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Jennifer Murphy

Il gemello “diverso”: la Consulta per la ­riforma dello Statuto in Trentino

The “dissimilar” twin: the Consulta for the revision of the Statute in Trentino

Abstract Seventy years after their formal recognition as parts of the autonomous Region Trentino-South Tyrol, the autonomous Provinces Trento and Bolzano/Bozen are facing a new test. This test may be less demanding than the tests in the past, but it is nonetheless a significant and important one: the revision of the Statute of Autonomy, aiming at meeting the demands and needs of a society that constantly faces new challenges. Trento and Bolzano/Bozen have embarked on two distinct participatory paths, two trajectories with, in the end, less citizens’ participation than initially expected. Both processes differently affect the whole path towards a reform of the regionally anchored Statute. This article elucidates the rationales that led to the establishment of the Consulta, the nomination of its members and highlights key issues concerning the functioning of the Consulta and the participatory process meant to involve the citizenry all over Trentino. It discusses the weaknesses and strengths of the Consulta by analyzing opinions and statements key actors voiced in 2016 and 2017.

1. Introduzione

Il Trentino-Alto Adige/Südtirol vanta una storia fatta di un crocevia di culture e popoli diversi che l’hanno reso nel tempo protagonista di una speciale autonomia. Settant’anni dopo il suo formale riconoscimento, la Regione e le sue due Province si trovano ad affrontare una nuova prova, forse meno impegnativa rispetto a quelle del passato, ma comunque significativa e importante: la riscrittura dello Statuto d’autonomia, capace di soddisfare le richieste e le necessità di una comunità costantemente protagonista di nuove sfide.

Il processo di riforma del testo (sancito dall’articolo 103 dello Statuto stesso e dall’articolo 138 della Costituzione “Revisione della Costituzione e delle leggi costituzionali”) non pone limiti o clausole perentorie rispetto al percorso da seguire. Come noto, Trento e Bolzano hanno intrapreso due percorsi tra loro distinti, con altrettante modalità tra loro divergenti. Il coinvolgimento della cittadinanza nella riscrittura e la necessità di redigere un unico testo al termine dei due percorsi, sono gli elementi che accomunano le Province autonome. Il Trentino non è certo nuovo all’utilizzo di strumenti partecipativi nella definizione di politiche pubbliche, tanto che il modello scelto per la riforma dello Statuto si “ispira” a piattaforme e schemi già sperimentati. Tra i più recenti casi di coinvolgimento diretto dei cittadini mediante la partecipazione troviamo: la definizione del Programma di sviluppo provinciale-PSP per la quindicesima legislatura (Partecipazione al Programma di sviluppo provinciale 2014), il futuro dell’ex Santa Chiara di Trento (Area ex Santa Chiara, quale futuro? 2016), la predisposizione del disegno di legge di riforma della legge urbanistica (Provincia Autonoma di Trento 2014), il Piano per la Salute del Trentino (2015-2025) (Provincia Autonoma di Trento 2015).

Appare quindi evidente l’attenzione riservata dalle istituzioni nei confronti di tali forme d’inclusione, percepite come un’occasione per ridurre il sempre più marcato gap tra politica e cittadini, ma non solo. È lo stesso Roberto Toniatti, docente di diritto pubblico e comparato alla facoltà di giurisprudenza di Trento, a esprimersi sulle modalità da seguire per la riforma rimarcando come “le linee guida del nuovo testo non possono nascere da un tavolo tecnico […] Nella fase programmatica è fondamentale coinvolgere il più possibile la società civile” (citato in Parola 2016, 6). Non solo l’università ma anche la politica si è schierata a favore della partecipazione con Lorenzo Dellai, ex governatore trentino e deputato, che a lavori non ancora iniziati ribadiva: “Va coinvolta la comunità, anche i giovani che l’hanno già trovata costruita (l’autonomia, nrd) [...] [soprattutto nella] fase successiva, quella in cui dobbiamo immaginare come saremo fra 30 o 40 anni” (citato in Selva 2016, 17).

Nel seguente capitolo verranno quindi approfonditi i passaggi che hanno portato alla nascita della Consulta trentina, riservando un occhio di riguardo al dibattito pubblico, e soprattutto politico, che ha caratterizzato i mesi a cavallo tra il 2016 e il 2017.

