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Marco Brunazzo

Il Trentino e il Covid-19:
le policies incerte di fronte alla pandemia

Trentino and Covid-19: uncertain policies in the face of the pandemic

Abstract Trentino’s response to the crisis posed by the pandemic was characterized by many elements similar to those that have characterized the actions of the national government: unpreparedness, centralization (if not personalization) of decision-making processes, and the appointment of numerous task forces. To these factors, one should add two local specificities: the politicization of relations between the national and provincial governments, and the conflict over the attribution of competences in health and economic matters. This made Trentino’s actions in the face of the crisis reactive (rather than proactive) and uncertain.

1. Introduzione

La pandemia del Covid-19 ha sorpreso il Trentino non meno dell’Italia. E, come ­l’Italia, il Trentino si è trovato fondamentalmente impreparato per farvi fronte. Per questo, le risposte date dalla Provincia autonoma di Trento (PAT) a questa sfida epocale sono state relativamente lente e improntate a un approccio di tipo incrementale, esattamente come nel resto del Paese (Capano 2020). Anche il processo di riconoscimento del problema della pandemia è stato lungo e articolato. In particolare, esso è passato attraverso varie fasi di riflessione: negazione (per cui “non sta succedendo nulla di grave”), normalizzazione (secondo cui “il problema non riguarda noi”), rea­zione limitata (che comporta il “far vedere che prendiamo delle decisioni”), riconoscimento (“il problema esiste”) e riformulazione (“il problema è anche nostro e dobbiamo affrontarlo”).

L’incertezza con cui la Giunta provinciale trentina di centrodestra guidata dal Presidente leghista Maurizio Fugatti riflette alcune deficienze strutturali del sistema italiano di contrasto alle pandemie e alcuni problemi nella divisione delle competenze tra stato centrale, regioni e province autonome. Tuttavia, essa rimanda anche a fattori contingenti, come la politicizzazione dei rapporti tra governo nazionale e regioni/province autonome nonché l’inesperienza di una classe politica che si trova, al governo del Trentino per la prima volta, ad affrontare una crisi di portata storica. Dopo la sconfitta alle elezioni amministrative, infatti, lo stesso Presidente della PAT Fugatti riconoscerà la mancanza di una classe dirigente del partito (Tessari 2020).

Il presente contributo si concentra sulla cosiddetta prima ondata della pandemia e, in particolare, prende in considerazione il periodo che va dal due marzo 2020, data della scoperta del primo caso di contagio di un cittadino trentino, al cinque giugno 2020, giorno in cui si registra per la prima volta il tanto agognato “doppio zero” (zero nuovi contagi, zeri decessi). Tuttavia, dove necessario, il contributo si spinge fino all’analisi della seconda ondata della pandemia, che ha avuto inizio nel settembre 2020 e che è ancora in corso alla fine dell’anno. L’articolo è organizzato come segue. In primo luogo, ricostruisce le fasi di riconoscimento della pandemia e il dibattito politico che le ha accompagnate, e, in secondo luogo, illustra i principali provvedimenti adottati per farvi fronte.

2. Non è facile riconoscere una pandemia

È difficile, ad oggi, trovare dati affidabili sulla diffusione della pandemia. Le regioni italiane hanno spesso proceduto in ordine sparso nella raccolta dei dati, adottando criteri molto diversi e qualche volta interpretando differentemente (e spesso a loro favore) le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità. Come si vedrà, è questo il caso anche del Trentino. Per capire quanto colpito è stato il Trentino dalla pandemia, non resta che consultare diverse fonti, sapendo che nessuna di esse è esaustiva e che, in ogni caso, i dati vanno interpretati.

Il semplice dato sui nuovi contagi registrati quotidianamente in Trentino costituisce un esempio di quanto affermato. Non solo il grafico riportato in figura 1 dice relativamente poco della diffusione del contagio, non normalizzando i dati sulla popolazione, ma anche presenta una evidente anomalia: un picco di contagiati in un unico giorno della seconda metà di giugno. Il 24 giugno, infatti, la PAT ha dovuto riallinearsi alle indicazioni del Ministero della Salute, facendo un “conguaglio” dei casi non conteggiati in precedenza (sulla vicenda, si veda il blog dell’ex-rettore dell’Università di Trento; Bassi 2021). Allo stesso modo, alla fine dell’anno la PAT ha cominciato a comunicare i dati dei contagi identificati non solamente tramite tampone molecolare ma anche tampone antigenico (Bassi 2021).

