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Werner Pescosta

I ladini nelle proposte di riforma dello
Statuto d’autonomia

The Ladins and their interests in the reform proposal for the
Autonomy Statute

Abstract The attempts to revise the Autonomy Statute offer also to the Ladins possibilities to enhance their collective identity as a small group that goes beyond strengthening their language and culture. The participatory processes in South Tyrol and Trentino have been a chance to finally see the Ladins’ interests better represented, which was not the case in the period between the international agreement De Gasperi-Gruber of 1946 and the settlement of the conflict between Italy and Austria in 1992. The primary goal of the Ladin community is to re-unify the five Ladin valleys under the roof of the Region Trentino-Alto Adige/Südtirol, with the ultimate aim to create a third province, a Ladin one, which would overturn the division of the Ladins and “subtract” them from the majority rule they cannot easily influence. Even though some attempts to ameliorate the position of the Ladins have been discussed within the Convention in South Tyrol and within the Consulta in Trentino, the interests voiced from the Ladins during the two participatory processes do not seem to be at the top of a possible reform agenda. This is because, ultimately, the processes aim at revising the Autonomy Statute, not to amend or fundamentally change it (with regard to drawing new borders). Nevertheless, the final documents of both the Autonomy Convention and the Consulta advocate better cooperation schemes between the valleys where Ladins live, in conformity with the legal framework in place.

1. Premessa

Nel 2016 i Consigli provinciali, di Bolzano da una parte e di Trento dall’altra, hanno istituito due organismi, la Convenzione sull’autonomia e la Consulta (Happacher 2017, 26-28), con il compito di raccogliere proposte e idee, stilando quindi un documento che servirà ai due Consigli provinciali come base per l’elaborazione e l’approvazione di modifiche allo Statuto d’autonomia. L’istituzione di organismi separati tra Bolzano e Trento appare come segno evidente che si sia voluto evitare di vedere il contesto regionale come punto di raccordo tra le due entità autonomistiche, differenziate, ma tenute in parallelo, soprattutto per ragioni culturali che in passato “hanno impregnato la politica nella difficile ricerca di una soluzione pattizia della ‘questione sudtirolese’” (Lanzinger 2016).

Questa divisione ha posto fin da subito dei limiti che hanno ostacolato, da entrambe le parti, la possibilità di uniformare le norme che riguardano i ladini della Val Badia e della Val Gardena in provincia di Bolzano e dei ladini di Fassa in quella di Trento (Willeit 2017a)1 rendendo ancor più difficile la considerazione dei ladini di Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo, che dal referendum popolare del 2007 attendono il via libera del Parlamento per essere integrati nella Provincia di Bolzano o nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol.

Il fattore “minoranza linguistica” cui entrambe le parti – Convenzione sull’Autonomia e Consulta – hanno dichiarato di voler dare particolare rilievo, è quindi stato penalizzato fin dall’inizio da un’impostazione dei lavori inadeguata. Da questo punto di vista le minoranze, incapaci di influenzare qualsiasi tipo di processo, hanno di nuovo “subito” le decisioni prese da altri.

Considerando che entrambi gli Statuti d’autonomia, quello del 1948 e quello del 1972, furono motivati in primo luogo dalla necessità di garantire una tutela adeguata alla minoranza linguistica tedesca in Alto Adige/Südtirol e nei “comuni bilingui” della Provincia di Trento – poi anche a quella ladina – sarebbe stato giusto coinvolgere maggiormente le minoranze sin dalle decisioni preliminari (Happacher 2017, 19).

Ciò non toglie l’importanza dell’intenzione di riconsiderare le esigenze delle minoranze nelle due province, che potrebbe rappresentare un’implicita ammissione di “errori” commessi nei loro confronti sin dall’approvazione dello Statuto del 1948, ancora fortemente permeato dallo spirito nazionalistico che aveva contraddistinto i decenni precedenti, e forse anche il riconoscimento di un deficit normativo in questo campo.

Nel caso dei ladini il problema più grande è dato dalla disomogeneità e dall’inadeguatezza delle norme di tutela, dovute al fatto che la minoranza si trovi divisa in due Regioni e tre Province, nonostante le reiterate richieste di riunificazione sotto la Provincia di Bolzano e/o la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol (Scroccaro 1994). Soltanto attraverso una riunificazione politica e amministrativa la minoranza potrebbe essere riconosciuta nel suo insieme, con parità di diritti e di trattamento per tutti i ladini “storici” (Pescosta 2015, 12).2

È già stato detto e ripetuto infinite volte che la situazione in cui si trovano i ladini oggi è una delle (molte) conseguenze negative della tripartizione politica e amministrativa voluta dal fascismo. Tuttavia, anche le successive decisioni politiche non hanno mai considerato realmente la possibilità di rimediare alla ferita inferta ai ladini, uno dei più piccoli gruppi linguistici sul territorio nazionale. Anche se dopo il 1992, con l’avvio dell’“autonomia dinamica”, caratterizzata dall’acquisizione di maggiori competenze attraverso le leggi costituzionali n. 3/1993 e 2/2001, i ladini sono stati “beneficiari” di alcune nuove norme d’attuazione allo Statuto (Happacher 2017, 20-21), la “questione ladina” nel suo insieme non è stata risolta. Sono, infatti, state individuate soltanto delle soluzioni “tampone” nel tentativo di recuperare le occasioni “perse” dal punto di vista dei ladini, non considerati o considerati in maniera insufficiente nelle sedi di decisione più importanti: Accordo di Parigi 1946, Statuto speciale 1948, Pacchetto 1969, Statuto d’autonomia 1972, Quietanza liberatoria 1992 (Pescosta 2018, 593-613). Ciò ha contribuito a rafforzare la disomogeneizzazione della normativa di tutela della moranza, per decisioni di maggioranze che non riesce e non può influenzare.

In occasione dell’incontro organizzato dalla Consulta a Pozza di Fassa (26/05/2017), l’assessore regionale alle minoranze linguistiche, Giuseppe Detomas, ha suggerito la necessità di essere realisti in tal senso, affermando senza mezzi termini che “i diritti delle minoranze linguistiche rispondono a esigenze della maggioranza; laddove i diritti delle minoranze non fossero funzionali alla maggioranza, la situazione sarebbe destinata a complicarsi” (Detomas 2017). Se così fosse, vorrebbe dire che le minoranze, adesso come nel 1948, quando fu approvato lo Statuto speciale, continuerebbero a fungere da appiglio per chiedere maggiori diritti e autonomia, senza che si badi veramente alle loro esigenze di tutela?