2. I perché della riforma

Le motivazioni per le quali lo Statuto del Trentino-Alto Adige/Südtirol necessita una revisione possono essere riassunte in una breve citazione di Gianfranco Postal (2011, 202):

“La nostra autonomia speciale, indipendentemente dai risultati che ha prodotto fino ad oggi, ha bisogno di creare le condizioni […] per conti­nuare a produrli anche per il futuro, con contenuti adeguati all’evoluzione delle domande e delle esigenze che la nostra Comunità esprime, con ­riferimento sia al sistema economico sia al mondo sociale e culturale e, quindi, anche all’evoluzione del grado di consapevolezza e di volontà di crescita dei diritti di cittadinanza.”

Le ragioni sono quindi molteplici e a tal punto interconnesse da renderne a volte difficile la scissione. Prima fra tutte la tentata riforma costituzionale del 2016. Essa mirava a riformare più di 40 articoli della Costituzione italiana in un’ottica sostanzialmente centralista caratterizzata dal superamento del bicameralismo perfetto, dall’abolizione delle Province e del Cnel, nonché dall’assunzione da parte dello Stato di alcune competenze concorrenti condivise con le Regioni. La clausola di salvaguardia, prevista dalla riforma stessa, preservava le Regioni e le Province a Statuto speciale (tra le quali anche il Trentino-Alto Adige/Südtirol) escludendole dalla riforma del titolo V (norme concernenti le Province, le Regioni e i Comuni) rimandando l’entrata in vigore delle modifiche eventualmente approvate alla riforma dei rispettivi statuti d’autonomia.

La bocciatura del referendum ha causato in Trentino il venir meno dell’urgenza riformatrice senza però incidere su altrettanto rilevanti questioni legate alla riforma, tra queste il ruolo della Regione. Come noto, essa costituisce infatti un elemento centrale dello Statuto e di conseguenza anche della sua revisione. La questione di fondo riguarda il ruolo che le due istituzioni (Provincia e Regione) dovrebbero avere nel quadro dell’autonomia speciale. A evidenziare l’importanza data al tema è stata la decisione di Giandomenico Falcon, presidente della Consulta, di porre subito la questione in primo piano nella seduta del 10 ottobre 2016: “La Regione è un terreno di interazione fra le due Province o un’autonoma comunità politica?” chiedeva il giurista ad assemblea riunita (citato in Ferro 2016, 1). Sul tema i soggetti coinvolti nel processo di riscrittura sono apparsi fin da subito abbastanza divisi: da una parte c’è chi ne ha chiesto il mantenimento ma con un ritocco delle funzionalità, dall’altra la visione più estrema, marginale e in parte utopica, di chi ne vorrebbe addirittura l’abolizione (soprattutto alcune frange di lingua tedesca in Alto Adige). A tal proposito Matteo Cosulich, giurista e membro della Consulta, intervenendo nella seduta dell’Assemblea del 10 ottobre, sottolineava:

“L’attuale testo della Costituzione consente di affermare che la Regione ha un futuro. Questa cornice rimane ferma sia che il referendum ­costituzionale1 abbia esito positivo o negativo. Una volta appurato che ai sensi della Costituzione la revisione dello Statuto non potrà porre in ­discussione l’esistenza della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol possiamo interrogarci sulla natura e sui caratteri di quest’ultima nel quadro della revisione stessa.”
(Ufficio stampa della provincia autonoma di Trento 2016)

Nella parte trentina è parsa abbastanza unanime la volontà di promuovere un rafforzamento della Regione come elemento di coesione tra Trento e Bolzano, ma anche volontà di creare un’istituzione più snella e veloce. Bruno Dorigatti, presidente del Consiglio provinciale di Trento, nei giorni che precedettero la nascita della Con­sulta, lanciò un appello proprio sull’ente Regione: “Così com’è non va avanti. Se la si chiude, crolla l’autonomia. Io dico: ripensiamola, diamole nuove e diverse competenze, ma soprattutto facciamolo assieme – Trento e Bolzano – perché la coesione tra i due territori è fondamentale” (citato in Consiglio della Provincia autonoma di Trento 2016 n. 239). In tal senso il percorso intrapreso dall’Assemblea pare diretto verso una valorizzazione della Regione senza un ritorno al passato ma piuttosto miran­do a individuare nuove competenze che si inseriscano nel continuum tra “Regione come comunità politica” e “Regione come mero coordinamento”. Falcon a Consulta riunita ha infatti parlato della possibilità che la Regione si configuri come “la sede di una serie di organismi, una specie di sistema delle conferenze che favoriscano l’emergere di contenuti di coordinamento” (citato in Ufficio stampa della provincia autonoma di Trento 2016).

