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Sara Parolari

Il futuro dell’ente regionale come chiave di volta della riforma dello Statuto del ­Trentino-Alto Adige/Südtirol

The future of the region as the keystone of the reform of the Statute of Trentino-Alto Adige/Südtirol

Abstract Which role for the Region Trentino-Alto Adige/Südtirol as an atypical institution in the Italian regional panorama? Having lost most of its competences in favor of the two Auto­nomous Provinces, this questions remains a controversial issue both at political and acade­mic level. This paper analyses the debate revolving around this topic having regard to the different proposals, and focusing particularly on its outcomes within the Convention on the Autonomy Statute and the Consulta for the reform of the Autonomy Statute.

1. L’assetto istituzionale atipico del Trentino-Alto Adige/Südtirol: tre enti legislatori per un’unica Regione

L’assetto istituzionale della Regione a statuto speciale Trentino-Alto Adige/Südtirol si caratterizza sin dalle sue origini per una particolarità che la differenzia da tutte le altre autonomie speciali in Italia (Cosulich 2012, 291). Ciò consiste nella previsione sin dal Primo Statuto di Autonomia del 1948 (l. cost. n. 5 del 1948), di un “assetto tripolare” (Palermo 2012, 185), ovvero la compresenza su questo territorio di tre soggetti distinti: la Regione Trentino-Alto Adige e le due Province autonome di Trento e Bolzano. Queste ultime, da sempre concepite quali enti legislatori, a partire dal Secondo Statuto d’autonomia del 1972 (d. P. R. n. 670 del 1972) sono divenute di fatto enti equiparabili, per entità dei poteri e delle risorse, ad una Regione a statuto speciale.

La presenza di un livello provinciale da affiancare a quello regionale risale all’accordo De Gasperi-Gruber del 1946 laddove si prescriveva la necessaria tutela del gruppo linguistico tedesco attraverso il conferimento di poteri speciali alla Provincia autonoma di Bolzano.1 Tuttavia, come è noto, la soluzione adottata in attuazione di tale accordo con il Primo Statuto di Autonomia, fu fortemente contestata dalla popolazione di lingua tedesca, secondo cui la posizione di parità tra le due Province nell’ambito di un’unica Regione titolare della gran parte dei poteri e con una forte prevalenza della popolazione di lingua italiana (71,5 per cento), avrebbe di fatto eluso gli impegni assunti.

Il lungo e complesso passaggio verso il Secondo Statuto di Autonomia del 1972 si è basato sulla ricerca di una soluzione di compromesso, il cui esito finale è stato il mantenimento dell’assetto istituzionale tripartito, ma con un’incisione significativa sull’attribuzione delle competenze legislative ed amministrative, massicciamente trasferite alle due Province autonome a fronte di un ridimensionamento del ruolo della Regione (Reggio D’Aci 1982; Postal 2011, 55-101).

In tale quadro, è intervenuta poi la riforma del Titolo V, parte II, della Costituzione del 2001 che ha portato a compimento l’iter avviato con la riforma del 1972 attraverso la compiuta valorizzazione delle Province come entità autonome di cui si compone la Regione e, di conseguenza, il ridimensionamento di quest’ultima (Postal/Guella 2011, 164-199). Ciò si evince, tra l’altro, dall’inversione del criterio di costituzione dei Consigli provinciali e del Consiglio regionale. Infatti, un tempo era il Consiglio regionale ad essere eletto, mentre i Consigli provinciali erano formati rispettivamente dagli eletti nel Consiglio regionale in ciascuno dei due collegi elettorali in cui erano divise le due Province. La riforma del 2001 ha introdotto una novità significativa che riflette il nuovo assetto istituzionale e la nuova centralità delle due Province a scapito della Regione, ovvero l’elezione dei due Consigli provinciali, i cui membri (35 ciascuno) vanno quindi a formare il Consiglio regionale (in numero complessivo di 70 membri), nel rispetto della garanzia dell’equa rappresentanza dei gruppi linguistici attraverso la rotazione delle cariche.

