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Marco Brunazzo

Verso una governance trentina multilivello?

Le elezioni per i Comuni e per le Comunità di valle nel 2010

1. Introduzione

Il 2010 è stato un anno elettorale in Trentino. Il 16 maggio (e il 30 maggio per i Comuni in cui si doveva tenere il ballottaggio) si sono tenute le elezioni amministrative, mentre il 24 ottobre (e il 7 novembre in caso di ballottaggio) ci sono state le prime elezioni per le Comunità di valle. Queste seconde elezioni, in particolare, sono state l’atto più visibile, al momento, della costituzione dei nuovi enti intermedi tra provincia e municipalità. Due diversi tipi di elezioni, due diversi livelli istituzionali, ma risultati molto prossimi: il Trentino si afferma come l’unica zona del Nord-Est del Paese in cui il centrosinistra gode di buona salute, mentre il centrodestra arranca. Inoltre, la creazione delle Comunità di valle rende la governance del Trentino più dispersa e organizzata in un sistema multilivello.

Questo articolo è strutturato in tre paragrafi. Nel primo vengono presentati i risultati delle elezioni comunali; nel secondo viene illustrato l’esito delle elezioni per le Comunità di valle; nel terzo (le conclusioni) si evidenziano alcune considerazioni generali (e di prospettiva) circa la peculiarità trentina rispetto alle regioni e province limitrofe.

2. Le elezioni comunali

La legge (nazionale) n. 81 del 25 marzo 1993 che ha introdotto l’elezione diretta del Sindaco in Italia ha avuto un notevole impatto sulla politica locale, ispirando al contempo molto da vicino anche la legge elettorale (regionale) adottata nel Trentino/Alto Adige-Südtirol. In effetti, anche in Trentino la riforma per l’elezione dei Sindaci adottata tramite la legge n. 3 del 30 novembre 1994 (modificata poi dal DPReg. 1 febbraio 2005 n. 1/L) ha indotto gran parte delle dinamiche che la riforma nazionale del 1993 ha avviato negli altri comuni italiani.

Il sistema elettorale è diverso a seconda della dimensione dei comuni. Nel caso i comuni contino fino a 3.000 abitanti, la formula elettorale adottata è di tipo maggioritario. Nella scheda sono riportati i simboli delle liste in competizione, ciascuna collegata a un candidato Sindaco. Di conseguenza, votare per una lista significa votare automaticamente per il candidato Sindaco collegato, e viceversa. Viene eletto Sindaco il candidato che ottiene più voti, e solo in caso di parità è previsto un turno di ballottaggio. Alla lista che appoggia il candidato Sindaco vincente vanno i due terzi dei seggi del Consiglio comunale, mentre il rimanente terzo è attribuito in modo proporzionale tra le restanti liste. Ora, i consigli nei comuni con meno di 3.000 abitanti sono formati da 15 consiglieri. Questo significa che la lista collegata al Sindaco vincente avrà dieci seggi, mentre le altre liste si divideranno in modo proporzionale (attraverso il metodo D’Hondt) i restanti cinque seggi. Nei comuni con meno di 3.000 abitanti il Sindaco presiede il Consiglio comunale, che nomina anche i componenti della Giunta (gli Assessori non possono essere più di quattro, due dei quali possono essere scelti esternamente al consiglio) e propone all’approvazione del consiglio gli indirizzi generali di Governo.

Nei comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, l’elezione del Consiglio comunale avviene su base proporzionale con l’assegnazione di un premio di maggioranza. Sono ammessi collegamenti tra un candidato Sindaco e più liste collegate. L’elettore ha due scelte di voto: può votare per un candidato-Sindaco e per una lista a lui collegata oppure può votare per un candidato-Sindaco senza votare una lista. La legge del 1994 prevedeva anche la possibilità di voto disgiunto, poi cancellata con la razionalizzazione introdotta nel 2005: nelle elezioni tenutesi tra il 1995 e il 2004 un elettore, cioè, poteva esprimere un voto per un candidato-Sindaco e un voto per una lista a lui non collegata. È proclamato vincitore il candidato-Sindaco che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. Se ciò non avviene, si procede a un ballottaggio tra i due candidati più votati, prima del quale le liste collegate a candidati non ammessi al ballottaggio possono decidere di collegarsi con uno dei due candidati. È quindi eletto Sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Alla lista o alle liste collegate al candidato vincente (che ottengono almeno il 40 % del totale dei voti espressi) è assegnato almeno il 60 % dei seggi del consiglio. I restanti seggi sono attribuiti tramite il metodo proporzionale D’Hondt tra le restanti liste.

Il Sindaco presiede la Giunta, formata da un numero di Assessori pari a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 3.000 e 10.000 abitanti, un numero non superiore ad 8 nei comuni con popolazione compresa tra 10.000 e 100.00 abitanti, e un numero non superiore a dieci per gli altri comuni e per il capoluogo provinciale. Anche in questo caso, il Sindaco può nominare gli Assessori esterni in numero non superiore alla metà dei componenti della Giunta. Nei comuni con più di 13.000 abitanti è prevista l’incompatibilità tra le cariche di assessore e di consigliere.

Vi sono pochi dubbi sul fatto che la legge del 1994 abbia favorito la stabilità e la governabilità dei comuni. Il Sindaco può ora contare su una maggioranza chiara che gli permetta di realizzare il suo programma di Governo. Inoltre, l’azione del Sindaco è resa più trasparente e, di conseguenza, “giudicabile” dagli elettori nelle elezioni successive. Come è stato scritto della legge elettorale nazionale n. 81 del 1993, che, come detto, guarda da vicino la legge in vigore in Trentino, la riforma del sistema di elezione dei Sindaci costituisce “un esempio di ingegneria istituzionale andato a buon fine” (Vassallo 2001, 726).