Altro tema cardine, e fortemente legato a quello trattato nel paragrafo pre­cedente, riguarda il trasferimento di alcune competenze attualmente in carico alla Regione alle due Province e viceversa. Alcune proposte che precedettero l’istituzione della Consulta miravano a far sì che alla Regione potesse essere riconosciuta la competenza esclusiva su alcuni temi quali: la disciplina giuridica e contrattuale dei propri dipendenti,2 l’ordinamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza, degli enti di credito fondiario e di credito agrario, le Casse di risparmio e le Casse rurali. Invece, per quanto riguarda le Province, l’esclusività, sempre secondo supposizioni iniziali, potrebbe essere richiesta per: commercio, urbanistica e orari commerciali, tutela e sicurezza del lavoro, demanio idrico, ordinamento degli uffici provinciali e relativo personale, procedimento amministrativo e disciplina contrattuale dei lavori pubblici (Scarpetta/Riccio 2016, 2).

Allo stesso tempo secondo Dellai la revisione dello Statuto costituisce la possibilità per il Trentino-Alto Adige/Südtirol di “blindare almeno tre punti fondamentali: la difesa delle competenze provinciali primarie, il blocco dell’espansione del potere centrale che passa per le competenze trasversali, il subordino delle modifiche all’autonomia a una procedura d’intesa tra Stato e Regione” (citato in Parola 2016, 2). L’ex governatore ha nel tempo sottolineato l’importanza di intervenire anche nella così detta “zona grigia” delle competenze trasversali tra Province autonome e Stato attraverso la quale quest’ultimo si insinuerebbe per allargare le proprie competenze (ad esempio: urbanistica commerciale e caccia), ritenendolo un aspetto da tenere al centro per evitare che l’autonomia venga svuotata di contenuti (citato in Consiglio della Provincia autonoma di Trento 2016 n. 241). A porre l’accento sulle agenzie fiscali è invece stato Franco Panizza, presidente segretario del Partito Autonomista Trentino Tirolese e senatore, che in occasione dell’audizione dei deputati e senatori del Trentino ha definito “utilissima” la ventilata norma di attuazione che passasse alle autonomie tale competenza (citato in Consiglio della Provincia autonoma di Trento 2016 n. 241).

Se da una parte quindi abbiamo una serie di ragioni per le quali lo Statuto è visto come bisognoso di una revisione che lo modernizzi rispetto alle necessità del presente e del futuro, c’è anche chi come Renato Ballardini (Leggi per voi 2016, 24) ritiene che i tempi non siano del tutto maturi: “Mi pare non sia il momento adatto per rimettere in discussione il nostro Statuto. Difendiamo con fermezza ciò che abbiamo e tentiamo di meditare con serio impegno una riforma che aumenti e razionalizzi la nostra autonomia, da porre e attuare in un tempo più favorevole.”

3. Nascita e applicazione della legge provinciale per la riforma dello Statuto

Come anticipato, il processo di revisione dello Statuto d’autonomia del Trentino-­Alto Adige/Südtirol deve seguire uno scrupoloso iter legislativo e la sua definitiva approvazione si basa sullo stesso procedimento richiesto per le leggi costituzionali. Ciò che non è invece specificato nelle norme è il preciso percorso che Regione e Province autonome devono/possono intraprendere per la revisione della Carta. Di definito c’è però che, a prescindere dal cammino scelto per la revisione, il testo finale debba essere uno unico per l’intera Regione.