Oltre a questa conferma di carattere istituzionale rispetto all’affermazione di un modello in cui le due Province si sviluppano autonomamente all’interno di una cornice regionale piuttosto debole, è arrivata nel corso del tempo la conferma sotto il profilo dei poteri conferiti a Regione, da un lato, e Province dall’altro. Il Secondo Statuto d’Autonomia ha portato con sé infatti un’ampia revisione dei cataloghi delle materie di competenza legislativa (e sulla base del principio del parallelismo anche amministrativa), ampliando significativamente quelle provinciali e riducendo quelle regionali. Si tratta di una tendenza confermata in tutta la fase successiva di attuazione statutaria e che contraddistingue anche la situazione odierna. Ciò comporta che alla Regione di fatto sono rimaste pochissime competenze sia primarie (art. 4 Statuto) che secondarie (art. 5 Statuto). Tra queste, si possono menzionare la competenza in materia di ordinamento degli enti locali, espropriazione per pubblica utilità, giudice di pace, elezioni, integrazione europea e atti umanitari, minoranze linguistiche, previdenza e ordinamento delle aziende pubbliche di servizi alla persona, sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative. Inoltre, di queste poche competenze regionali, molte vengono nei fatti delegate alle due Province autonome, nel rispetto dei limiti individuati dal giudice costituzionale.2

La conseguenza ultima è che la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è divenuta sempre più un ente privo di un ruolo significativo o, come autorevole dottrina ha affermato, come la mera somma delle due Province autonome, sia sotto il profilo degli enti, che degli organi, che dei poteri effettivamente esercitati (Cosulich 2012, 292). È dunque pressoché opinione unanime che questa Regione si sia evoluta sulla base di due distinti e separati sistemi autonomistici provinciali.

2. Il dibattito politico ed accademico sul ruolo dell’ente regionale

A fronte di questo quadro, che senso ha il mantenimento oggi di un ente regionale così strutturato, che rischia di apparire sempre più come una scatola vuota? Se lo chiedono da anni per la verità in molti. In particolare, nel dibattito politico e accademico sia in Trentino che in Alto Adige si discute di quale possibile ruolo dovrebbe avere la Regione, se ne deve avere uno, a fronte dell’evidenziato ridimensionamento delle sue competenze. Sembra ormai improrogabile un ripensamento dell’istituzione regionale che giace da anni in una sorta di “coma” da cui non è riuscita sinora a risvegliarsi (Palermo/Zwilling 2008, 13). Il nodo della Regione quale ente del tutto atipico nel panorama italiano, ormai svuotato di competenze, a favore di due Province equiparabili a due Regioni, è tutto da discutere (Toniatti 2001, 42). Che non si tratti di un tema facile lo dimostra la prassi politica anche più recente che conferma la presenza di divergenze tra le due Province autonome sul significato politico dell’ente regionale e su come gestirne il futuro.

Il Trentino ha da sempre manifestato il proprio sostegno all’ente regionale, visto come garanzia di sicurezza per il legame con l’Alto Adige. Proprio in Alto Adige, al contrario, tende a prevalere l’opinione che l’istituzione Regione sia superata, da alcuni percepita come un ostacolo al pieno dispiegamento dell’autonomia provinciale.

La diversa posizione a livello politico su questo tema si è manifestata in più occasioni anche in anni recenti, ad esempio, in occasione del parere sul disegno di legge costituzionale 1778/XVII presentato dagli onorevoli Palermo, Zeller e Berger per il trasferimento alle Province della competenza primaria in materia di ordinamento degli enti locali ora in capo alla Regione, che ha ricevuto l’assenso dei consiglieri della Provincia di Bolzano, ma non di quelli di Trento.

Anche la dottrina si è occupata di questo argomento e sono state avanzate alcune proposte di revisione dell’assetto attuale, tra le quali merita di essere menzionato lo studio risalente al 2013 a firma del professor Carli, del dott. Postal e del prof. Toniatti confluito in un documento dal titolo “Verso il terzo statuto di autonomia” che avanzava alcune proposte, su sollecitazione della Provincia autonoma di Trento, per una revisione statutaria, seppur mai intervenuta. Quanto interessa ai fini di questo approfondimento, è la parte di questo documento relativa alla forma di governo, laddove si affronta anche il tema del rapporto tra Regione e Province autonome. In particolare, gli autori proponevano che venisse modificato sostanzialmente il ruolo dell’attuale Regione, pur mantenendo un assetto tripolare. La “nuova” Regione, per la quale si suggeriva la denominazione di Unione regionale, avrebbe dovuto conservare un organo legislativo (con voto esclusivamente per gruppi territoriali) e potestà legislativa riguardante esclusivamente le forme di collaborazione tra le due Province (da denominarsi Comunità autonome) e di indirizzo strategico e di finanziamento di forme di collaborazione tra le due Comunità. In questo senso, la legge regionale avrebbe assunto il valore di un accordo fra le due Comunità autonome, negoziato dai rispettivi Governi e formalizzato dall’assemblea legislativa regionale. Il Governo di questa Unione regionale avrebbe dovuto essere formato dai Presidenti delle due Comunità autonome e l’Unione non avrebbe più avuto un’organizzazione propria, ma si sarebbe avvalsa delle risorse messe a disposizione dalle Comunità autonome. Regione-ente legislatore sì, dunque, ma da chiamare in causa solamente per l’esercizio di funzioni di coordinamento tra le due Province e operante attraverso una struttura più snella. Questa proposta non ha avuto seguito per l’incapacità a livello politico di portare a termine una revisione statutaria e giungere appunto ad un Terzo statuto di autonomia. È tuttavia importante tenerla presente perché contiene alcune delle idee avanzate anche negli anni successivi con riferimento al ruolo da attribuire all’ente regionale.