Eppure, l’adozione in Trentino di una legge elettorale di impronta maggioritaria si scontra (o rischia di scontrarsi) con le dinamiche politiche specifiche dei comuni di piccole dimensioni tipici del Trentino. Come si sa, la Provincia Autonoma di Trento è composta da 217 comuni, di cui circa la metà ha una popolazione al di sotto dei 1.000 abitanti (Tabella 1). Solamente 26 comuni hanno una popolazione superiore ai 3.000 abitanti.

Tabella 1: Le dimensioni dei comuni trentini e popolazione residente per classi di ­ampiezza demografica al censimento del 2001

Classe dimensionale

Numero comuni

Popolazione residente

Fino a 500 abitanti

51

16.884

501-1.000 abitanti

59

43.024

1.001-2.000 abitanti

64

89.156

2.001-3.000 abitanti

17

41.775

3.001-4.000 abitanti

9

30.378

4.001-5.000 abitanti

4

17.875

5.001-10.000 abitanti

8

53.387

10.001-50.000 abitanti

4

79.592

50.001-100.000 abitanti

Oltre 100.000 abitanti

1

104.946

Totale

217

477.017

Fonte: ISTAT, Censimento generale della popolazione, 2001.

Fino al 2009, i comuni erano 223. Ai sensi dell’articolo 8 della legge regionale 21 ottobre 1963, n. 29 nel 2009 è stato istituito il Comune di Ledro mediante la fusione dei Comuni di Molina di Ledro, Pieve di Ledro, Concei, Bezzecca, Tiarno di Sotto e Tiarno di Sopra, che hanno costituito l’Unione dei comuni della Valle di Ledro. Inoltre, dall’1 gennaio 2010 il Comune di Bleggio Inferiore e quello di Lomaso hanno dato origine al nuovo Comune di Comano Terme. Il 16 maggio si è votato, quindi, per l’elezione dei primi Sindaci di questi due nuovi Comuni.

La frammentazione dei comuni trentini costituisce un dato di fondo da tenere in considerazione. Non si capirebbe, altrimenti, perché sono state introdotte le nuove Comunità di valle, che sostituiscono il sistema comprensoriale ridisegnando i rapporti tra la Provincia e i Comuni, su cui si tornerà nel seguente paragrafo. Ma senza considerare l’ampia frammentazione dei municipi non si capirebbe neppure perché la legge elettorale del 1994 sia oggi sottoposta a numerose critiche. In effetti, in molti ritengono che la riforma del 1994 abbia ridotto più che aumentato la democrazia, soprattutto nei piccoli comuni (si veda il Rapporto sulla qualità della democrazia in Trentino 2008). Questa legge, infatti, è ritenuta responsabile di creare fittizie maggioranze nei piccolissimi comuni, laddove invece dovrebbe prevalere maggiormente una logica di gestione comunitaria della cosa pubblica. Per questo, molti critici evidenziano come sempre più nei piccoli comuni si presenti alle elezioni una sola lista alle elezioni, pregiudicando di fatto il risultato elettorale. Infine, la legge è vista come la causa di un disequilibrio tra le funzioni della Giunta e quelle del Consiglio comunale, spesso risolto a favore della prima attraverso la “mortificazione” del secondo.

Queste critiche non sono prive di fondamento. I dati mostrano come nei piccoli comuni il numero delle liste presentatesi alle elezioni si sia ridotto notevolmente dall’adozione della legge del 1994 in poi: nel ciclo elettorale 1985-1989, due liste erano presenti solamente nel 36,6 % dei comuni, nel ciclo 1990-1994 nel 45,5 %, e nei cicli seguenti in più del 50 % dei comuni (o poco meno nel periodo 2005-2007). Allo stesso tempo, il numero dei comuni in cui manca la competizione elettorale cresce di dieci volte nel periodo immediatamente successivo all’introduzione della riforma elettorale (dai cinque casi del periodo 1990-1994 ai 51 del periodo 1995-1999), per aumentare ulteriormente nel ciclo 2000-2004 (56) e ancora nel ciclo 2005-2007 (79) (Brunazzo 2008).

Con queste dinamiche gioca un ruolo rilevante la dimensione dei comuni, anche se non è da escludere che alcuni altri fattori debbano essere presi in considerazione, come la perdita di capacità di mobilitazione dei partiti politici, la loro limitata presenza sul territorio provinciale, una certa instabilità del sistema partitico a livello provinciale, o la perdita di interesse dei cittadini per la politica. Al contempo, ciò che è vero per i comuni di limitate dimensioni non è vero nei comuni di dimensioni relativamente grandi, in cui cresce la frammentazione, a dimostrazione del fatto che, da una parte, la competizione politica può dispiegarsi meglio laddove le dimensioni dei comuni lo consentono e che, dall’altra, la frammentazione del sistema di partito trentino è andata crescendo negli ultimi anni. Con questo contesto istituzionale di sfondo si collocano le elezioni comunali del 2010, che hanno riguardato 286.922 elettori residenti in 204 comuni.

Per quanto riguarda il contesto politico, il primo dato da segnalare è l’elevata presenza di liste civiche, dovuta, probabilmente, a tre fattori. Il primo è la legge elettorale: se, da una parte, questa enfatizza il ruolo dei partiti tradizionali nella scelta del candidato Sindaco, dall’altra ne riduce il potere nella fase di formazione del Governo locale. Ciò è dovuto alla crescente personalizzazione del voto, che ha comportato anche una minore politicizzazione della scelta della Giunta comunale. Questa dinamica apre spazi di manovra a nuovi soggetti politici, permettendo loro di guadagnare il consenso degli elettori meno ideologizzati e politicizzati, e per questo più attenti ai problemi di uno specifico territorio e alle personalità dei candidati. Il secondo fattore può essere identificato nelle difficoltà dei partiti politici tradizionali, che sempre di più faticano a essere presenti sul territorio e a costituire un riferimento ideologico e culturale saldo. Infine, il terzo fattore è identificabile nella frammentazione dell’offerta partitica, soprattutto nei grandi comuni: maggiore è il numero dei partiti e maggiore è la dispersione del voto, maggiori sono le possibilità per le liste civiche di diventare attori importanti nella creazione delle coalizione nella fase post-elettorale. Se, di per sé, la presenza delle liste civiche non può essere considerata un limite, dall’altra essa rende meno chiari i risultati finali per le tradizionali forze politiche (Tabella 2).