Il messaggio di Detomas sembra l’ennesima conferma, come affermava lo storico fassano P. Frumenzio Ghetta, che un popolo di minoranza riconosciuto istituzionalmente non può essere governato da un’altra minoranza (o maggioranza, nel caso del gruppo tedesco in Alto Adige/Südtirol o di quello italiano in Trentino). Ed è proprio questa posizione di subordine che, sin dall’Accordo De Gasperi-Gruber, ha costan­temente obbligato i ladini ad affidarsi alle maggioranze politiche del momento e che rende quindi legittima la loro pretesa di avere una propria autonomia nell’autonomia (regionale), includendovi i comuni di Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo.3 L’inclusione dei tre comuni nella Regione autonoma sarebbe giustificata dal risultato del referendum popolare del 28 ottobre 2007, con il quale gli ampezzani e livinallesi hanno chiesto a grande maggioranza – secondo l’art. 132 della Costituzione – di passare sotto la Provincia di Bolzano (Pescosta 2015, 542-547; Videsott 2008, 32-45). Va detto però che, a dieci anni dal referendum, il Parlamento deve ancora decidere in merito. Questo mancato rispetto della volontà popolare dipende probabilmente dal fatto che il Veneto non intende rinunciare a Cortina, la “Perla delle Dolomiti”, per questioni economiche e di prestigio, ma anche dalla scarsa operosità dei Comuni e delle Province di Bolzano e di Trento che non hanno agito a riguardo. In ogni caso, il fatto che il Parlamento non abbia ancora trattato il risultato del referendum del 2007 rappresenta per i ladini una privazione di un diritto costituzionale (cfr. Willeit 2017a, 12).4

Il dibattito tenutosi ad Arabba alla fine di ottobre 2017 per discutere, dopo dieci anni, del referendum, ha fornito l’occasione per parlare ancora una volta delle difficoltà che la piccola minoranza trova, in un modo o nell’altro, nel far valere le proprie ragioni. D’altro canto è stato costatato ancora una volta che non tutti i ladini hanno le stesse idee riguardo alle possibilità di riunificazione della minoranza, che variano dalla creazione di una provincia ladina tramite un nuovo referendum da parte dei comuni ladini della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, prevedendo di integrare nella nuova provincia anche i tre comuni ladini in provincia di Belluno, e la semplice collaborazione con i ladini oltre gli attuali confini regionali.5

Nel dibattito, il deputato ladino Daniel Alfreider, ha affermato che sarebbe un “danno” se la domanda dei comuni referendari venisse trattata in Parlamento e ottenesse un “no” come risposta, per cui ha colto l’occasione per proporre di proseguire “a piccoli passi” verso un’Euregio che comprenda tutta l’area ladina in un’Europa delle regioni. Per permettere il passaggio dei tre comuni referendari alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, ha osservato Alfreider, non basta una legge ordinaria come nel caso di Sappada. Poiché l’autonomia delle Province di Bolzano e di Trento è legata al territorio, serve una legge costituzionale e quindi una maggioranza politica forte che la sostenga (cfr. Soratroi 2017, 1-3).6 La situazione di difficoltà dei ladini non è che l’ennesima conferma degli effetti negativi che l’Accordo De Gasperi-Gruber (cfr. Steininger 2006) continua a sortire sulla minoranza. Nelle trattative precedenti l’Accordo, infatti, De Gasperi insistette per escludere i ladini, mantenendo così la divisione fascista suggerita da Tolomei allo scopo di assimilare i ladini, secondo il principio del “divide et impera” (Pescosta 2015, 390-401). De Gasperi voleva creare una Regione autonoma nella quale i “suoi” trentini avessero la maggioranza di governo, a conferma che le lotte nazionalistiche fra italiani e tedeschi nella costituenda Regione non erano ancora finite, e i ladini avrebbero rafforzato la posizione dei tedeschi (Seberich 2006). Le conseguenze della decisione presa da De Gasperi, nonostante i numerosi appelli e le manifestazioni di protesta (Pescosta 2015, 455-462), rappresentò un duro colpo per la piccola minoranza che ancora oggi ne paga le conseguenze, ormai insanabili.

Nemmeno la normativa europea, cui si fa spesso riferimento quando si tratta di tutela delle minoranze, e le norme d’attuazione da essa previste permettono di trovare una soluzione alla divisione “tolomeiana” e “degasperiana” dell’area ladina. Secondo l’art. 7 del DPR del 19/11/1987 n. 526, infatti,

la Regione e le Province di Trento e Bolzano nelle materie di competenza esclusiva, possono dare immediata attuazione alle raccomandazioni e direttive comunitarie, salvo adeguarsi, nei limiti previsti dallo Statuto speciale, alle leggi statali di attuazione dei predetti atti comunitari”.

Entro questi parametri sembra quanto mai difficile programmare interventi che vadano oltre il contesto regionale che, dal punto di vista dei ladini, avrebbe urgente bisogno di essere adeguato per includere quella parte della minoranza che ne è rimasta esclusa.

Così come i ladini, sembra che anche le altre minoranze europee facciano fatica a trovare spazi di manovra adeguati alle loro esigenze specifiche di tutela, motivo per cui la Federal Union of European Nationalities (FUEN) ha avviato proprio nel 2017 l’iniziativa “Minority Safepack”, nel tentativo di garantire parità di diritti (ancora da definire!) a tutte le minoranze inserite nel contesto europeo.7

2. I ladini nelle proposte della Convenzione sull’Autonomia

Per i motivi appena esposti, é difficile che una revisione statutaria senza un vero adeguamento, anche se fosse favorevole ai ladini delle province autonome, possa risolvere il problema principale della minoranza, quello della divisione politica e amministrativa cui è dovuta l’esclusione dei ladini ampezzani e livinallesi dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.

Nel valutare le proposte avanzate nel corso dei vari incontri sul territorio, dei laboratori, dei dibattiti o depositate per iscritto da parte di enti e associazioni, bisogna perciò considerare che per “revisione” si intende una riformulazione del testo statutario, in coerenza con quelli che sono stati gli sviluppi storici fino ad ora. Le proposte suggerite dai vari gruppi di lavoro, dalla Convenzione sull’Autonomia e dalla Consulta, dovranno perciò essere sottoposte a verifiche di compatibilità con la normativa e le leggi vigenti. Nonostante le “precauzioni” prese in tal senso dai due organismi incaricati – la Convenzione e la Consulta – inoltre, non si sa fino a che punto i documenti depositati saranno considerati da parte dei rispettivi Consigli provinciali e dal Consiglio regionale.

Anche se sono evidenti i limiti di una possibile “revisione” in favore dei ladini, diversi rappresentanti della minoranza hanno partecipato agli incontri e ai dibattiti per esprimere le molteplici esigenze dei circa 30.000 parlanti, che sono privi di un “Hinterland”, di un “retroterra” linguistico e culturale, e che per questo hanno un bisogno di un sostegno particolarmente forte (Magnago/Gebert-Deeg 1985, 6). Sono quindi state discusse diverse proposte che potrebbero rafforzare la minoranza ladina attraverso la prossima revisione dello Statuto d’autonomia. Edith Ploner e Christoph Perathoner hanno fatto da portavoce dei ladini nella Convenzione dei 33, mentre l’assessore regionale alle minoranze linguistiche, Giuseppe Detomas, ha rappresentato i ladini nella Consulta trentina.