Anche una mappa elaborata da Il Sole 24 ore (figura 2) su dati dell’Organizzazione mondiale per la sanità (WHO 2020) e relativa al mese di maggio 2020 mostra un Trentino in grande sofferenza, in particolare sotto il profilo delle terapie intensive. Anche in questo caso, tuttavia, il dato risente di almeno due fattori: il fatto che il numero dei posti di terapia intensiva in Trentino all’inizio della crisi era uno dei più bassi in Italia e il fatto che il Trentino ha ospitato in terapia intensiva per un certo lasso di tempo pazienti provenienti dalla Lombardia.

Ciò premesso, il Trentino è stato sicuramente uno dei territori italiani più colpiti dalla pandemia sia nella prima ondata che nella seconda (Palazzo/Ievoli 2020). Come in tutta Italia, anche in Trentino il processo di riconoscimento della pandemia è passato attraverso diverse fasi. La prima è quella della negazione, secondo cui non esiste alcuna pandemia né tantomeno un problema per il Trentino. D’altro canto, le notizie in arrivo dalla Cina nel mese di gennaio relative al nuovo coronavirus erano poche e frammentarie. Quando, però, il 22 gennaio il governo cinese decide di mettere in quarantena l’intera città di Wuhan, anche il Trentino comincia a interrogarsi sulle conseguenze economiche del diffondersi di questa malattia (Mapelli 2020). Il Consiglio provinciale affronta il tema del coronavirus per la prima volta il quattro febbraio, quando il consigliere Ugo Rossi chiede informazioni circa una lettera sottoscritta dal Presidente della PAT e dai presidenti di Veneto, Lombardia e Friuli-­Venezia Giulia in cui si chiede di allargare il periodo di isolamento previsto per chi rientra dalla Cina anche ai bambini che frequentano le scuole. Al posto di Fugatti, non presente alla riunione per motivi istituzionali, risponde l’assessore all’istruzione Mirko Bisesti sottolineando come “questa operazione va nella direzione della prevenzione e che non serve creare allarmismi sul caso” (Consiglio della PAT 2020).

Il primo comunicato stampa della Provincia (che avvia la fase della “normalizzazione”) in cui si nomina il coronavirus è il numero 145 pubblicato il 27 gennaio 2020, in cui si annuncia che, per rispondere alla richiesta avanzata il 22 gennaio dal Ministero della Salute, anche in Trentino viene creata una task force di coordinamento delle attività per affrontare l’emergenza Coronavirus. Ne fanno parte il Dirigente generale del Dipartimento salute e politiche sociali, il direttore della Protezione Civile, il direttore generale dell’Azienda Provinciale dei Servizi Sanitari (APSS), il direttore sanitario dell’APSS, quelli dei settori di prevenzione, pronto soccorso, emergenza, malattie infettive, servizi ospedalieri ed il responsabile dell’Ufficio stampa della Provincia. Nelle settimane precedenti, ironia della sorte, l’attenzione della PAT è dedicata alla creazione di una nuova facoltà di Medicina in Trentino. Nessun riferimento alla crisi che si sta aprendo viene però fatto in questo dibattito che segna una distanza molto ampia tra l’Università di Trento e le istituzioni politiche provinciali.

In occasione della prima riunione della task force provinciale, l’assessore alla sanità Stefania Segnana dichiara che il Covid-19 è “una malattia contagiosa ma con una mortalità molto bassa, intorno al 2/3 per cento […], i cui sintomi sono molto simili a quelli dell’influenza, malattia che in questi giorni sta raggiungendo il suo culmine, con una elevata percentuale di influenzati. Per questo valgono le raccomandazioni generali, come quella di lavarsi spesso le mani” (PAT 2020a).

Intanto, a Roma vengono ricoverati due turisti cinesi all’ospedale Spallanzani con i sintomi del Covid-19 il 29 gennaio e il governo nazionale dichiara lo stato di emergenza nel generale disinteresse il 31 gennaio. Non stupisce quindi che le prime iniziative della task force provinciale siano mirate alla comunità cinese. Il 31 gennaio, il comunicato stampa n. 201 della PAT annuncia che “anche in Trentino, come nel resto del Paese, […] i soggetti provenienti dalla Cina vengono invitati a seguire un protocollo precauzionale – definito isolamento fiduciario – indipendentemente dalla sintomatologia presentata”. Il comunicato prosegue indicando come le misure adottate costituiscano una “misura estremamente prudenziale”, non essendovi, al momento, casi di contagio registrati tra gli italiani. D’altro canto, ricorda il direttore del Dipartimento Salute e politiche sociali Giancarlo Ruscitti “Se non si sono avuti contatti con persone provenienti dalle zone infette non c’è, in Trentino, alcuna possibilità di contagio” (PAT 2020b). Anche dopo la scoperta del primo caso di Covid-19 in Italia il 20 febbraio la linea del governo provinciale non cambia: “Per il momento non sono segnalati casi in Trentino, quindi niente allarmismi” (PAT 2020c). In questa fase di normalizzazione, insomma, l’azione dell’autorità pubblica è finalizzata a dimostrare che la situazione complessiva è sotto controllo. Nei mesi di gennaio e, in particolare, di febbraio, in Trentino, come nel resto del Paese, sono assunte solamente decisioni burocratiche, di rilevanza limitata.