Tabella 2: L’offerta politica nei comuni con più di 3.000 abitanti in cui si è votato il 16 maggio 2010

Comune

Numero candidati Sindaco

Numero liste presentate

Ala

7

12

Arco

4

16

Avio

3

9

Baselga di Pinè

5

8

Brentonico

3

6

Cavalese

2

10

Dro

4

7

Ledro

5

9

Levico Terme

4

9

Mezzocorona

3

4

Mori

5

11

Pinzolo

4

6

Predazzo

5

10

Riva del Garda

6

14

Rovereto

8

15

Storo

4

10

Tione di Trento

3

7

Villa Lagarina

3

3

In effetti, queste elezioni comunali sono state considerate dai partiti politici come un importante test del loro consenso elettorale, sia dentro che fuori le coalizioni. Ovviamente il centrodestra sperava di interrompere la serie negativa di sconfitte registrate in particolare negli ultimi due anni, nel 2008 alle elezioni provin­ciali e nel 2009 nelle elezioni comunali di Trento. Inoltre, Pdl e Lega Nord confidavano che dalle urne venisse fuori una chiara indicazione su quale sia il partito principale di opposizione. Specularmente, Unione per il Trentino (Upt) e Pd speravano di trovarvi alcune indicazioni risolutive per la loro competizione infracoalizionale. Che queste elezioni siano state di per sè anche un terreno di competizione tra partiti coa­lizzati a livello provinciale lo si è visto dall’offerta politica. Nel centrodestra, il Pdl e la Ln hanno sostenuto in molti comuni candidati diversi, e altrettanto hanno fatto Pd e Upt. Inoltre, il Pdl e l’Upt hanno preferito declinare il loro impegno promuovendo liste civiche, mentre Pd e Ln hanno preferito presentare il loro simbolo. Per quanto riguarda l’Upt, il fatto che, nonostante la sua caratterizzazione di partito territoriale, non abbia presentato il suo simbolo in numerosi comuni può essere inteso come un elemento problematico per quel partito.

Quale responso hanno dato le urne? L’affluenza complessiva è stata in leggero calo, soprattutto a causa della declinante partecipazione nei grandi comuni, e questo nonostante il fatto che proprio in questi comuni l’offerta politica era maggiormente variegata. A Rovereto hanno votato il 68,48 % degli aventi diritto (contro il 70,15 % delle precedenti comunali), a Riva del Garda il 65,65 % (contro il 70,15 %), ad Arco il 72,15 % (contro il 73 %), ad Ala il 76,11 % (contro il 79,07 %). Cali della partecipazione si sono registrati anche ad Avio, a Brentonico, a Cavalese, a Lavis, a Levico, a Mori e a Storo. Nei piccoli comuni, il panorama è più diversificato. In tutti i 41 comuni con un unico candidato Sindaco, il quorum del 50 % è stato raggiunto: la partecipazione è stata leggermente al di sotto della media, pur essendo molto elevata in alcuni casi (85,28 % a Cunevo, 80,71 % a Terzolas) e molto bassa in altri (a Calceranica hanno votato solamente il 50,38 % degli aventi diritto).

Anche per quanto riguarda la presenza di schede bianche e nulle, in questi comuni non si sono registrati andamenti particolari. La percentuale di elettori che, pur andando alle urne, hanno preferito non assegnare il loro voto al candidato Sindaco è leggermente più alta della media complessiva dei comuni trentini. L’intervallo resta al contempo molto ampio: si va dalla totale mancanza di schede bianche e nulle ad Amblar al 26,28 % registrato a Soraga. Questo rende difficile sostenere con certezza che laddove si registrano meno candidati alla carica di Sindaco gli scontenti, pur andando a votare, affidano alla scheda bianca o nulla la distrazione del loro dissenso. Questa spiegazione resta ciò nondimeno plausibile, anche se andrebbe probabilmente correlata con altri fattori di natura assolutamente locale.

I risultati sono di non facile interpretazione. Il combinato disposto della natura della competizione (si trattava di eleggere prima di tutto buoni amministratori dei municipi), delle dimensioni (ridotte) dei comuni e della presentazione di (numerose) liste civiche ha prodotto un quadro confuso che consente a tutte le forze politiche di interpretare i risultati in loro favore. Si prenda ad esempio il cado dell’Upt: secondo il Presidente della Provincia, e fondatore di questo partito, Lorenzo Dellai, le urne mostrano come non si possa parlare di una sua crisi, mentre secondo il senatore della Ln Sergio Divina si deve parlare di un suo vero e proprio “naufragio”. Certamente, i risultati possono offrire comunque notevoli spunti di riflessione sullo “stato di salute” dell’Upt. Stando ai dati forniti dallo stesso partito, 40 sono i Sindaci dei comuni con meno di 3.000 abitanti che posseggono la tessera dell’Upt (Patruno 2010a). Rimane, però, molto difficile capire se queste vittorie possano essere attribuite espressamente all’Upt o se, invece, non abbiano contato altre dinamiche (come la scelta di candidati forti, la capacità aggregativa della coalizione proposta o questioni del tutto locali). La stessa composizione delle liste civiche è più diversificata di quanto a prima vista possa apparire, fatta com’è di persone riconducibili a diversi trascorsi politici e non tutti di area margheritina.