Per quanto riguarda la Convenzione sull’Autonomia in provincia di Bolzano, la base di discussione è stata fornita principalmente dal colloquio riservato alla “tutela delle minoranze” (06/05/2016), in occasione del quale si è discusso di proporzionale, di dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico e di toponomastica, del gruppo linguistico ladino e del ruolo dei nuovi cittadini. Dopo una relazione introduttiva da parte del professor Paul Videsott sul ruolo del gruppo linguistico ladino nell’attuale Statuto d’autonomia e sui temi trattati sinora, si è dato spazio agli interventi.

In rappresentanza della “Comunanza ladina a Bulsan”,8 associazione culturale che riunisce i ladini residenti a Bolzano, è intervenuto l’insegnante Ivan Lezuo. Oriundo di Livinallongo, Lezuo ha subito accennato al bisogno primario dei ladini, quello di riottenere quell’unità che gli fu tolta dal fascismo e mai più restituita. Tutte e cinque le valli ladine dovrebbero essere inserite nella Provincia di Bolzano o nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. Ciò non darebbe soltanto gli stessi diritti a tutti i ladini, ma rafforzerebbe la loro coscienza di appartenere allo stesso gruppo linguistico. L’uso della lingua scritta sarebbe incentivato anche nei tre comuni ladini di “Suramunt” come avviene oggi nelle province di Trento e Bolzano9 e, considerando tutte le varianti idiomatiche ladine, si renderebbe ancor più necessaria una variante scritta condivisa e vincolante.10

La riunificazione dei ladini aumenterebbe il loro peso specifico nella Provincia di Bolzano o nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, con la possibilità di assicurare più posti di lavoro ai ladini, in termini percentuali e assoluti, rafforzare l’elettorato ladino e di conseguenza anche la rappresentanza politica nel Consiglio provinciale e regionale. Con l’istituzione di una circoscrizione elettorale ladina, inoltre, il diritto della minoranza a partecipare al Governo provinciale o regionale sarebbe garantito, senza bisogno di dipendere dalla “buona volontà” della maggioranza. Una rappresentanza politica autonoma rafforzerebbe il senso di responsabilità del piccolo gruppo linguistico, con tutti i vantaggi e le sfide che ne conseguono. Per quanto riguarda i diritti di rappresentanza minima negli organi collegiali, si potrebbe adottare una “discriminazione positiva” in favore della minoranza più piccola.

Lezuo ha poi suggerito di prevedere nello Statuto l’istituzione di una “Commissione ladina”, un organo che dovrebbe avere una funzione consultiva per il Consiglio provinciale (o regionale) in alcuni settori come la lingua, la cultura e le tradizioni ladine, l’istruzione e la toponomastica, la tutela del paesaggio e la regolamentazione del traffico sui passi dolomitici.

Ricollegandosi alle proposte di Lezuo, Paul Videsott ha suggerito di adeguare lo Statuto d’autonomia, facendo sempre riferimento ai ladini di tutte e cinque le valli e non solo a quelli di Badia e Gardena nel caso della Provincia di Bolzano e di Fassa in quella di Trento. Videsott ha poi suggerito di prevedere nello Statuto, in maniera esplicita, l’inclusione di tutte e cinque le valli ladine nell’Euregio che, come l’Alto Adige/Südtirol, dovrebbe essere per definizione territorio trilingue. Riprendendo la proposta di Lezuo riguardo alla “Commissione ladina”, Videsott ha specificato che essa dovrebbe garantire un’autonomia decisionale del gruppo linguistico ladino per quanto riguarda le questioni linguistiche e culturali. In tal senso, Videsott ha espresso il proprio parere favorevole alla conservazione dell’autonomia delle istituzioni ladine, allo scopo di poter tutelare, gestire e promuovere in maniera più adeguata gli interessi specifici della minoranza.

Patrick Prinoth, insegnante della Val Gardena, ha ricordato l’importanza della scuola e dei programmi d’insegnamento, che hanno bisogno di essere adeguati alle esigenze attuali per continuare a essere pilastri portanti della lingua materna. All’insegnamento delle varianti idiomatiche si potrebbe accompagnare l’introduzione “prudente” di una variante comune. Prinoth ha suggerito inoltre l’importanza di una maggiore coesione fra i gruppi linguistici al posto della “proporzionale” che tende a dividerli.11 Se la “proporzionale” dovesse essere conservata anche in futuro, nonostante l’inconciliabilità con la normativa europea, si dovrebbe prevedere per i ladini una possibilità di accesso a tutti i posti di lavoro pubblici, compresi quelli dirigenziali, dai quali sono attualmente esclusi: possono accedervi solo in caso di rinuncia da parte dei candidati di lingua tedesca o italiana o dichiarando di appartenere al gruppo tedesco o italiano invece che a quello ladino. Serve dunque una norma che dia un diritto alla minoranza, senza che tale diritto venga fatto dipendere da altri fattori.

Allo scopo di favorire la coesione fra i gruppi linguistici, Lezuo ha proposto di introdurre qualche ora d’insegnamento in lingua ladina o sulla lingua e cultura ladina anche nelle scuole fuori dalle valli ladine. A tal fine sarebbe anche utile dare più visibilità alla lingua ladina in tutto l’Alto Adige/Südtirol, adottando i nomi di luogo ladini (esonimi) – là dove esistono – nella segnaletica pubblica. Un po’ alla volta si potrebbe così rimediare al fatto che ancora oggi soltanto pochi altoatesini di madrelingua italiana o tedesca conoscono la storia e la cultura di questa minoranza con la quale pure convivono.12

Oltre alle questioni qui riassunte, vale la pena considerare anche le comunicazioni inviate per iscritto da alcune associazioni ed enti alla Convenzione dei 33 e per conoscenza ai presidenti delle due province, Arno Kompatscher e Ugo Rossi. In particolare si fa qui riferimento alla lettera datata 25/11/2016 inviata dalla “Lia di Comuns Ladins” (Associazione dei Comuni Ladini),13 firmata da 18 sindaci dei comuni membri (escluso il Comune d’Ampezzo, commissariato).

Nell’oggetto sono stati indicati due punti fondamentali sui quali i sindaci hanno voluto mettere l’accento e che sono poi ripresi ed esposti in maniera più dettagliata nella lettera:

1) Unione delle popolazioni di lingua ladina con quelle appartenenti ai Comuni di Colle Santa Lucia, Cortina d’Ampezzo e Livinallongo del Col di Lana nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol;

2) Richiesta di riconoscimento della “Lia di Comuns Ladins” nel nuovo Statuto d’autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol.

La prima delle due richieste è una conferma firmata dai sindaci dei 18 (19) comuni ladini, della volontà di unione del loro territorio che dovrebbe essere integralmente incluso nella Regione.

La seconda richiesta mira invece a ottenere l’inserimento dell’organismo “Lia di Comuns Ladins” nel nuovo Statuto. La richiesta è motivata dal fatto che “Lia” è stata istituita di comune accordo dalle amministrazioni comunali delle valli ladine per “valorizzare le peculiarità della lingua e della cultura identitaria ladina, avviando sinergie e progetti comuni.”