La Consulta per lo Statuto per il Trentino-Alto Adige/Südtirol è stata istituita dalla legge della Provincia autonoma di Trento del 2 febbraio 2016. Frutto del disegno di legge 104/XV, essa nasce dall’iniziativa e dall’intesa iniziale tra il presidente della provincia Ugo Rossi, il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti e il vicepresidente del Consiglio provinciale Walter Viola.

3.1 Consulta e Convenzione sull’Autonomia: due percorsi distinti

La scelta dei due percorsi distinti non ha ovviamente trovato giudizio unanime. Il presidente Ugo Rossi ha sempre rivendicato la possibilità che “la Consulta di Trento e la Convenzione di Bolzano lavorino separatamente” sottolineando comunque la necessità di definire “delle modalità di coordinamento”3 (citato in Consiglio della Provincia autonoma di Trento 2016 n. 241). Il rammarico per la scelta di due percorsi distinti si è fatto sentire soprattutto tra i membri dell’opposizione. Tra questi ­Rodolfo Borga, consigliere provinciale capogruppo di Civica Trentina, il quale, in occasione dell’approvazione della legge che ha istituito la Consulta4 riferendosi ai due distinti percorsi, ha sottolineato: “Siamo di fronte a un passaggio ineludibile, non siamo partiti bene.” Alle sue preoccupazioni si sono accodati anche Nerio Giovanazzi (Ammi­nistrare il Trentino), Claudio Cia (gruppo misto), Maurizio Fugatti (Lega Nord) e ­Filippo Degasperi (Movimento 5 Stelle) (Consiglio della Provincia autonoma di Trento 2016 n. 240). Per spiegare le ragioni della mancata sottoscrizione della legge provinciale, Borga ha ricordato: “La Svp, dimostrando una scarsa considerazione politica nei confronti del governo provinciale trentino, è partita per conto suo in aprile e ha fatto la sua Convenzione. È questa la ragione per cui non abbiamo sottoscritto il disegno di legge sulla Consulta” (Leggi per voi 2016, 21). Tra i critici anche il consigliere di maggioranza5 Walter Kaswalder: “Siamo come in un condominio nel quale due amministratori lavorano in modo diverso. Ora non è facile rimediare”, e in merito all’istituto Regione affermava: “senza valiamo come un quartiere di Milano e la nostra autonomia non potrà salvarsi. Noi trentini finiremmo aggregati al Veneto e l’Alto Adige alla Lombardia” (citato in Consiglio della Provincia autonoma di Trento 2016 n. 240).

L’auspicio di un percorso unitario era in gran parte motivato dal timore di non riuscire in sede regionale a partorire un unico testo a causa di posizioni troppo distanti tra le due Province, soprattutto in merito al ruolo della Regione.6 Ciò traspare dalle parole del vicepresidente del Consiglio provinciale Walter Viola:

“Se un domani non riusciremo a trovare una sintesi chiara che possa essere complementare a Bolzano e possa dare un ruolo alla Regione, il rischio è che quello che si dice da più anni possa accadere, ovvero che ci siano due autonomie diverse, perché Trento è diversa da Bolzano, ma diverse a livello di Statuto e, quindi, di competenza e di capacità operativa.”
(Leggi per voi 2016, 21)

In tutta risposta una diplomatica Donata Borgonovo Re, membro della Consulta e consigliere provinciale del Partito Democratico, dalle pagine del quotidiano Tren­tino lancia una metafora con l’auspicio di colmare uno scetticismo che nel tempo sarà destinato a rimanere comunque abbastanza diffuso:

“Immaginiamo dunque un grande evento di famiglia verso il quale si dirigono, in formazione sparsa, gli invitati. È vero, il ‘pulmino’ di Bolzano è partito prima […] mentre quello di Trento sta ancora facendo accomodare i suoi passeggeri a bordo. […] Credo tuttavia […] che i due pulmini non si dirigeranno verso mete diverse: [...] seppur seguendo strade diverse ed utilizzando strumenti che siano adeguati alle diffe­renti comunità, i due percorsi provinciali troveranno la loro necessaria sintesi nella dimensione regionale.”
(Borgonovo Re 2016)