La terza questione riguarda il fatto che l’Upt esca indebolita dalla consultazione in molti centri urbani (Rovereto, Riva, Arco, Mori, solo per citare alcuni esempi) (Guarnieri 2010). Lorenzo Dellai ha così letto questi risultati: “Anche alle Regionali l’Upt aveva avuto risultati molto limitati nei centri urbani ed è rimasto così. Teniamo conto che peraltro sono dinamiche elettorali che vanno e vengono per tutti. Anche il Pd ha fatto in qualche realtà peggio che alle Regionali, in altre meglio. Esattamente come l’Upt” (Gottardi 2010).

Ciò di cui si può essere relativamente sicuri è che, nel complesso, queste elezioni abbiano sancito una vittoria del centrosinistra e una nuova sconfitta per il centrodestra, come mostrano i risultati dei principali comuni in cui si è votato (Tabella 3).

Tabella 3: Risultati delle elezioni amministrative 2010 nei principali comuni con più di 3.000 abitanti

Ala

Arco

Levico

Mezzo­corona

Riva del Garda

Rovereto

Sindaco eletto (coalizione)

Luigino Peroni
(CS)

Paolo Mattei
(CS)

Giampiero Passamani (CS)

Mauro ­Fiammozzi (Civ)

Adalberto Mosaner (CS)

Andrea Miorandi (CS)

Principali partiti politici

Upt

14,34***

5,93

25,43

-

9,07

5,95*

Pd

12,41

12,57

15,32

8,59

21,01

19,17

Patt

5,91

12,40

18,55****

-

6,26

4,02

Idv

-

3,89

-

-

3,50

2,04

Pdl

-

5,53

3,66

-

7,62

11,10

Ln

13,29

5,47

9,18

7,89

6,89

4,08

Note: * Unione per Rovereto; ** Unione per Riva; *** Unione per Ala; **** Impegno per Levico – PATT.

Legenda: CS: centrosinistra; Civ: liste civiche; Upt: Unione per il Trentino; Pd: Partito democratico; Patt: Partito autonomista trentino tirolese; Idv: Italia dei valori; Pdl: Popolo della libertà; Ln: Lega Nord.

A ben vedere, però, anche per il centrosinistra non mancano aspetti problematici, anche se più legati a dinamiche coalizionali. In cinque dei 19 comuni sopra i 3.000 abitanti in cui si è votato (Arco, Ledro, Ala, Mori e Baselga di Pinè) sono finiti al ballottaggio candidati sostenuti dai diversi partiti che compongono la coalizione che sostiene il Governo provinciale. Ballottaggi poi risolti tutti a favore del Pd nel secondo turno che si è tenuto il 30 maggio. Il dato è stato così commentato da Alberto Pacher, Vicepresidente della Provincia e esponente di punta del Pd: “È stato un risultato inaspettato per le dimensioni e dimostra, a chi ancora sosteneva il contrario, che il Pd è un partito straterritoriale, direi il vero partito territoriale del Trentino” (Patruno 2010b). Nel centrosinistra rimane quindi aperta la questione di quale sia il “vero” partito territoriale e, soprattutto, si aprono diversi scenari in vista delle elezioni per la Provincia di Trento del 2013, sia in termini coalizionali (l’Upt e il Pd continueranno formare una coalizione o adotteranno strategie divergenti?) sia per quanto riguarda il candidato alla presidenza della Provincia di Trento (da quale partito proverrà?).

3. Le elezioni per le Comunità di valle

Nel 2010 si sono tenute le prime elezioni per le Comunità di valle. Come dice la legge istitutiva, la Comunità di valle è un “ente pubblico costituito dai comuni appartenenti al medesimo ‘territorio’ per l’esercizio di funzioni, compiti, attività e servizi nonché, in forma associata obbligatoria, delle funzioni amministrative trasferite ai comuni”1. Essa si basa sulla promozione e il rispetto dei principi di sussidiarietà (secondo cui i compiti di gestione amministrativa devono essere affidati all’ente più vicino alla cittadinanza, cioè all’ente locale), di differenziazione (secondo cui occorre un sistema diversificato al fine di tenere conto delle caratteristiche specifiche dell’ente considerato) e di adeguatezza (secondo cui se l’ente non è adeguato a realizzare una funzione o un servizio richiede un’organizzazione particolarmente complessa, la funzione passa alla competenza dell’ente superiore). L’obiettivo delle Comunità di valle è quello di avvicinare ai cittadini il luogo della decisione, favorendo una effettiva partecipazione democratica. Secondo lo schema adottato, la potestà legislativa rimane in capo alla Provincia, mentre la potestà amministrativa viene affidata alle altre istituzioni decentrate.

Le Comunità di valle sostituiscono gli undici comprensori. Esse si occupano di

a) assistenza scolastica ed edilizia scolastica relativa alle strutture per il primo ciclo di istruzione;

b) assistenza e beneficenza pubblica, compresi i servizi socio-assistenziali, nonché il volontariato sociale per servizi da gestire in forma associata, ed esclusi gli accreditamenti di enti e strutture e le attività di livello provinciale da identificare d’intesa con il Consiglio delle autonomie locali;

c) edilizia abitativa pubblica e sovvenzionata;

d) urbanistica, ad esclusione delle funzioni amministrative attinenti ad opere di competenza dello Stato, della Regione e della Provincia nonché delle funzioni di pianificazione urbanistica di livello provinciale, fermo restando quanto previsto dal comma 9, e delle funzioni di vigilanza e tutela compatibili con l‘ordinamento dei comuni e con la Costituzione;

e) espropriazioni per le opere o gli interventi d‘interesse locale a carattere sovracomunale;

f) programmazione economica locale e gestione amministrativa e finanziaria delle leggi di intervento nei settori economici per quanto riguarda il rispettivo ambito territoriale, secondo quanto stabilito dalle intese e dagli accordi di programma previsti dai commi 9 e 10; programmazione socio-economica dello sviluppo prevista per le comunità montane dalla legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (Nuove norme per lo sviluppo della montagna);