Nel corso delle discussioni sulla revisione dello Statuto d’autonomia è stato fondato in data 20/04/2017 il “Comitato per la riunificazione dei Ladini del Sella”, per iniziativa di Emilio Talmon di Canazei. Come si comprende già dal nome, l’obiettivo principale del Comitato è quello, di ottenere la riunificazione di tutte e cinque le valli ladine nella Regione, legittimata dal referendum dei tre comuni ladini sotto la Provincia di Belluno (28.10.2007), e di creare, all’interno della Regione, una terza Provincia, quella ladina.

Il Comune di Canazei, dopo aver accettato con larga maggioranza (8 su 10) la proposta di revisione dello Statuto d’autonomia del “Comitato” (delibera del 30.09.2017 n. 40), ha sollecitato (lettera del 19.10.2017 firmata dal sindaco Silvano Parmesani) tutti i sindaci dei comuni ladini a sostenere anch’essi la stessa proposta di revisione dello Statuto. L’idea alla base della proposta del “Comitato” e del Comune di Canazei era stata espressa dallo storico Waldimaro Fiorentino poco prima del referendum dei ladini in provincia di Belluno:

“Nel caso in cui il referendum del 28 ottobre prossimo e la successiva modifica costituzionale dovessero determinare il passaggio dei tre comuni di Cortina d’Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo del Col di Lana dal Veneto al Trentino-Alto Adige, in quest’ultima Regione, accanto a quelle di Bolzano e di Trento, si dovrebbe contestualmente procedere, alla istituzione di una terza Provincia che comprenda tutti i comuni ladini, attualmente rientrati nelle Province di Belluno, Trento e Bolzano.

[…] in questo modo si attribuirebbe un significato politico e culturale allo spostamento dei confini, sino ad ora fondato unicamente su motivazioni mercantili: per i Comuni dell’Ampezzo, l’aspettativa di contributi più cospicui; per il Trentino-Alto Adige e le due Province che ne fanno parte, maggiori quote di trasferimento dallo Stato, ma anche l’appagamento di inquietanti velleità espansionistiche.

L’istituzione di una terza Provincia correggerebbe l’errore della divisone dei Ladini in tre Province di due Regioni ed attribuirebbe autentica autonomia ad una popolazione che è sempre stata costretta ad una posizione subordinata e che, nel periodo austro-ungarico, era stata oggetto di aggressione con espresso obiettivo di assimilazione.

Del resto, lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige venne varato principalmente per la tutela della minoranza di lingua tedesca. Il medesimo principio deve valere per la tutela delle popolazioni ladine; e non c’è tutela per una minoranza se la si assoggetta all’egemonia di altri gruppi.”

­(Fiorentino 2007)

Nonostante la proposta fosse ben motivata dal fatto che avrebbe finalmente reso giustizia alla divisione arbitraria che da decenni affligge la minoranza ladina, pare che i sindaci degli altri comuni non abbiano (ancora) reagito all’invito da parte del Comune di Canazei.

In ogni caso è curioso osservare che, nonostante le molteplici proposte avanzate in diverse occasioni da più parti, i punti che riguardano i ladini considerati nel documento conclusivo della Convenzione dei 33 (22.09.2017) sono molto scarni. La maggior parte delle proposte sopra riportate non sono di fatto state considerate,14 come si può notare dai punti che riguardano la minoranza ladina inseriti nel documento conclusivo:

1) [II. Preambolo] Sottolineare la storia comune con il Trentino, il Land Tirol e l’intera comunità ladina dolomitica;

2) [III. Organizzazione istituzionale] […] La Convenzione non ha discusso gli organi della Provincia. Questa circostanza induce a ritenere che non sia stata avvertita la necessità di una loro riforma, salvo che per le esigenze di maggiore tutela del gruppo linguistico ladino. […] Maggiore attenzione va data al linguaggio dello Statuto, sia per fare corrispondere il dato linguistico all’adeguamento istituzionale sia per esigenze di sistematicità, superando la mera traduzione dall’italiano al tedesco (per esempio Land Südtirol) e introducendo la denominazione ladina a livello statutario.

3) [VII. Tutela delle minoranze] […]

Ladini. In riferimento al gruppo linguistico ladino, la Convenzione ha raggiunto un orientamento favorevole sull’opportunità di valorizzare il gruppo linguistico ladino in contesti in cui la sua consistenza numerica non permette una rappresentanza diretta dei ladini. Alcuni componenti hanno sollevato il problema circa la possibilità che tale innovazione crei distorsioni dell’equilibrio oggi esistente sulla base di determinate disposizioni statutarie. In particolare, sono state proposte le seguenti modifiche allo Statuto:

parificare, nelle località ladine, la lingua ladina alla lingua tedesca e alla lingua italiana;

prevedere la designazione di un giudice appartenente al gruppo linguistico ladino nel Tribunale di Giustizia amministrativa di Bolzano;

prevedere la presenza di un membro del gruppo linguistico ladino nelle Commissioni paritetiche di cui all’art. 107 dello Statuto;

prevedere un’apposita commissione speciale con un membro del gruppo linguistico ladino nel caso dell’applicazione della procedura di cui all’art. 84 dello Statuto (cosiddetta garanzia di bilancio).

La Convenzione NON ha manifestato un significativo orientamento favorevole a una deroga alla proporzionale etnica a favore del gruppo linguistico ladino, all’introduzione di una lingua unitaria ladina, all’estensione dell’insegnamento della lingua ladina al di fuori delle località ladine, all’estensione dell’uso della lingua ladina al di fuori delle località ladine e davanti alle autorità giudiziarie in generale.

“La Convenzione ha manifestato consenso per la promozione di una ­piattaforma comune fra tutte le componenti della comunità ladina dolomitica nonché un particolare interessamento per misure dirette a promuovere i ladini appartenenti ai comuni di Livinallongo del Col di Lana/Fodom, Colle Santa Lucia/Col e Cortina d’Ampezzo/Anpezo/Ampëz.”15

Una valutazione delle proposte conclusive della Convenzione dei 33 è stata fatta dal giurista Carlo Willeit, ex consigliere provinciale, che ha definito il risultato, dal punto di vista dei ladini, assai “magro” (Willeit 2017a). Ciò non toglie che siano comunque state importanti le occasioni di confronto fra i gruppi linguistici che hanno avuto modo di esporre le loro richieste. Dal punto di vista di Willeit si è discusso molto sulla situazione attuale e sul futuro dell’autonomia provinciale, ma poco del rapporto fra autonomia e cittadini. Non sono infine state considerate le richieste principali dei ladini che, oltre a chiedere ancora una volta l’integrazione dei comuni di Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo nella Provincia Autonoma di Bolzano, hanno chiesto un confronto con le proposte che riguardano la minoranza ladina discusse dalla Consulta in provincia di Trento. I ladini hanno chiesto inoltre che la loro minoranza sia riconosciuta quale “minoranza nazionale”, allo scopo di ottenere una parità di trattamento di tutti i ladini. Tuttavia, anche queste poche esigenze fondamentali per i ladini, come afferma ancora Willeit, non sono state considerate dalla Convenzione dei 33.