3. La Convenzione per la riforma dello Statuto di autonomia e la Consulta per lo Statuto speciale sulla questione del futuro della Regione3

Di questo tema, si è occupata giocoforza anche la Convenzione per la riforma dello Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol e se ne sta occupando la Consulta per lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol che non ha ancora concluso i suoi lavori.

Cosa prevede in proposito il documento finale della Convenzione sull’Autonomia contenente le proposte in ordine alla revisione dello Statuto di Autonomia?4 Innanzitutto tale documento afferma che si è manifestato il consenso all’interno della Convenzione dei 33 sulla necessità di superare l’attuale configurazione regionale. La Regione così com’è non è più una realtà al passo con i tempi, è un concetto da rivedere e adattare alle circostanze attuali. Sono infatti le due Province autonome gli autentici motori dell’autonomia. Tuttavia, la varietà delle posizioni emerse e discusse nei lavori della Convenzione ha reso palese che manca il consenso sul ruolo da attribuire all’ente regionale.

In altre parole, un cambiamento deve esserci, ma non si è raggiunto il consenso su quale direzione prendere. Una parte dei componenti della Convenzione sull’Autonomia si è dichiarata palesemente a favore dell’abolizione tout court della Regione. Tra coloro che invece ritengono che la Regione non vada eliminata, esiste un orientamento favorevole alla configurazione di questo ente quale sede di raccordo tra le due Province autonome, ma senza la titolarità di competenze legislative e amministrative. In questo senso, le materie di interesse comune potrebbero essere gestite tramite accordi interprovinciali. Un altro orientamento emerso all’interno della Convenzione invece ritiene necessario mantenere in capo alla Regione la titolarità delle competenze legislative ed amministrative in una serie di materie di interesse comune, individuate d’intesa tra le due Province (ad esempio, in materia di trasferimento delle merci dalla strada alla rotaia o in materie come ricerca e sanità). In quest’ultimo caso, la Regione non avrebbe bisogno di un apparato amministrativo, con una Giunta ridotta ai soli Presidenti delle due Province e un Consiglio regionale composto, come oggi, dai due Consigli provinciali.

A prescindere dalle valutazioni su queste proposte, occorre tener presente che attualmente la Regione è un ente costituzionalmente necessario. Qualsiasi modifica che vada oltre il modello tripartito in essere richiederebbe cioè non solo e non tanto una revisione dello Statuto d’Autonomia, ma anche e prima ancora una revisione costituzionale degli articoli 131 e 116 della Costituzione, che includono il Trentino-Alto Adige/Südtirol nell’elenco delle Regioni a statuto speciale italiane (Cosulich 2016, 6). Si ricorda, in particolare, che l’art. 116, II comma, della Costituzione, costituzionalizza appunto l’articolazione della Regione nelle due Province autonome di Trento e Bolzano, dalle quali la prima è costituita. Ne deriva che l’articolazione tripartita che caratterizza questo territorio non potrà essere modificata o eliminata attraverso una mera revisione statutaria, ma solo ed unicamente tramite una revisione costituzionale. Il che non è un’eventualità del tutto da escludere, ma sembra non sia attualmente all’attenzione del legislatore parlamentare.

Quanto invece può essere cambiato attraverso la revisione statutaria è certamente il modello regionale in essere e le funzioni di Regione e Province autonome, incidendo sulla disciplina degli organi e delle competenze regionali. È quanto si è verificato anche nel passaggio dal Primo al Secondo Statuto d’Autonomia.