3.2 Composizione della Consulta

Oltre al modo e alle modalità con le quali giungere all’auspicata riforma, altro tema bollante è stato la composizione della Consulta stessa. Come noto l’Assemblea è composta da 25 membri (si veda la tabella numero uno per i nominativi completi) di cui:

tre membri delle associazioni di categoria;

un membro designato dalla Federazione trentina della cooperazione;

tre membri delle organizzazioni sindacali dei lavoratori;

tre membri del Consiglio delle autonomie locali;

un membro della Conferenza delle minoranze linguistiche;

tre membri in rappresentanza dell’associazionismo sociale, culturale e ambientale;

due membri designati dall’Università degli studi di Trento esperti in diritto pubblico, costituzionale o regionale;

nove consiglieri provinciali (designati dalla Conferenza dei capigruppo, cinque della maggioranza e quattro della minoranza) con adeguata rappresentanza delle donne.

Proprio quest’ultimo elemento ha subito causato motivo di discussione. Il 24 aprile 2016 i quotidiani locali presentano ai cittadini i nomi dei primi ventidue membri della Consulta (a mancare erano i tre volti dell’associazionismo – due donne e un uomo – che sono stati poi nominati nel corso dell’estate da Bruno Dorigatti) e a creare subito malcontento è stata la penuria di donne (cinque su ventidue) rispetto alla quale la consigliera di parità Eleonora Stenico non ha tardato a protestare. Dorigatti dalle pagine de l’Adige ha subito commentato: “Ha tutte le ragioni per farlo e quando io ho avuto la possibilità di parlarne pubblicamente ho sempre ricordato la questione di genere” (citato in Gottardi 2016, 15).

Altro ruolo fondamentale nel percorso che ha condotto alla definizione dei componenti della Consulta è stato ricoperto dalle associazioni appartenenti al settore sociale, culturale e ambientale. I rappresentanti di ciascuna di esse sono stati scelti da Dorigatti tra le ottantanove candidature ammesse. Alla chiusura dei termini per presentare domanda di partecipazione, commentando i numeri raggiunti (103 adesioni su 150 associazioni invitate), il presidente del Consiglio provinciale non nascose la sua delusione: “Me ne aspettavo di più […] l’obiettivo era quello di garantire la massima partecipazione possibile della società trentina, ma il tema non sembra aver scaldato troppo gli animi” (Murphy 2016, 6). Come sottolineato dall’ex sindacalista le associazioni ricoprono un ruolo fondamentale nella Consulta in quanto ponte tra società e istituzioni politiche: “La via della rappresentanza e della responsabilità è la strada più opportuna per garantire equilibrio tra società civile e politica.” Nel corso del primo incontro tra associazioni candidate e il presidente del consiglio provinciale, quest’ultimo ha infine ricordato: “Dobbiamo avere una visione al di là del contingente. Voi rappresentate 180 mila persone” (citato in Trentino 2016).

Partecipazione e rappresentanza appaiono dunque per la politica, almeno a parole, la chiave di volta di una riforma molto discussa e di non facile attuazione.

3.3 Il coinvolgimento della cittadinanza

Come introdotto in precedenza, la legge provinciale che ha istituito la Consulta prevede una fase partecipativa della cittadinanza, un elemento considerato da più parti essenziale per la buona riuscita del processo riformatore. La Consulta segue una scaletta riassumibile in tre punti essenziali:

dalla nomina del presidente del Consiglio provinciale la Consulta ha 120 giorni per elaborare un documento preliminare di revisione;

scaduti i 120 giorni viene avviato l’iter partecipativo popolare con una durata massima di 180 giorni;

terminato quest’ultimo passaggio la Consulta ha 60 giorni per approvare un documento conclusivo.7

Unanime l’appoggio da parte della politica rispetto al coinvolgimento della cittadinanza nel processo di riforma con maggioranza e minoranza schierati dalla stessa parte. Manuela Bottamedi (consigliera PATT poi confluita nel gruppo misto) dalle pagine di Leggi per voi (2016, 22) dichiarava infatti: “Come non essere favorevole a un processo di partecipazione democratico come quello della Consulta?”. Anche Filippo Degasperi (Movimento 5 Stelle) si è sempre espresso a favore della partecipazione della cittadinanza, ma con qualche riserva sulle modalità: “La partecipazione popolare dovrebbe avvenire in anticipo rispetto ai lavori della ­Con­sulta, non a seguire. Chi ha proposto questo percorso ha in mente non un ­processo partecipativo, ma informativo, che è una cosa ben diversa” (Leggi per voi 2016, 22).