Anche la “promozione di una piattaforma comune fra tutte le componenti della comunità ladina dolomitica” è una formulazione assai vaga che richiede una definizione più precisa. Affinché la “piattaforma comune” per i ladini abbia una funzione concreta nello sviluppo della minoranza, non potrà essere una semplice commissione, ma un ente o un’istituzione riconosciuta dalle Autonomie e dallo Stato, con compiti ben definiti per tutelare e rafforzare il gruppo linguistico.

3. I ladini nelle proposte della Consulta

Per quanto riguarda la discussione sulle minoranze linguistiche da parte della Consulta in Provincia di Trento, la base è stata fornita dagli argomenti esposti durante l’incontro tenutosi a Pozza di Fassa il 26 maggio 2017. Dopo un’introduzione del vicepresidente della Consulta, Jens Woelk, l’assessore alle minoranze linguistiche e membro della Consulta, Giuseppe Detomas, ha ricordato i cambiamenti intervenuti nella società dal 1972 ad oggi, soprattutto nello scenario internazionale, dove l’Europa è divenuta il nuovo interlocutore istituzionale anche per le Regioni e Province autonome. In questa nuova sede di revisione dello Statuto d’autonomia si è cercato di coinvolgere per la prima volta i cittadini che fanno parte delle minoranze linguistiche, affinché il progetto di riforma non sia più riservato solo ai rappresentanti politici.16

Alla discussione seguente hanno partecipato rappresentanti di associazioni e istituzioni, oltre che persone interessate ai possibili cambiamenti statutari in favore della minoranza ladina.

In rappresentanza dell’Union dei Ladins de Fascia è intervenuto Riccardo Zanoner che ha prima ricordato la storia e gli ideali promossi dall’associazione sin dalla fondazione, per cui l’Union non poteva esimersi dall’intervenire nella fase partecipativa per esporre la propria visione riguardo alle esigenze della comunità ladina. Zanoner ha quindi presentato un documento elaborato dal Consiglio dell’Union, illustrandone i contenuti essenziali. Nella parte introduttiva ha citato l’art. 2 dello Statuto che riguarda la parità di diritti dei cittadini appartenenti ai diversi gruppi linguistici, ma che, di fatto, per i ladini non c’è, a causa della divisione della minoranza in varie regioni e province di cui si è detto. Zanoner ha quindi osservato che le peculiarità storiche della minoranza ladina non devono (continuare) ad essere strumentalizzate, ma evocate e utilizzate per creare unità. L’Union ha quindi colto l’occasione per rivendicare l’unità dei ladini, facendo appello alla Consulta affinché tale obiettivo possa essere raggiunto nell’ambito del territorio regionale, per non divaricare ulteriormente le diversità e non favorire rivendicazioni di altro tipo, come per esempio l’aggregazione alla Provincia di Bolzano. In tal senso l’Union condivide l’idea del “Comitato per la riunificazione dei Ladini del Sella” che chiede appunto un’integrazione dei comuni di Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo nella ­Regione autonoma che permetterebbe di riunire tutti i ladini, offrendo la possibilità di creare, all’interno della Regione, una provincia ladina. Zanoner ha quindi sotto­lineato che l’unità vera è di tipo politico e istituzionale e che questo concetto è sempre stato evocato dai ladini. Ha poi evidenziato la necessità di un forte coordinamento tra i due organismi, la Convenzione dei 33 e la Consulta, incaricati di lavorare al progetto di riforma, affinché ai ladini sia riservato un trattamento giuridico unitario, che contempli anche un unico ordinamento scolastico e formativo e l’unicità territoriale delle Dolomiti patrimonio dell’Unesco. I punti così esposti da Zanoner, sono stati confermati e sostenuti anche da Celso Rizzi, intervenuto in rappresentanza dell’Union Generela di Ladins dla Dolomites. Entrambi hanno infine espresso l’auspicio che la Consulta accolga le proposte presentate.

Aurelio Soraruf ha osservato che le due Province non sono riuscite (o non hanno voluto) trovare un accordo per costituire un unico organismo per la riforma dello Statuto. Questo perché nessuna delle due Province intende perdere competenze in favore della Regione. Soraruf ritiene tuttavia che la questione ladina debba essere considerata con una visione unitaria sul piano politico-amministrativo, per non incorrere negli errori del passato. Bisogna quindi che l’intera comunità ladina ottenga un riconoscimento preciso nello Statuto, per esempio con l’inserimento di una terza provincia nella Regione.

Anche Francesco Dellantonio di Soraga ha sollevato il problema della diversa impostazione della tutela dei ladini nelle due Province, oltre al fatto che una tutela efficace della minoranza non potrà mai essere realizzata attraverso dei meri organi consultivi. Il riconoscimento del gruppo linguistico ladino dovrebbe essere motivato dalla sua “specialità”, dal radicamento millenario nella Contea del Tirolo e nell’Impero austro-ungarico, fondamenti di gran lunga antecedenti all’Accordo De Gasperi-Gruber che ha individuato soltanto la possibilità di tutela della minoranza tedesca, cui si sono accodati i ladini delle due Province senza possibilità di coinvolgere gli ampezzani e livinallesi. Motivando l’autonomia con ragioni storiche antecedenti all’Accordo di Parigi, si potrebbe quindi comprendere meglio le ragioni dei ladini.

Emilio Talmon di Canazei ha posto l’accento sull’insufficienza evidente dell’art. 6 della Costituzione17 per la tutela delle minoranze linguistiche, ma anche della legge provinciale del 19.06.2008 n. 6 (Norme di tutela e promozione delle minoranze linguistiche locali) che non può garantire una tutela efficace alla minoranza ladina. Analogamente, Talmon ha sostenuto che la legge n. 482 del 1999, approvata con l’assenso dell’Union Autonomista Ladina (UAL), non è per nulla adeguata alle esigenze dei ladini, che con queste iniziative sono stati, a suo dire, umiliati. Talmon ha poi rilevato quanto sia importante l’unificazione dei ladini entro confini precisi, fatto che dovrebbe essere considerato nello Statuto, piuttosto che argomenti astratti e in ogni caso insufficienti.

Roberto Pellegrini ha espresso la necessità di puntare su una strategia di raccordo e una linea comune con l’Alto Adige/Südtirol, per dare allo Stato la chiara idea di una volontà unitaria e non rischiare il fallimento di progetti e idee. Bisogna, inoltre, motivare l’autonomia in modo che non venga vista come privilegio, ma come valore aggiunto, considerazione sostenuta anche dall’ex procuradora del Comun General de Fascia Cristina Donei. A tal scopo sarebbe utile considerare maggiormente i valori che uniscono Consulta e Convenzione sull’Autonomia, anche se i problemi possono essere diversi. Pellegrini ha quindi proposto che venga riconosciuta al Comun General la veste di istituzione rappresentativa e che venga inoltre rafforzata la sua funzione attraverso un riconoscimento statutario.