Non si può dunque tramite una revisione dello Statuto abolire il modello tripartito e la Regione Trentino Alto Adige/Südtirol quale ente costituzionalmente previsto, ma si può rivedere il modello attuale attribuendo un diverso ruolo a quest’ultima. Proprio sulla base di questa premessa, secondo la Consulta trentina il nuovo modello di Regione dovrebbe trovare un punto di mediazione e di equilibrio tra il ruolo di vera e propria comunità politica e quello di coordinamento delle due Province autonome.

In particolare, nel documento preliminare elaborato nel febbraio 2017 e sottoposto poi alla fase partecipativa, la Consulta si è pronunciata, tra i vari temi, anche sul ruolo, le funzioni e i rapporti delle Province autonome e della Regione, ricordando in primo luogo il fondamento costituzionale dell’assetto tripolare appena descritto. In questo senso, pur riconoscendo l’ammissibilità in astratto di una modifica costituzionale, parallela e coordinata con il processo di riforma statutaria che ridefinisca il modello tripartito, la Consulta ha ritenuto conforme al proprio mandato di ragionare all’interno dell’attuale modello costituzionale tripolare, condividendone l’ispirazione fondamentale.5

Fatta questa premessa, la Consulta ha prospettato di riconoscere alla Regione, in quanto istituzione che accomuna due territori che, pur nella loro specificità, esprimono un ambito di tradizione e di storia comune, oltre al tradizionale ruolo di comunità politica, quello di coordinamento delle due Province. Il primo ruolo si potrebbe esplicare mantenendo alla Regione la competenza a regolare specifiche materie di carattere ordinamentale, per le quali sia preferibile una regolazione uniforme in entrambe le Province. Si tratterebbe in questo caso di materie di esclusiva competenza regionale, in cui non vi sarebbe dunque una competenza concorrente provinciale. Inoltre, alla Regione potrebbero essere assegnate nuove materie in cui la gestione comune risulti opportuna, anche in ragione di possibili economie di scala. Quanto al secondo ruolo, il coordinamento dovrebbe essere riconosciuto alla Regione in materie che, pur gestite e disciplinate dalle Province, presentino rilevanti elementi di integrazione e interferenza. Inoltre, andrebbero attribuite alla Regione funzioni di rappresentanza di interessi territoriali, anche di natura economica, nelle relazioni transfrontaliere, nel quadro europeo.

A questi ruoli dovrebbero corrispondere diverse regole nell’assunzione delle decisioni: il voto per teste nelle materie di competenza esclusiva, mentre una modalità di voto che preveda il necessario consenso di ciascuna comunità provinciale nelle materie in cui vi è competenza di coordinamento. Infine, alla Regione potrebbero essere assegnate competenze, anche di garanzia e promozione, nella tutela delle minoranze linguistiche, in particolare della minoranza ladina, nonché di garanzia in materia di enti locali, laddove la competenza ordinamentale passasse alle Province. A questo nuovo ruolo, corrisponderebbe una composizione degli organi regionali tale per cui l’organo legislativo, composto da consiglieri eletti dal popolo, potrebbe però avere una composizione più ristretta rispetto all’attuale, mentre l’organo esecutivo potrebbe essere composto dagli assessori delle due Province.

Il modello regionale proposto dalla Consulta dunque non si colloca ad un livello minimo, consistente nell’attribuzione alla Regione del mero compito di dettare regole di coordinamento e disciplinare le forme di cooperazione interprovinciale, ma si attesta ad un grado superiore, mantenendo alla Regione la competenza a regolare specifiche materie di carattere ordinamentale, per le quali sia necessaria o preferibile una regolazione uniforme, nonché di compiti e funzioni di rappresentanza di interessi territoriali, anche di natura economica, nelle relazioni con lo Stato e con l’Europa.

A questo documento ha fatto seguito la fase di partecipazione e discussione dei cittadini. La Consulta ha poi ripreso in mano tutti i temi di cui al documento preliminare e sta ora lavorando al documento conclusivo che, molto probabilmente, sullo specifico tema del ruolo della Regione, ricalcherà a grandi linee questi principi di fondo già affermati nella fase preliminare e confermati nella fase partecipativa.

4. Conclusioni

A fronte dunque della varietà dei possibili modelli di Regione prospettati, è palese l’esigenza di trovare soluzioni convergenti per Trento e Bolzano. Si tratta di uno dei nodi cardine di una eventuale futura revisione statutaria. Se su questo tema le due Province autonome non saranno in grado di trovare un accordo, difficilmente si riuscirà a proseguire in qualsiasi processo di riforma.