g) azioni e attività di interesse locale nell’ambito delle politiche provinciali, attribuite dalla legge o dagli accordi di programma previsti dal comma 9 nelle materie: agricoltura, foreste e alpicoltura, incremento della produzione industriale, sviluppo della montagna, artigianato, fiere e mercati, miniere, cave e torbiere, turismo e commercio;

h) infrastrutture di interesse locale a carattere sovracomunale, comprese le infrastrutture scolastiche;

i) opere e interventi di interesse locale a carattere sovracomunale relativi alla prevenzione dei rischi, alla protezione, alla gestione dell’emergenza e al ripristino definitivo dei danni derivanti da calamità pubbliche;

j) servizi pubblici di interesse locale per quanto non già di competenza dei comuni, fermo restando quanto previsto dal comma 7, e in particolare: ciclo dell’acqua, con particolare riguardo ai servizi di acquedotto, fognatura e depurazione; ciclo dei rifiuti; trasporto locale; distribuzione dell’energia;

j bis) ulteriori funzioni individuate di intesa con il Consiglio delle autonomie locali, previo parere della competente commissione permanente del Consiglio provinciale; per tali funzioni la Provincia può mettere a disposizione personale provinciale.

La Provincia di Trento è stata divisa quindi in sedici territori, individuati in considerazione della continuità territoriale, dell’omogeneità culturale, storica, sociale, economica, infrastrutturale e orografica, oltre che dell’adeguatezza rispetto all’esercizio delle funzioni attribuite (Fig.1).

Fig. 1: I territori delle Comunità di valle.

Dal punto di vista istituzionale, una comunità è costituita da un’assemblea, un pre­sidente, un organo esecutivo e da una conferenza dei Sindaci. L’assemblea è l’organo di indirizzo politico-amministrativo della Comunità: approva i regolamenti dell’ente, gli atti di indirizzo e programmazione, i piani e le linee strategiche per l’organizzazione dei servizi, dei bilanci e dei rendiconti di gestione. Il presidente rappresenta l’ente, nomina l’organo esecutivo, presiede l’assemblea e l’organo esecutivo ed è membro di diritto del Consiglio delle autonomie locali. L’organo esecutivo è composto dal presidente e da un numero variabile di componenti, che va da un minimo di tre ad un massimo di cinque (sette per le Comunità con più di 21 comuni). Gli statuti delle Comunità nel cui territorio sono compresi i Comuni di Fierozzo, Frassilongo, Palù del Fersina e Luserna, possono prevedere che l’organo esecutivo sia composto da un ulteriore componente in rappresentanza delle minoranze mochena e cimbra. L’organo esecutivo governa l’ente e ne gestisce tutte le attività.

Nel 2009 è stata approvata un’importante modifica della legge di riforma istituzionale che ha introdotto l’elezione diretta di una parte degli organi delle Comunità. Essa prevede che il presidente e i 3/5 dell’assemblea siano eletti dalla popolazione di ciascun territorio, a suffragio universale. I restanti 2/5 dell’assemblea sono invece nominati dai Consigli comunali del territorio.

Il numero dei componenti dell’assemblea è diverso per ciascuna Comunità, in base al numero dei comuni compresi nel suo territorio. Ciascun comune del territorio nomina un proprio rappresentante nell’assemblea e la somma di tali componenti costituisce i 2/5 dell’assemblea. Da tale numero sono calcolati i 3/5 dell’assemblea, che assieme al presidente, sono eletti direttamente (Tabella 4). L’elezione dei 2/5 dell’assemblea in rappresentanza dei comuni verrà effettuata successivamente all’elezione diretta del presidente e dei 3/5 dell’assemblea.

Tabella 4: I componenti delle assemblee delle Comunità di valle

Nome della Comunità di valle

Numero

dei comuni

2/5 nominati dai consigli comunali

Presidente + 3/5 (eletti direttamente)

Numero totale dei componenti

Territoriale Valle di Fiemme

11

11

1+17

29

Primiero

8

8

1+12

21

Valsugana e Tesino

21

21

1+32

54

Alta Valsugana e Bersntol

18

18

1+27

46

Cembra

11

11

1+17

29

Valle di Non

38

38

1+57

96

Val di Sole

14

14

1+21

36

Giudicarie

39

39

1+59

99

Alto Garda e Ledro

7

7

1+11

19

Vallagarina

17

17

1+26

44

Magnifica ­Comunità Altipiani Cimbri

3

3

1+5

9

Rotaliana – ­Königsberg

8

8

1+12

21

Paganella

5

5

1+8

14

Valle dei Laghi

6

6

1+9

16

Il Comun General de Fascia gode di una speciale autonomia, data la presenza di una considerevole minoranza ladina. L’articolo 19 della L.P. n. 3/2006 detta “Disposizioni speciali per le popolazioni di lingua ladina, mochena e cimbra” e il suo primo comma recita: “Nel territorio coincidente con quello dei Comuni di Campitello di Fassa – Ciampedel, Canazei – Cianacei, Mazzin – Mazin, Moena – Moena, Pozza di Fassa – Poza, Soraga – Soraga e Vigo di Fassa – Vich, dove è insediata la popolazione di lingua ladina, è costituito il Comun General de Fascia secondo le disposizioni previste da questa legge per le Comunità, ad eccezione di quanto disposto da quest’articolo.” Le istituzioni del Comun General de Fascia sono stabilite dallo Statuto della Comunità di valle stessa e sono: il Procurador, il Consei di Ombolc (formato dai sette Sindaci dei Comuni di Fassa, è presieduto dal Procurador; si tratta di un organo con funzioni di carattere propositivo e di indirizzo politico e di raccordo fra le amministrazioni comunali e il Comun General de Fascia) e il Consei General (composto dal Procurador e da altri 30 membri, ossia nove consiglieri eletti direttamente dalla popolazione, di cui uno è il primo candidato Procurador non eletto a tale carica, i sette Sindaci e due rappresentanti per ogni Comune di Fassa nominati dai rispettivi Consigli comunali).

