo di processi di (de)securitizzazione. Per i primi, discorsi di securitizzazione, incentrati su una contrapposizione noi-contro-loro, permangono e rispetto al passato si sono accentuati con una maggiore chiusura nei confronti del gruppo linguistico italiano, non più esplicitamente incluso nella concezione di patria altoatesina, e soprattutto riguardo alla popolazione straniera, che viene trattata con una prospettiva esclusivamente securitaria e si aggiunge allo stato italiano come pericolo per la società altoatesina. Al contrario, nel caso di Fratelli d’Italia, discorsi di securitizzazione si sono notevolmente attenuati e sembra essere in atto un processo di de-securitizzazione, per cui la narrazione del partito, pur mantenendo la distinzione fra i gruppi linguistici, non è più incentrata su una logica amico-nemico e la necessità di proteggere la sopravvivenza del gruppo linguistico italiano da eventuali pericoli e minacce. Anche sul tema della migrazione il partito sembra avere un approccio meno securitario rispetto al discorso politico di Süd-Tiroler Freiheit, tranne che nei riguardi dei migranti senza documenti, che, come fatto in passato, il partito collega a questioni di sicurezza.
Usando la presenza di discorsi di (de)securitizzazione ed il loro sviluppo come manifestazione di processi di moderazione e attenuamento del fenomeno di outbidding etnico, possiamo affermare che, come già emerge nelle ricerche di Panzano (2018a; 2018b), il sistema di democrazia consociativa altoatesino ha avuto effetti diversi nella sub-arena politica tedesca e in quella italiana, in parte confermando ed in parte contradicendo quelle che sono le aspettative e le critiche alla teoria del consociativismo.
Nella sub-arena politica italiana, si è assistito inizialmente a fenomeni di outbidding etnico, con la crescita dagli anni 80 del consenso elettorale del Movimento Sociale Italiano (poi confluito in Alleanza Nazionale), il cui programma politico era incentrato sull’appartenenza etnica e la difesa del gruppo linguistico italiano, e che nel 1985 lanciava una petizione per riformare parti dello Statuto, come le norme sul bilinguismo e la proporzionale considerate pregiudizievoli per la popolazione di lingua italiana.9 Questi partiti di destra nazionalisti sono però rimasti esclusi dalla formazione del governo altoatesino, anche quando divennero la forza politica più votata dal gruppo linguistico italiano, poiché la SVP, che prima delle elezioni provinciali del 2008 otteneva la maggioranza assoluta dei voti, sceglieva come partner di governo partiti di centro/centro-sinistra, in primis la Democrazia Cristiana (DC), e dopo la sua scomparsa a causa degli scandali della cosiddetta Tangentopoli nella prima metà degli anni novanta, i partiti eredi della DC insieme a partiti di centro-sinistra e tra il 2008 e il 2018 il Partito Democratico (Pallaver 2013a). Questa dinamica ha contribuito al cosiddetto disagio degli italiani, cioè un certo malessere manifestato dal gruppo linguistico italiano rispetto al suo status in provincia, che trova espressione nella sua scarsa mobilitazione politica ed un maggiore livello di astensionismo elettorale rispetto al gruppo linguistico tedesco, che ha caratterizzato anche l’ultima elezione provinciale.10
Al contrario, gli ultimi quindici anni, fino alla crescita di Fratelli d’Italia nell’ultima elezione provinciale, si sono caratterizzati per la debolezza politica e gli scarsi risultati elettorali della destra nazionalista, anche a causa di divisioni interne e la presenza di altri partiti nazionali di centro destra/destra, quali la Lega e i partiti politici legati alla figura di Silvio Berlusconi, come Forza Italia.11 Contemporaneamente, l’effetto di outbidding etnico è andato esaurendosi. Nella sub-arena politica italiana, dove in base al sistema di democrazia consociativa si concorre per poter governare con la SVP, gli appelli etnici hanno perso forza di attrazione. Anche se a volte continua a rilanciare tematiche etniche, la destra nazionalista italiana non mette più in dubbio i principi generali della protezione delle minoranze, del bilinguismo, e soprattutto i valori dell’autonomia, contrapponendoli alla sopravvivenza ed al benessere del gruppo linguistico italiano.12 L’ultima forza politica che ha portato avanti un’agenda di questo tipo, Unitalia, che si poneva come partito di difesa degli italiani contro le discriminazioni causate dello Statuto, è scomparsa dalla scena politica da un decennio, dopo le elezioni provinciali del 2013, in cui ottenne l’1,7 per cento dei voti e non elesse nessun rappresentante. Questo processo di moderazione è il risultato di un lungo percorso a cui hanno influito vari fattori, fra cui la nomina a partire dal 2003 di esponenti di destra alla presidenza e/o vicepresidenza del Consiglio provinciale, che indicava la possibilità di un dialogo con la SVP, e le aperture della SVP a partiti di centro-destra/destra, come l’alleanza con Forza Italia per l’elezione di Herbert Dorfmann al Parlamento europeo nel 2019 ed il governo con la Lega nella precedente legislatura del 2018-2023.