È bene ricordare infatti che lo Statuto d’autonomia è unico e, quindi, non ci può essere una revisione di Trento e una di Bolzano. Se si fa la revisione deve essere fatta insieme e serve una convergenza politica sui punti fondamentali. Ciò risulta chiaramente dallo statuto stesso laddove disciplina il procedimento di revisione. L’art. 103, II comma, St. attribuisce l’iniziativa per le modificazioni dello Statuto stesso al Consiglio regionale, su proposta dei Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano e successiva conforme deliberazione del Consiglio regionale. I Consigli provinciali hanno dunque solo il potere di formulare una proposta, ma la decisione finale spetta al Consiglio regionale che deve quindi adottare una posizione comune.

Purtroppo, sinora il ruolo di coordinamento affidato alla Presidenza del Consiglio regionale per giungere ad una proposta il più possibile unitaria, a fronte dei due percorsi separati intrapresi dalle due Province (Convenzione sull’Autonomia e Consulta appunto), è mancato. In altre parole, la mozione n. 34 approvata il 13 aprile 2016 dal Consiglio regionale a firma Rossi e Kompatscher “Misure di coordinamento con i Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano ai fini della revisione dello statuto” non è stata attuata.

Si tratta di un’occasione persa. Resta da capire se, una volta concluso anche il lavoro della Consulta, emergerà sia a Trento che a Bolzano la volontà politica di colmare questa lacuna e di avvicinarsi più possibile per una soluzione condivisa, anche e in primis sul futuro dell’ente regionale.

Note

1 Estesi poi alla vicina Provincia di Trento sia per riequilibrare la posizione nell’ordinamento speciale sia per restaurare istituti autonomistici cui la popolazione trentina era adusa per ragioni storiche risalenti nel tempo.

2 Cfr. Corte cost. n. 132 del 2006.

3 Si precisa che il contributo è stato chiuso in febbraio 2018.

4 Il documento finale della Convenzione per la riforma dello Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol è reperibile all’indirizzo: www.convenzione.bz.it

5 Il documento preliminare della Consulta per lo Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südti­rol e tutte le relazioni dei partecipanti alla Consulta sul tema sono reperibili all’indirizzo: www.riformastatuto.tn.it Si veda in particolare la relazione del prof. Cosulich del 14 gennaio 2017.

Riferimenti bibliografici

Cosulich, Matteo (2016), Uno statuto per due Province. Considerazioni in margine all’avvio del procedimento di revisione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, in: www.amministrazioneincammino.luiss.it, (8.11.2016)

Cosulich, Matteo (2012), Trentino-Alto Adige, in: Vandelli, Luciano (a cura di), Il governo delle Regioni: sistemi politici, amministrazioni, autonomie speciali, Bologna: Il Mulino, 291-309

Palermo, Francesco (2012), Regione, Province e forse nuova Regione? Il pendolo di Foucault istituzionale dell’autonomia, in: Pallaver, Günther (a cura di), Politika 12, Jahrbuch für Politik/Annuario di politica/Anuar de politica (Südtiroler Gesellschaft für Politikwissenschaft/Società di Scienza Politica dell’Alto Adige/Sozieté de scienza politica de Südtirol), Bozen: Edition Raetia, 183-201

Palermo, Francesco/Zwilling, Carolin (2008), Il vento del Nord arriva in Alto Adige. Ma non in Trentino, in: www.federalismi.it, 22 (19.11 2008)

Postal, Gianfranco (2011), L’attuazione del pacchetto e il nuovo statuto del 1972, in: Marcantoni, Mauro/Postal Gianfranco/Toniatti, Roberto (a cura di), Quarant’anni di autonomia. Il Trentino del Secondo Statuto (1971-2011), Milano: Franco Angeli, 55-101

Postal, Gianfranco/Guella Flavio (2011), L’autonomia in divenire. L’evoluzione dell’ordinamento provinciale dalle riforme del 2001 al federalismo fiscale, in: Marcantoni, Mauro/Postal, Gianfranco/Toniatti, Roberto (a cura di), Quarant’anni di autonomia. Il Trentino del Secondo Statuto (1971-2011), Milano: Franco Angeli, 164-199

Reggio D’Aci, Enzo (1982), La Regione Trentino-Alto Adige, Milano: Giuffré

Toniatti, Roberto (2001), L’evoluzione statutaria dell’autonomia speciale nell’Alto Adige/Südtirol: dalle garanzie della democrazia consociativa alla “autodeterminazione territoriale”, in: Marko, Joseph/Ortino, Sergio/Palermo, Francesco (a cura di), L’ordinamento speciale della provincia autonoma di Bolzano, Cedam: Padova, 34-88