La legge elettorale per le Comunità ricalca da vicino quella regionale per l’elezione dei comuni con più di 3.000 abitanti. L’elettore utilizza un’unica scheda per il presidente e per i candidati alla carica di componente dell’assemblea; può votare un presidente e una lista ad esso collegata (ma non è ammesso il voto disgiunto); può inoltre esprimere fino a due preferenze per candidati alla carica di componente dell’assemblea appartenenti alla lista votata, senza alcun vincolo “di genere”.È eletto presidente il candidato che ha ottenuto il 50 % più uno dei voti validi. Se questa soglia non è raggiunta, si tiene un ballottaggio tra i due candidati più votati al primo turno. I seggi sono ripartiti con il sistema proporzionale, ma alle liste collegate al presidente eletto sono attribuiti comunque almeno il 60 % dei seggi (premio di maggioranza); in ogni caso, le liste collegate al presidente eletto non possono contare più del 70 % dei seggi.

Entro i trenta giorni successivi alle elezioni, i comuni del territorio nominano ciascuno il proprio rappresentante nell’assemblea. I rappresentanti dei comuni possono essere consiglieri comunali e Sindaci o esterni in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità previsti per i consiglieri comunali. In caso di mancata nomina del 2/5 dei membri, l’assemblea è comunque validamente costituita, ma può esercitare per trenta giorni solamente le funzioni di ordinaria amministrazione e può adottare atti urgenti. Decorsa anche questa seconda scadenza, l’assemblea assume pienezza di funzioni, anche se non sono ancora nominati tutti i componenti in rappresentanza dei comuni.

L’introduzione delle comunità di valle è stata discussa molto a lungo a livello provinciale, ma era stata scarsamente compresa dai politici a livello comunale (Brunazzo 2007) e sostanzialmente ignorata dalla gran parte degli elettori. Le polemiche che ne erano seguite avevano spinto il Presidente della Provincia Dellai a “metterci la faccia” (Patruno 2010c).

Per quanto riguarda l’offerta politica, i partiti del centrosinistra hanno deciso di individuare i loro candidati presidenti per lo più tra persone non tesserate, probabilmente per evitare le divisioni registrate nelle elezioni comunali di maggio. Per questo, il Pd aveva proposto che “A livello di coalizione occorresse arrivare ad un accordo di metodo e anche di merito per una presenza in tutte le comunità, superando le alleanze variabili e coinvolgendo tutte le componenti della coalizione. C’è la consapevolezza che nelle recenti comunali si siano registrate delle contrapposizioni all’interno della coalizione e anche per questo è necessaria una forte regia provinciale, che sappia però maturare risultati condivisi in ciascuna comunità” (Pinter 2010). È da notare che la lista del Pd è stata esclusa in val di Fiemme ed era presente con la civica “Lavoro” in val di Cembra e “Vita Nova” in Primiero; Pd, Upt e Patt non hanno presentato liste con il loro simbolo, poi, nella Comunità della Paganella e nella Magnifica Comunità Altipiani Cimbri.

Sul versante del centrodestra, la Ln decide di presentare le sue liste autonome dal Pdl, sottolineando come “La Lega che corre da sola è un segnale molto importante perché mostra il carattere peculiare di questo partito che è la territorialità, e il fatto che in ognuna delle Comunità di Valle sia realizzata una lista con il simbolo del partito (che porta avanti i nostri valori e garantisce la coerenza con quanto da sempre i cittadini chiedono) ne è la dimostrazione” (Lega Nord 2010). La Ln presenta i suoi candidati in 13 Comunità su 14, tranne in Valle di Sole, dove punta sull’ex consigliere provinciale di Forza Italia, Flavio Mosconi. Il Pdl è presente con il suo simbolo solo in Vallagarina, Primiero e Alto Garda. Altrove, è presente in liste civiche che sostengono candidati di centrodestra.

Il 24 ottobre 2010 si è quindi votato. Sono stati chiamati alle urne 322 mila elettori, residenti in tutto il Trentino, tranne che nella Valle dell’Adige e in Val di Fassa. Nel primo caso, perché il territorio non costituisce una comunità, anche se i comuni che ne fanno parte devono stipulare obbligatoriamente tra loro un’apposita convenzione per l’esercizio associato delle funzioni trasferite dalla Provincia. Nel secondo caso, perché le elezioni si erano già tenute a maggio 2010, in concomitanza con le elezioni comunali.

La partecipazione è stata particolarmente bassa: solamente il 44,5 % degli elettori aventi diritto si è recata a votare, un dato certamente letto unanimemente in modo non positivo, ma che, a giudizio di alcuni, non prefigura di per sé un esito negativo della riforma istituzionale. È probabile che l’astensione vada collegata o a una forma di protesta contro quella che da molti è stata percepita come una riproposizione della non positiva esperienza dei comprensori, o a una sfiducia più generale circa la necessità di un ente intermedio tra Provincia e municipi. Nei giorni precedenti le elezioni sulla stampa locale molti erano stati gli interventi scettici nei confronti di questa riforma. E, anche nei giorni seguenti, alcuni esponenti di centrodestra continuarono a chiedere il ritiro della riforma (per esempio, la Ln).

I risultati sono stati, anche questa volta, favorevoli al centrosinistra. Al primo turno, il centrosinistra si è aggiudicato 10 comunità. Vincerà anche in una ulteriore Comunità delle due andate al ballottaggio, che si è tenuta 15 giorni dopo il primo turno. Il risultato complessivo mostra un riequilibrio di voti tra le forze del centrosinistra autonomista: l’Upt conquista il 23,4 % dei voti validi, il Pd il 19,9 %, il Patt il 17,8 %. Molto bene è andata anche la Ln, con il 10,5 % dei consensi (Tabella 5).