A poche settimana dall’inizio degli incontri sul territorio per presentare ai cittadini la bozza di testo uscito dai primi mesi di lavoro, le parole di Dorigatti lasciavano trasparire fiducia e buona volontà: “In questi sei mesi di partecipazione dovremo coinvolgere tutti, a partire dai giovani, e ragionare con loro sull’autonomia”. Dall’altra parte un più prudente Alessandro Olivi, vicepresidente della giunta provinciale, poneva l’attenzione sulla sfida di “coniugare partecipazione e rappresentanza, in modo che la prima sia di prezioso aiuto alla seconda e non un tentativo di sostituirla in toto” (citato in Consiglio provinciale cronache 2017, n. 246).

Sulle modalità di coinvolgimento e sull’esito del processo partecipativo attivato dalla Consulta verrà dato spazio nel capitolo che vede autrici Barbara Poggio ed Anna Simonati. Di seguito una breve riflessione di alcuni esponenti politici in merito alla bassa partecipazione e allo scarso interesse riservato dalla cittadinanza al processo riformatore. A tornare ancora una volta in primo piano è il rapporto con Bolzano. Il fallimento del processo partecipativo, nonché della Consulta stessa, è imputata da Borga ai distinti percorsi delle due Province. Rispondendo all’editoriale del direttore de l’Adige Pierangelo Giovanetti, il consigliere in una lettera aperta appoggia la posizione di Giovanetti che imputa proprio ai due percorsi separati il fallimento dell’intero processo: “Il suo giudizio – assai duro quando scrive di ‘sterile spreco di tempo e di denaro, smerciato propagandisticamente per partecipazione’ – è sostanzialmente condivisibile” (Borga 2017, 1). A ricordare anche in questa fase il ruolo fondamentale di Bolzano è ancora una volta Dorigatti che a pochi mesi dalla conclusione del processo partecipativo a fine estate 2017 ribadiva:

“Malgrado lo sforzo messo in campo […] la risposta della popolazione trentina è stata fino ad ora al di sotto delle aspettative. Per riuscire a dare vita ad un nuovo Statuto, che possa davvero rappresentare le esigenze della comunità di oggi […] serve il contributo di quante più persone possibile. Ma non solo: per poter portare a termine il percorso come quello avviato, risulterà centrale il rapporto con l’Alto Adige, facendo in modo che le due diverse esperienze si ricongiungano.”
(Basso 2017, 16)

4. La partecipazione, i membri della Consulta e i media

A fine anno 2017, e a pochi mesi dalla chiusura del processo, possono essere tratte le prime somme. La bozza di testo redatto dalla Consulta nei suoi primi mesi di lavoro – il documento preliminare – è stata oggetto di discussione e dibattito pubblico, anche se, come riportato in precedenza, non ha sortito l’effetto sperato, quello cioè di una partecipazione decisa e numericamente rilevante. Poche decine le persone presentatesi ai molteplici momenti di ritrovo (diciotto incontri e un laboratorio di due giorni sull’autonomia) susseguitesi nei mesi primaverili ed estivi. Dai rapporti consultabili sul sito della Consulta (Documenti degli incontri sui territori 2017) emerge che le consultazioni pubbliche sono state seguite soprattutto da esponenti di associazioni, della politica locale (consiglieri e assessori provinciali, presidenti delle Comunità di Valle nelle quali si sono tenuti gli incontri) o delle istituzioni territoriali, studiosi ed esperti di autonomia e diritto. Sempre da quanto riportato nelle relazioni sugli incontri, tra i membri della Consulta più partecipi troviamo: Martina Loss, Lorenzo Baratter, Giandomenico Falcon, Jens Woelk e Rodolfo Borga. Tra i non membri della Consulta, colui che probabilmente si è maggiormente speso per la buona riuscita dell’intero processo riformatore è Bruno Dorigatti (tra i promotori della legge che ha istituito la Consulta). Sono pochi infatti gli articoli della stampa locale che parlano di Consulta nei quali il presidente del consiglio provinciale non ha preso la parola.