Il presidente dell’Istituto Culturale Ladino, Antonio Pollam, ha espresso l’opinione che i riferimenti storici sono fondamentali e che, quindi, va fatto un cenno, nel preambolo dello Statuto, alle minoranze e alla comunità ladina quali antiche comunità di uomini liberi. L’autocoscienza e l’autogoverno sono, a suo parere, fondamentali e vanno quindi rafforzati. Soltanto quest’autocoscienza ha permesso ai ladini di raggiungere importanti conquiste anche legislative, assumendosi così la responsabilità di portare avanti il retaggio di autogoverno tipico della comunità ladina, per esempio attraverso il Comun General de Fascia. L’obiettivo, secondo il suo parere, è quello dell’unità, da raggiungere attraverso un superamento dei confini amministrativi.

Lo storico Cesare Bernard ha osservato come sia tipico del mondo alpino riunirsi e coltivare l’unità. Secondo lui l’autonomia è “speciale” perché si riesce a convivere, a stare insieme, a valorizzare gli altri, a essere una comunità: in sintesi, ciò che caratterizza le comunità alpine è il concetto di cerniera. Osserva però che il rispetto implica, conseguentemente, riconoscimento. Poiché il destinatario del documento preliminare è il Consiglio provinciale, Bernard ha chiesto che venga sancito in modo chiaro il riconoscimento del Comun General de Fascia quale organo rappresentativo e che siano precisati i suoi ambiti di competenza. Riguardo alla rivendicazione di un’autonomia nell’autonomia è importante definire i tempi e i modi. È comunque fondamentale perseguire ora l’unità interladina per non rischiare di perdere una (altra) grande opportunità. Da questo punto di vista è stato un errore costituire organismi diversi per la Provincia di Trento e per quella di Bolzano. Bernard ha quindi proposto un tavolo comune di discussione sull’autonomia e un tavolo unico per tutti i ladini, quale organismo interno, per definire cosa è condiviso da tutti i ladini.

Anche l’attuale presidente del Consiglio del Comun General, Francesco Pitscheider, ha espresso il suo sfavore sul fatto che siano stati istituiti due organismi separati, Consulta e Convenzione sull’Autonomia, la cui coesistenza impedisce un’unione politica, oltre ad acuire il problema della divisione dei ladini in tre province.

Elena Testor, procuradora del Comun General, è intervenuta esprimendo la necessità e la volontà di addivenire all’unità ladina, necessaria per evitare l’omologazione.

Il vicepresidente della Consulta, Jens Woelk, ha infine costatato che i concetti dominanti nel dibattito sono quelli che riguardano il territorio e l’identità, dove la Consulta si è dimostrata sensibile all’unità culturale e linguistica dei ladini. Woelk ha condiviso l’utilità di un incontro tra tutti i ladini per discutere insieme delle tematiche comuni. Infatti, è emerso chiaramente il problema della diversità della situazione dei ladini in provincia di Trento e in provincia di Bolzano e il fatto che i ladini, pur essendo tutelati all’interno delle autonomie speciali, fanno parte di un gruppo presente anche nelle province confinanti, dove la disciplina giuridica di tutela è molto diversa.

Il vicepresidente della Consulta Jens Woelk ha infine puntualizzato l’intenzione da parte della Consulta di considerare tutte le istanze avanzate nel processo partecipativo, precisando, però, che la Consulta non può affrontare la questione dei confini. Ciò non toglie che la questione dell’unificazione ladina vada approfondita in altra sede.

Le proposte adottate dalla Consulta in favore delle minoranze linguistiche della Provincia di Trento, seguono fondamentalmente tre direttrici:

1. Dare maggiore visibilità al riconoscimento delle minoranze linguistiche e rendere più organica la disciplina

[…] 1.3. Riconoscere l’esistenza di una “comunità ladina-dolomitica” a livello regionale.

2. Introdurre ulteriori strumenti di tutela negli ambiti della scuola, della lingua e della cultura

[…] 2.2. Prevedere esplicitamente forme di collaborazione inter-provinciale e trans-regionale nell’ambito dell’istruzione e per determinate iniziative linguistiche e culturali.

3. Rafforzare la rappresentanza e la partecipazione politica in Trentino

3.1. Confermare l’attuale seggio territoriale per assicurare la rappresentanza ladina […].

3.2. Garantire espressamente l’integrità territoriale dell’area di insediamento delle minoranze linguistiche storiche […] (come per il Comun General de Fascia).

3.3. Prevedere per il Consiglio provinciale e la Giunta provinciale obblighi di informazione e di consultazione delle minoranze linguistiche nelle questioni di loro interesse.

3.4. Istituire un “Consiglio della comunità ladina-dolomitica” come organo consultivo a livello regionale che unisca e rappresenti tutte le valli ladine.

I punti che riguardano in modo specifico la minoranza ladina e che sono stati riportati nel documento conclusivo della Consulta, con l’aggiunta puntuale dei riferimenti di legge (basi costituzionali e statutarie), sono i seguenti:

1) [A. Premessa] […] le garanzie previste per la minoranza ladina sono differenti nelle due Province (e […] nei tre Comuni della Provincia di Belluno). Pertanto non pochi ladini ambiscono a garanzie simili a quelle riconosciute in Provincia di Bolzano.

2) [… processo partecipativo] La fase di partecipazione ha consentito alle tre comunità linguistiche di esprimersi e discutere […] nell’ambito di tre laboratori sull’autonomia tenutisi rispettivamente a Palù di Fersina (23/05/2017), a Pozza di Fassa (24/05/2017) e a Luserna (12/07/2017). […]

3) [Proposte per la riforma statutaria] […] (1.) maggiore visibilità e organicità della disciplina statutaria relativa alle minoranze; (2.) ulteriori strumenti nell’ambito scolastico, linguistico e culturale; (3.) rafforzamento della rappresentanza e partecipazione politica e strumenti per la collaborazione oltre i confini provinciali.

4) [Dare maggiore visibilità al riconoscimento delle minoranze linguistiche e rendere più organica la disciplina] […] è opportuno dare maggiore visibilità al riconoscimento delle minoranze linguistiche, concentrando la relativa disciplina in un’apposita parte dello Statuto riferita ai principi fondamentali dell’autonomia. […]

Si propone di riconoscere […] la pluralità e la diversità delle popolazioni tradizionalmente insediate nell’Alto Adige/Südtirol e nel Trentino come patrimonio irrinunciabile dell’intera comunità regionale e di quelle provinciali […].

Per rafforzare l’unità culturale della popolazione ladina è opportuno riconoscere nello Statuto, a livello regionale, l’esistenza di una “comunità ladina-dolomitica” […].

5) [Introdurre ulteriori strumenti di tutela negli ambiti della scuola, della lingua e della cultura] Si propone di introdurre nello Statuto il principio della lingua propria nei territori di insediamento storico dei gruppi linguistici elevando a livello statutario i contenuti della norma di attuazione (d.lgs 592/1993) e della legislazione provinciale (art. 2 comma 2 e art. 16 ss. L.P. 6/2008). […] si propone di prevedere nello Statuto forme di collaborazione inter-provinciale e trans-regionale nell’ambito dell’istruzione e per iniziative linguistiche e culturali […].