Tabella 5: I risultati delle elezioni nelle Comunità di valle

Territoriale Valle di Fiemme

Primiero

Valsugana e Tesino

Alta Valsugana e Bersntol

Cembra

Presidente eletto ­(coalizione)

Raffaele Zancanella (Civ)

Cristiano Trotter (CS)

Sandro Dandrea (CS)

Mauro Dallapiccola (CS)

Aurelio Michelon (CS)

Principali partiti

Upt

19,08

38,69

23,99

22,84

29,84

Pd

15,23

17,19

22,57*

Patt

13,58

11,99

21,79

25,88

30,29

Pdl

5,05

Ln

6,42

5,22

11,73

9,31

14,62

Note: * Lavoro per la valle di Cembra.

Legenda: CS: centrosinistra; Civ: liste civiche.

Valle di Non

Val di Sole

Giudicarie

Alto Garda e Ledro

Vallagarina

Presidente eletto ­(coalizione)

Sergio Menapace
(CS)

Alessio Migazzi (CS)

Patrizia Ballardini
(CS)

Salvador Valandro
(CS)

Stefano Bisoffi (CS)

Principali partiti

Upt

29,79

15,53

29,51

21,43

20,86

Pd

14,48

13,72

29,94

36,61

24,50

Patt

27,94

20,57

10,24

14,26

12,07

Pdl

8,66

4,62

Ln

6,39

13,12

10,08

13,92

Legenda: CS: centrosinistra; Civ: liste civiche.

Magnifica Comunità
altipiani cimbri

Rotaliana – Königs­berg

Paganella

Valle dei Laghi

Presidente eletto ­(coalizione)

Michael Rech
(Civ.)

Gianluca Tait
(CS)

Donata Sartori
(Civ.)

Luca Sommadossi
(CS)

Principali partiti

Upt

19,71

25,55**

Pd

20,62

16,95

Patt

19,00

13,53

Pdl

Ln

37,92

12,39

21,62

6,66

Note: ** Unione per la Valle dei Laghi.

Legenda: CS: centrosinistra; Civ: liste civiche.

4. Conclusioni

I risultati delle elezioni comunali e quelle per l’elezione delle Comunità di valle offrono l’occasione per fare il punto della situazione sulla politica trentina. Esse sono state l’ultima vera occasione di confronto tra le forze politiche prima delle prossime elezioni provinciali del 2013, che, oltre a essere le elezioni più rilevanti per la politica locale, registreranno anche l’impossibilità di una ricandidatura dell’attuale presidente Lorenzo Dellai. Egli, infatti, ha raggiunto il limite massimo dei due mandati consentiti dalla legge. È probabile che i risultati delle elezioni tenutesi nel 2010 allungheranno la loro ombra fino al 2013 e diventeranno un argomento di discussione nella scelta del nuovo presidente e della coalizione che lo sosterrà.

La prima questione da enfatizzare riguarda la peculiarità del Trentino rispetto alle regioni e province limitrofe. Nel contesto del Nord-Est del Paese, il Trentino è l’unica provincia in cui il centrosinistra rimane la forza politica preminente. Se, da una parte, questo risultato va ricondotto alla tradizione autonomistica della Regione (Brunazzo/Fabbrini 2005), dall’altra vi sono elementi contingenti che contribuiscono a spiegare questa peculiarità.

Prima di tutto, la debolezza del Pdl trentino. Come sostengono alcuni esponenti del Pdl stesso, il contesto autonomistico dovrebbe consentire di svincolare il Pdl trentino dall’organizzazione nazionale del partito, che resta invece fortemente centralizzata nelle mani del suo presidente, Silvio Berlusconi. La nomina al ruolo di coordinatore provinciale di una personalità esterna al contesto locale come il deputato Maurizio Del Tenno non sembra, secondo questi esponenti, aver garantito il radicamento del partito.

Per questo motivo, la Ln sta affermandosi come il primo partito del centrodestra in Trentino. Sebbene non raggiunga le percentuali di successo proprie di altre province limitrofe, la Ln mostra anche in Trentino una presenza molto capillare sul territorio, che le consente di poter essere presente in quasi tutte le elezioni a diversi livelli con il suo simbolo. È probabile che nei prossimi mesi si assisterà a un aumento della competizione tra i due principali partiti del centrodestra, soprattutto con l’avvicinarsi delle scadenze per le elezioni provinciali.

Allo stesso tempo, i buoni risultati che il centrosinistra registra al momento potrebbero essere messi in discussione dalle dinamiche politiche locali e nazionali. Pd e Upt hanno vinto in molti dei comuni trentini, soprattutto nei più importanti. La competizione per la primazia nel centrosinistra evidenziata dalla scelta dei candidati nelle elezioni comunali ha però lasciato i suoi segni, parzialmente superati nelle elezioni per le Comunità di valle. Va da sé che è assai probabile che l’impossibilità di ricandidarsi di Dellai ridurrà la coesione del centrosinistra in vista delle Provinciali, e che la nomina del nuovo candidato presidente potrebbe essere causa di fratture. Allo stesso tempo, l’attenzione con cui l’Upt guarda alla nascita dell’Api e del “Terzo polo” a livello nazionale potrebbe rendere ancora più instabile la coalizione finora uscita vincitrice da quasi tutte le sfide elettorali degli ultimi anni. Infine, il successo del Patt nelle diverse consultazioni avvenute nel 2010 rende probabilmente questo partito indispensabile per la continuazione della serie positiva di vittorie della coalizione di centrosinistra.