Guardando invece alle modalità attraverso le quali i cittadini sono stati informati della possibilità di partecipare, i canali sono stati principalmente tre: campagna di advertising sui media locali, manifesti e segnalibri e diffusione gratuita del periodico informativo del Consiglio provinciale. Nell’intento di mantenere bassa la spesa riservata all’informazione diffusa, la Consulta ha deciso di non destinare un budget troppo elevato alla pubblicità escludendo di “tappezzare” la città di Trento con manifesti che invitassero alla partecipazione.

Nonostante i media locali (insieme alla stagione estiva) siano stati posti da alcuni membri della Consulta tra i possibili co-artefici del fallimento della partecipazione (Montanari 2017, 6) è possibile affermare che abbiano comunque fatto la loro parte, quanto meno nel raccontare il processo in corso e informando la cittadinanza della possibilità di esprimersi partecipando agli incontri e/o accedendo alla piattaforma IoPartecipo. Dal materiale raccolto per la scrittura di questo articolo emerge infatti come i giornali locali abbiano costantemente riportato il procedere della Consulta, forse, questo sì, senza i grandi titoli sperati dalla Consulta (per ulteriori con­siderazioni sul ruolo dei media si rinvia all’articolo di Roberto Colletti in questo volume).

5. Conclusioni

Inizialmente percepita come una necessità incombente, la riforma dello Statuto in Trentino col trascorrere dei mesi pare aver perso di rilevanza. L’input iniziale fortemente legato alla riforma costituzionale Renzi-Boschi, con la sua mancata approvazione, ha portato la Consulta a decidere di continuare comunque a seguire un cammino ormai avviato, seppur con una nuova consapevolezza. Di riflesso anche la partecipazione della cittadinanza ne ha subito gli inevitabili effetti negativi. La separazione tra Consulta e Convenzione sull’Autonomia, le diverse e difficilmente conciliabili posizioni assunte dalle due Province soprattutto in merito alla Regione, e la mancanza di condizioni politiche nazionali stabili per portare un testo finale di riforma in Parlamento, fanno pensare che difficilmente il processo di revisione potrà andare a buon fine. A guardare il bicchiere mezzo pieno troviamo ancora una volta Bruno Dorigatti che, in uno dei suoi molteplici interventi sulla stampa locale in merito ai lavori della Consulta, ha dichiarato: “Al di là del confronto con Roma, il percorso è utile e importante perché rafforza l’idea dell’autonomia e la consapevolezza dei cittadini” (citato in Voltolini 2017, 1).