Invece, nella sub-arena politica tedesca, dove le forze politiche competono per cercare di superare la SVP, questo processo di moderazione degli estremi non sembra essere in atto e la dinamica politica rimane caratterizza da outbidding etnico. Fin dai primi anni ’80 sono emerse forze politiche, confluiti nell’Union für Südtirol, la cui agenda politica era incentrata sulla tematica etnica e la riannessione dell’Alto Adige all’Austria. Nei primi anni ’90, alle forze secessioniste si è aggiunto il partito Die Freiheitlichen, ispirato al partito nazional-liberale austriaco Freiheitliche Partei Österreichs, che nel 2012 ha declinato l’idea di autodeterminazione per l’Alto Adige in forma di Libero stato (Scantamburlo 2016).
Mentre la SVP, dopo la risoluzione della questione altoatesina, ha iniziato a smussare le sue posizioni su questioni etniche13 e si è discostata, anche se non formalmente, dal tema dell’autodeterminazione a favore di un ulteriore estensione dell’autonomia e lo sviluppo di rapporti transnazionali incentrato sulla creazione nel 2011 dell’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino, queste forze politiche radicali si sono consolidate col tempo, erodendo il consenso elettorale della SVP. Se nelle elezioni provinciali del 1988 l’Union für Südtirol otteneva il 2,3 per cento dei voti, vent’anni dopo, questo genere di partiti registrò una crescita notevole, ottenendo in totale più del 20 per cento dei voti (di cui 14,3 per cento per i Die Freiheitlichen, e il 4,9 per cento per la Süd-Tiroler Freiheit, distaccatosi dall’Union für Südtirol che ottenne il 2,3 per cento dei voti). Da notare che il loro successo è probabilmente anche l’espressione di un voto di protesta contro l’egemonia della SVP ed è legato ai loro appelli populisti ed i loro discorsi politici contro la migrazione e la crescente presenza in provincia di stranieri, divenute negli ultimi vent’anni in Alto Adige, così come in altre regioni d’Europa, un tema altamente controverso. Nell’ultima elezione, in cui i Die Freiheitlichen hanno moderato il loro messaggio etnico per dare risalto a tematiche più generali, come il lavoro e il costo dell’energia, il vuoto politico è stato colmato da Süd-Tiroler Freiheit con i suoi messaggi securitari contro lo Stato Italiano e gli stranieri, che è stato premiato con più del 10 per cento dei voti.
Per concludere, nel campo delle scienze politiche, con la nascita del neo-istituzionalismo negli anni ’80 del secolo scorso ed il rinnovato interesse nello studio delle istituzioni, sono molti coloro che pongono fiducia su come le istituzioni possano modellare la politica e la società così come i comportamenti individuali e collettivi. La teoria della democrazia consociativa, e più in generale le varie teorie sul design istituzionale per la risoluzione dei conflitti in società divise si basano su questo assunto. Questa ricerca sul caso altoatesino contribuisce a gettare luce sulla tematica, mettendo in evidenza il ruolo svolto dallo specifico contesto in cui i meccanismi consociativi si installano. Se la democrazia consociativa altoatesina ha prodotto degli effetti sul sistema politico altoatesino e il processo di outbidding etnico, così come rappresentato da discorsi securitari, questi effetti si sono diversificati nel tempo e si differenziano a seconda dei gruppi linguistici e le loro sub-arene politiche.
Note
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