6) [Rafforzare la rappresentanza e la partecipazione politica in Trentino] Per garantire rappresentanza e partecipazione politica alle minoranze linguistiche è opportuno confermare l’attuale seggio territoriale per assicurare la rappresentanza ladina (art. 48, comma 3, dello Statuto).

[…] La legge Costituzionale n. 1 del 2017 introduce un nuovo comma nell’art. 102 dello Statuto, autorizzando la Regione e la Provincia di Trento ad attribuire, trasferire o delegare al Comun General de Fascia, […], funzioni, compiti o attività proprie, rilevanti per la valorizzazione della minoranza linguistica ladina. […]

Per offrire nuove possibilità di partecipazione alla popolazione ladina, si ritiene opportuno istituire a livello regionale un “Consiglio della comunità ladina-dolomitica” che unisca e rappresenti tutte le valli ladine in un unico organo consultivo, senza modificare gli assetti istituzionali nelle due Province autonome. […]18

4. Considerazioni conclusive

Confrontando il documento finale della Convenzione dei 33 con quello della Consulta di Trento si nota subito una differenza di proposte e contenuti: scarno e privo di novità importanti il primo, a conferma del poco spazio concesso al gruppo linguistico ladino da parte del gruppo linguistico tedesco che, a quanto pare, ha fatto sentire il proprio peso specifico, superiore a quello degli altri; più ricco di sostanza e con possibilità di apertura verso i ladini delle Province confinanti il secondo. Anche il confronto fra le proposte fatte dai ladini in Provincia di Bolzano e i contenuti riportati del documento finale, rivela la scarsa disponibilità da parte della Convenzione dei 33 a considerare le esigenze dei ladini; al contrario, in Provincia di Trento, la Consulta ha praticamente tenuto in considerazione tutte le proposte illustrate nell’incontro a Pozza di Fassa, eccezione fatta per quelle che riguardano il cambiamento dei confini, che non erano di sua competenza.

Il risultato presentato dalla Convenzione dei 33 è quindi ben lontano dal concetto di “ladinità incoraggiata dalla comprensione degli altri”, presentato da Silvius Magnago nel 1985, allora Presidente della Provincia di Bolzano, che considerava la lingua e la cultura ladina “un arricchimento per la nostra Provincia”, la cui conservazione “è nell’interesse di tutti gli abitanti dell’Alto Adige e nell’interesse dello Stato” (Magnago/Gebert-Deeg 1985, 4-6).

Sembra, inoltre, che la Convenzione dei 33 non abbia cercato la collaborzione con la Consulta, mentre quest’ultima ha dato un segnale positivo in tal senso, come emerge dal suo documento conclusivo che rivela un confronto avvenuto con i due rappresentanti ladini della Convenzione dei 33, Edith Ploner e Christoph Perathoner, sul tema dell’unità culturale e linguistica ladina ampiamente condiviso, auspicando l’introduzione di strumenti che permettano un’effettiva collaborazione trans-provinciale delle comunità.

Nel documento conclusivo la Consulta ha inoltre cercato di evidenziare le proposte che ha ritenuto di condividere con la Convenzione dei 33, poiché importanti per entrambe le Province, come per esempio la proposta di “rafforzare l’unità culturale e la lingua ladina attraverso strumenti di autonomia culturale e di cooperazione e consultazione che riescano a superare i confini provinciali e con essi la frammen­tazione della popolazione ladina”. Non sembra, invece, che la Convenzione dei 33 abbia considerato, almeno per quanto riguarda i ladini, i punti di convergenza con la Consulta. È curioso anche il fatto che nel testo della Convenzione dei 33 si trovi più volte, sempre in riferimento ai ladini, l’espressione “orientamento favorevole” che toglie concretezza alle proposte.

È stato apprezzabile l’impegno della Consulta per cercare di includere i ladini esclusi dal contesto regionale, prevedendo di accogliere

“l’obiettivo di creare opportunità di rappresentanza, interazione e cooperazione dell’intero gruppo ladino, pur nel rispetto dell’assetto istituzionale provinciale vigente. Una tale cooperazione potrà, in base a leggi regionali e provinciali, previa intesa con la Regione Veneto, coinvolgere anche le popolazioni di lingua ladina appartenenti ai Comuni di Colle Santa Lucia, Cortina d’Ampezzo e Livinallongo del Col di Lana.”

Se la Convenzione dei 33 non ha nemmeno accennato alle richieste da parte della Lia di Comuns Ladins e dell’Union Generela, ignorando le istanze delle due associazioni ladine, la Consulta ha perlomeno dato una risposta nel documento conclusivo. Ha chiarito la difficoltà ad accogliere le richieste volte a riconoscere la Lia di Comuns Ladins oppure l’Union Generela di Ladins dla Dolomites come organismi identitari e rappresentativi di tutti i ladini storici delle valli dolomitiche. Nonostante entrambe le associazioni offrano l’indubbio vantaggio di un’ampia rappresentanza del mondo ladino, anche oltre i confini provinciali, infatti, si tratta di organismi di natura privatistica, per cui un riconoscimento nello Statuto sembra quantomeno “sconsigliabile” (a differenza di un loro riconoscimento nella legislazione ordinaria).

Nel frattempo, la legge costituzionale n. 1 del 2017 “in materia di tutela della minoranza linguistica ladina” ha già dato risposta all’istanza di rafforzare la rappresentanza ladina in varie istituzioni nella Provincia di Bolzano, e riconosce, per la Provincia di Trento, il Comun General de Fascia come ente sovracomunale.

Note

1 Anche se la Regione è stata privata di molte funzioni, l’ex consigliere provinciale Carlo Willeit evidenzia la sua importanza per la minoranza ladina: è l’unica istituzione in comune per i ladini delle valli di Badia, Gardena e Fassa, ai quali garantisce il riconoscimento e protezione internazionale in base alla sentenza della Corte Costituzionale del 21.10.1998, n. 356.

2 Per motivi linguistici, storici e culturali possono essere considerati “storici” soltanto i ladini appartenuti alla Contea del Tirolo, quindi: ampezzani, livinallesi, badioti e marebbani, gardenesi e fassani (Pescosta 2015, 12).

3 L’art. 133 della Costituzione prevede, infatti, la possibilità di istituire nuove Province nell’ambito di una Regione: “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito d’una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione. […].”

4 Per sollecitare la trattazione del referendum del 2007 in Parlamento, nel 2011 l’Union Generela accettò di farsi portavoce del Comitato referendario presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ricorrendo contro la mancata decisione da parte del Parlamento, poiché violerebbe un diritto fondamentale previsto dall’ex art. 35 della Convenzione. Il 14/03/2012 la Corte Europea, in composizione di giudice unico, dichiarò irricevibile il ricorso, poiché “la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli.” Nella comunicazione, inviata da Strasburgo il 21/03/2012, si dice inoltre che “la decisione della Corte è definitiva e non può essere oggetto di ricorsi davanti alla Corte, compresa la Grande Camera, o ad altri organi” (cfr. Pescosta 2015, 547).