Allegati

Tabella 1: Componenti della Consulta per la riforma dello Statuto

Nome

Categoria

1

Luca Nogler

Associazioni di categoria

2

Marcello Poli

Associazioni di categoria

3

Paolo Pombeni

Associazioni di categoria

4

Carlo Borzaga

Federazione trentina della cooperazione

5

Paolo Chiariello

Organizzazioni sindacali dei lavoratori

6

Arrigo Dalfovo

Organizzazioni sindacali dei lavoratori

7

Anna Simonati

Organizzazioni sindacali dei lavoratori

8

Paride Gianmoena

Consiglio delle autonomie locali

9

Adalberto Mosaner

Consiglio delle autonomie locali

10

Laura Ricci

Consiglio delle autonomie locali

11

Jens Woelk

Conferenza delle minoranze linguistiche

12

Martina Loss

Associazioni: settore ambiente

13

Fabio Pizzi

Associazioni: settore sociale

14

Barbara Poggio

Associazioni: settore cultura

15

Matteo Cosulich

Università degli studi di Trento

16

Giandomenico Falcon

Università degli studi di Trento

17

Lorenzo Baratter

Conferenza capigruppo – Maggioranza

18

Donata Borgonovo Re

Conferenza capigruppo – Maggioranza

19

Giuseppe Detomas

Conferenza capigruppo – Maggioranza

20

Lucia Maestri

Conferenza capigruppo – Maggioranza

21

Mario Tonina

Conferenza capigruppo – Maggioranza

22

Rodolfo Borga

Conferenza capigruppo – Minoranza

23

Manuela Bottamedi

Conferenza capigruppo – Minoranza

24

Maurizio Fugatti

Conferenza capigruppo – Minoranza

25

Walter Viola

Conferenza capigruppo – Minoranza8

Note

1 Referendum popolare sulla riforma della Costituzione tenuto il 4 dicembre 2016.

2 Il 29 dicembre 2016 il Consiglio dei ministri ha approvato la norma di attuazione sulla giustizia decretando il passaggio delle funzioni amministrative e organizzative alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. Di conseguenza a partire dal 1° gennaio 2017 il personale amministrativo e organizzativo della giustizia, ad esclusione di magistratura e dirigenti, è passato alla Regione.

3 Tali modalità sono state definite, non senza fatica, nella mozione n. 34 dal titolo “Misure di coordi­namento con i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano ai fini della revisione dello statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol” approvata dal Consiglio regionale il 20 gennaio 2016.

4 La legge provinciale n. 1 del 2 febbraio 2016 è stata approvata con 27 voti favorevoli e 5 astensioni: Civica Trentina, Movimento 5 Stelle e Manuela Bottamedi al tempo consigliera del Partito Autonomista Trentino Tirolese, partito di maggioranza, passata poi al gruppo misto il mese successivo (Consiglio della Provincia autonoma di Trento, 2016).

5 Il Consigliere Kaswalder uscirà dopo pochi mesi dalla maggioranza per entrare nel gruppo misto.

6 Per ulteriori considerazioni sulle diverse posizioni delle due Province sul ruolo della Regione si rinvia all’articolo di Sara Parolari in questo volume.

7 Al termine dell’iter partecipativo l’organo è stato prorogato per 12 mesi.

8 Walter Viola, vicepresidente del Consiglio provinciale, membro di Progetto Trentino (partito di minoranza in consiglio provinciale), nel mese di dicembre 2017 è passato nella maggioranza (Partito Autonomista Trentino Tirolese).

Riferimenti bibliografici

Area ex Santa Chiara, quale futuro? (2016), www.comune.trento.it/Comunicazione/Il-Comune-informa/Ufficio-stampa/Comunicati-stampa/Area-ex-Santa-Chiara-quale-futuro (31.10.2017)

Basso, Lorenzo (2017), Statuto, la palla passa ai cittadini, in: l’Adige, 13.09.2017, 16

Borga, Rodolfo (2017), La Consulta è fallita, noi l’avevamo detto, in: l’Adige, 28.10.2017, 1

Borgonovo Re, Donata (2016), Due strade, sì. Ma un’unica destinazione, in: Trentino, 19.05.2016, 11

Consiglio della Provincia autonoma di Trento (2016), Cronache. Periodico di documentazione e informazione sull’attività politico-legislativa del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, n. 239

Consiglio della Provincia autonoma di Trento (2016), Cronache. Periodico di documentazione e informazione sull’attività politico-legislativa del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, n. 240

Consiglio della Provincia autonoma di Trento (2016), Cronache. Periodico di documentazione e informazione sull’attività politico-legislativa del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, n. 241

Consiglio della Provincia autonoma di Trento (2016), Cronache. Periodico di documentazione e informazione sull’attività politico-legislativa del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, n. 244

Consiglio della Provincia autonoma di Trento (2017), Cronache. Periodico di documentazione e informazione sull’attività politico-legislativa del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, n. 246

Documenti degli incontri sui territori (2017), www.riformastatuto.tn.it/DOCUMENTI-DELLA-CONSULTA/Documenti-degli-incontri-sui-territori (03.12.2017)

Ferro, Erica (2016), Nuovo statuto, il nodo è subito la Regione, in: Corriere del Trentino, 27.09.2016, 1

Gottardi, Franco (2016), Consulta Statuto con poche donne. Solo 5 su 22 designazioni. Mancano solo tre nomine, in: l’Adige, 24.04.2016, 15

Legge provinciale n. 1/16, Istituzione della Consulta per lo Statuto speciale per il Trentino – Alto Adige/Südtirol, 02.02.2016

Leggi per voi (2016), Verso il terzo Statuto. Istituzione della Consulta per lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige Südtirol, marzo 2016

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