La seconda questione da enfatizzare riguarda le Comunità di valle, che, nei prossimi mesi, compiranno importanti passi nella loro definitiva costruzione. Ora, si può essere relativamente sicuri nell’affermare che non tutte le Comunità di valle funzioneranno allo stesso modo. Alcune di esse sono già ora più “avanti” di altre: alcune Comunità hanno già registrato un trasferimento di funzioni e hanno visto la soppressione del corrispondente comprensorio (Alta Valsugana e Bernstol, Giudicarie, Primiero, Val di Non e Valle di Fiemme); alcune hanno adottato i primi atti per il trasferimento di funzioni (Altopiano di Folgaria Lavarone e Luserna, Cembra, Comun General de Fascia, Paganella, Rotaliana Koenisberg, Valle dei Laghi, Valle di Sole, Valsugana e Tesino), altre sono leggermente più in ritardo (Comunità della Vallagarina, Comunità dell’Alto Garda e Ledro). In altri termini, il rendimento istituzionale delle Comunità sarà con ogni probabilità diverso.

La prima (e forse più importante) sfida che accomuna le nuove istituzioni intermedie trentine sarà non solamente quella di completare il processo di istituzionalizzazione, quanto piuttosto quella della creazione di reali Comunità. Di questa sfide sembra prima di tutto consapevole la Provincia stessa. In un documento stilato assieme al Consiglio delle autonomie locali (mimeo), si scrive che sarà indispensabile “far lavorare insieme, fianco a fianco, gli amministratori e i dipendenti provinciali con gli amministratori e i dipendenti comunali e comprensoriali, con l’obiettivo di: investire sulla capacità di tutti di ‘fare squadra’, indipendentemente dall’ente nel quale si opera; eliminare inutili barriere, spesso erette nel tempo per ragioni che il tempo trascorso non consente neppure di ricordare; rafforzare la convinzione che l’unico criterio di giudizio con il quale la riforma sarà valutata sarà alla fine il grado di soddisfazione dei cittadini trentini”. In altre parole, si tratta di fare del Trentino un sistema di governance multilivello, in cui le arene decisionali non siano più organizzate tra di loro in modo gerarchico ma secondo un logica di network.

Sono queste sfide non da poco. Che rendono, però, la politica trentina interessante.

Note

1 Si tratta della Legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3, “Norme in materia di Governo dell’autonomia del Trentino” pubblicata sul Bollettino ufficiale del 27 giugno 2006, n. 26, suppl. n. 3.

Riferimenti bibliografici

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Brunazzo, Marco/Fabbrini, Sergio (2005). La geografia elettorale: l’egemonia democristiana, in: Leonardi, Andrea/Pombeni, Paolo (a cura di): Storia del Trentino. L’Età contemporanea. Il Novecento, Bologna, il Mulino, 255-280

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Guarnieri, Nicola (2010). Pd primo partito in città. Upt, invece, non pervenuto, in: “L’Adige”, 18 maggio, 6

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Patruno, Luisa (2010a). Upt con 40 Sindaci nei piccoli comuni, in: “L’Adige”, 3 giugno, 19

Patruno, Luisa (2010b). È il Pd il partito territoriale trentino, in: “L’Adige”, 1 giugno, 4

Patruno, Luisa (2010c). Dellai: “Io ci metto la faccia”, in: “L’Adige”, 17 ottobre, 14

Pinter, Roberto (2010). Le Comunità di valle. La proposta del Partito Democratico del Trentino, intervento alla Scuola di formazione politica di Terzolas, 23-24-25 luglio,

Provincia Autonoma di Trento e Consiglio per le Autonomie locali (mimeo), Fare Comunità – Progetto di accompagnamento e sostegno all’avvio del processo di riforma del sistema istituzionale trentino.

Vassallo, Salvatore (2001). Sistema elettorale, in: Vandelli, Luciano, Tessaro, Tiziano, Vassallo, Salvatore (a cura di): Organi e sistema elettorale. Commenti al T.U. sull’ordinamento degli enti locali, Rimini: Maggioli editore, 726-252.

Abstracts

Die Gemeindewahlen und die Wahlen der „Comunità di valle“ im Jahr 2010

Der Artikel legt die Resultate der Gemeindewahlen und der „comunità di valle“ (Bezirksgemeinschaften) des Jahres 2010 im Trentino dar. Der erste Teil des Textes widmet sich den Gemeindewahlen und präsentiert das zur Anwendung gekommene Wahlgesetz, die Angebote der Politik und die grundlegenden Resultate. Im zweiten Teil werden die Wahlen der „comunità di valle“ analysiert und ihre systemische Valenz hervorgehoben. Von der politischen Warte aus gesehen, bleibt das Trentino die einzige Provinz Nordostitaliens, in der das Mitte-links-Lager seine Position in der Lokalpolitik festigen kann. Von einer institutionellen Warte aus gesehen, steuert das Trentino durch die neuen „comunità di valle“ in Richtung „multilevel system“-Regierung.

Les lîtes de comun y dles comunitês de val dl 2010

L’articul presentëia i resultać dles lîtes de comun y dles comunitês de val dl 2010 tla provinzia de Trënt. La pröma pert trata la lege litala, l’oferta politica y i resultać prinzipai dles lîtes de comun. Tl secundo paragraf vëgnel splighé les lîtes dles comunitês de val, sotrissan le valur dl sistem de lîta. Dal punt d’odüda politich é le Trentin la sóra provinzia dl nord-ost talian, olache le zënter-man ciampa consolidëia sües posiziuns ti governs locai. Cun les comunitês de val nöies va le Trentin dal punt d’odüda istituzional devers de n sistem de governance a deplü livì.

The municipal election and the election
of the new Valley Community in 2010

The article addresses the main results of the municipal election and the 2010 election of the new Valley Community that has taken place in Trentino. In the first paragraph, the article focuses on the municipal election, looking at electoral law, the political offering, and the principal results. In the second paragraph, it presents the Valley Community election, emphasizing its systemic value. From a political point of view, Trentino remains the only province in northeastern Italy in which the center-left consolidates its positions in the local governments; from an institutional point of view, Trentino is heading toward a multilevel system of governance.