5 In occasione del dibattito, Fabio Chiocchetti, direttore dell’Istituto “Majon di Fascegn” ha proposto alla “Lia di Comuns Ladins” di promuovere un sondaggio per capire quale soluzione chiede la maggioranza dei ladini, prima di avviare un altro (costoso) referendum, con il rischio che finisca nel dimenticatoio dei politici, come sembra stia avvenendo con quello del 2007 (cfr. Chiocchetti 2017, 1-2).

6 Il dubbio che serva una legge costituzionale per l’integrazione dei tre comuni alla Provincia di Bolzano o alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, è stato sollevato dal giurista Carlo Willeit, il quale afferma che se così fosse, sarebbe stato specificato nell’art. 132 della Costituzione. Willeit ha sottolineato la necessità di attuare quanto prima ciò che oltre l’80 per cento della popolazione ampezzana e livinallese ha chiesto nel 2007, suggerendo i modi più opportuni (cfr. Willeit 2017a).

7 Alla data del 01.04.2018 avevano aderito 1.131.776 cittadini di 28 stati europei (incluso il Regno Unito). In Italia sono state raccolte 50.823 sottoscrizioni, che sono relativamente poche, se si considerano le 519.232 sottoscrizioni dell’Ungheria o le 290.533 della Romania [cfr. www.minority-safepack.eu (01/04/2018)].

8 La “Comunanza ladina a Bulsan” è un’associazione ladina con un comitato formato da 3 rappresentanti eletti della Val Gardena, 3 della Val Badia, 3 della Val di Fassa e 2 rappresentanti nominati dai Comuni di Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo. In tal senso, la Comunanza ladina è un’associazione sovraprovinciale che difende gli interessi ti tutte e cinque le comunità ladine.

9 Nel 1989 fu attuato il DPR 15.07.1988, n. 574 che riconosce il ladino come lingua amministrativa da utilizzare obbligatoriamente negli uffici pubblici delle località ladine della provincia di Bolzano quale terza lingua ufficiale, accanto all’italiano e al tedesco. Fino ad oggi il provvedimento ha creato numerosi nuovi impieghi, dando più prestigio alla lingua e aumentando le occasioni per usare il ladino scritto. La Val di Fassa ottenne il diritto all’uso della lingua ladina negli uffici e nelle amministrazioni pubbliche con d.leg. del 16.12.1993, n. 592. L’adozione del ladino nelle amministrazioni delle due province ha posto il ladino dolomitico in una situazione di privilegio persino in confronto al retoromanzo in Svizzera che, pur riconosciuto come quarta lingua nazionale già nel 1938, divenne lingua amministrativa soltanto nel 1996. Sull’importanza della lingua retoromanza (cfr. Coray 2003, 121-123).

10 Lezuo si riferisce al ladino standard o ladin dolomitan che sarebbe dovuto essere adottato per le comunicazioni scritte fra le valli e per tutti i testi che riguardano l’intera comunità ladina. La lingua fu “elaborata” secondo le indicazioni fornite dal professore svizzero Heinrich Schmid, secondo il principio di parità fra gli idiomi considerati. Poiché il ladin dolomitan non è riuscito ad accontentare tutti i ladini, non è stato adottato nelle amministrazioni pubbliche né in Provincia di Bolzano né in quella di Trento. Un’alternativa sarebbe stata (e potrebbe ancora esserlo) l’adozione di uno degli idiomi ladini esistenti come lingua comune per tutti i ladini (cfr. Pescosta 2015, 522-523).

11 La “proporzionale” è una regola introdotta dal Secondo Statuto d’autonomia per garantire alla popolazione di lingua tedesca l’accesso ai posti pubblici in Alto Adige/Südtirol. Nel 1972, oltre il 90% dei posti di lavoro nel settore pubblico erano occupati da cittadini di lingua italiana. La divisione “proporzionale” dei posti di lavoro (art. 89), basata sulle dichiarazioni di appartenenza linguistica, è stata portata avanti negli anni, nonostante i cambiamenti della società altoatesina. Le conseguenze negative della “proporzionale” sono sempre state considerate “un male accettabile” in cambio di una “barriera” che in Alto Adige/Südtirol garantisce la precedenza ai cittadini altoatesini nel collocamento al lavoro (art. 10). Sull’antieuropeismo della “proporzionale” (cfr. Lanzinger 2016).

12 Le proposte di modifica e d’integrazione dello Statuto qui considerate, sono quelle che riguardano più da vicino le questioni della minoranza ladina. Alcuni interventi da parte dei ladini della Val Badia e della Val Gardena, che qui non vengono riportati per questioni di spazio, rivelano una conoscenza abbastanza superficiale della storia e delle problematiche che riguardano l’Alto Adige/Südtirol in generale e la minoranza ladina in particolare.

13 Nella lettera qui considerata si ricorda che “la ‘Lia di Comuns Ladins’ è un’associazione apartitica, senza fini di lucro, costituita il 23 aprile 2007 a Corvara, per volere dei 19 Comuni nei quali sono insediati i ladini del Sella: Ampezzo, Badia, Campitello di Fassa, Canazei, Castelrotto, Colle Santa Lucia, Corvara, La Valle, Livinallongo del Col di Lana, Marebbe, Mazzin, Moena, Ortisei, Pozza di Fassa, San Martino in Badia, Santa Cristina Val Gardena, Selva Val Gardena, Soraga, Vigo di Fassa.

14 I motivi per cui la maggior parte delle proposte e delle richieste dei ladini non sono state approvate dalla Convenzione emergono dall’intervista alla vicepresidente della Convenzione, Edith Ploner, che ha ammesso una scarsa comprensione per le esigenze dei ladini da parte della “maggioranza” tedesca in Alto Adige/Südtirol e un forte contrasto fra tedeschi e italiani ancora presente in Alto Adige/Südtirol, dove la legge del più forte ha dato ragione al gruppo linguistico tedesco (cfr. La Usc di Ladins 2017, 6).

15 Il documento finale integrale (Proposte in ordine alla revisione dello Statuto di autonomia Convenzione dei 33) del 22.09.2017 è consultabile sul sito www.konvent.bz.it/it/files.html (01.04.2018).

16 Jens Woelk, vicepresidente della Consulta, ha specificato l’importanza delle minoranze linguistiche della Provincia di Trento nel contesto della revisione statutaria: “Nel dibattito trentino sulla riforma statutaria, forse più che nella realtà quotidiana, le minoranze linguistiche storiche residenti nella Provincia autonoma di Trento (i ladini fassani, i mòcheni e i cimbri) sono un punto di riferimento” (cfr. Woelk 2017).

17 All’art. 6 della Costituzione si dice che: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”.

18 Il documento “preliminare” datato febbraio 2017 è pubblicato sul sito www.riformastatuto.tn.it/DOCUMENTI-DELLA-CONSULTA/Documento-Preliminare (01.04.2018). Il documento finale integrale redatto in forma provvisoria dovrebbe essere consultabile a breve sullo stesso sito. Per un confronto sui contenuti del documento elaborato dalla Consulta (cfr. Woelk 2017).

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