Dal 20 febbraio, però, a livello nazionale viene avviata la fase di riconoscimento del problema. Il 21 febbraio muore in Veneto il primo paziente malato di Covid e, lo stesso giorno, un’anziana signora in Lombardia. Il numero dei contagi cresce improvvisamente. Il 23 febbraio il governo nazionale dichiara il lockdown di dieci ­comuni lombardi e uno veneto. In Trentino, la PAT si mostra meno determinata. Il 22 febbraio, il governo provinciale raccomanda ai trentini di non recarsi nelle zone a rischio (PAT 2020d) e viene disposta la chiusura per il 24 e il 25 febbraio degli asili nido, dell’Università, comprese biblioteche e aule di studio, e delle Fondazioni Edmund Mach e Bruno Kessler. Vengono sospese anche le gite scolastiche fuori Trentino e annullate le manifestazioni ludico sportive che si svolgono in luoghi chiusi e per le quali si prevede afflusso elevato (ordinanza del Presidente PAT del 22 febbraio 2020). L’ordinanza verrà integrata il 24 febbraio, allungando la chiusura fino al due marzo. La PAT decide anche di sospendere le manifestazioni carnevalesche su tutto il territorio provinciale.

Il 23 febbraio tre turisti lombardi vengono trovati positivi al virus mentre sono in vacanza a Fai della Paganella e vengono subito accompagnati nel luogo di residenza. Due giorni dopo, toccherà a una donna di Codogno, anche lei in vacanza a Dimaro. Il due marzo, in coincidenza con la ripresa delle scuole, una signora trentina di 83 anni viene trovata positiva al coronavirus. Si tratta della prima contagiata trentina. “Il funzionamento dell’ospedale S. Chiara non è compromesso, anche grazie alle precauzioni adottate”, ci tiene a precisare la PAT (PAT 2020e). Allo stesso tempo, il Presidente della PAT sottolinea come le attività economiche in Trentino proseguano regolarmente (comunicato stampa n.d. in Ghezzi 2020, 14).

Dopo due giorni, le scuole chiuderanno nuovamente su richiesta del governo nazionale fino al 15 marzo. “La decisione dell’esecutivo nazionale, dettata dalla dimensione internazionale dell’emergenza sanitaria che porrebbe la competenza in tema di ‘tutela della salute pubblica’ in capo allo Stato, non ci lascia alcuna possibilità di scelta. Per senso istituzionale, la Giunta provinciale di Trento, anche in accordo con i colleghi di Bolzano, si adegua alla decisione del Governo” dichiara Fugatti, che sottolinea come “in questo preciso istante in Trentino […] i nostri consulenti scientifici confermano un quadro complessivamente sotto controllo” (PAT 2020f, corsivo del redattore).

Che il tema delle chiusure imposto dal governo sia destinato a diventare un’occasione di scontro politico a livello nazionale è immediatamente lampante. Dal punto di vista del Trentino, questa politicizzazione ha una duplice origine: riguarda il diverso colore politico del governo nazionale rispetto a quello provinciale, e riguarda l’impatto economico che le misure imposte dal governo possono comportare per un territorio dove, come ripete la Giunta provinciale, la situazione è sotto controllo. In questo momento, il pensiero principale della PAT è rivolto alle ripercussioni delle prime chiusure per la stagione turistica. Sul piano nazionale, il leader della Lega Matteo Salvini critica il governo per i lockdown e si dichiara preoccupato per le ripercussioni economiche arrivando a parlare di “migliaia di disdette a Madonna di Campiglio” (Ansa 2020). Sul piano locale, Trentino Marketing pubblica diversi comunicati stampa. Il cinque marzo sottolinea come la situazione sanitaria in provincia sia sotto controllo e come “I turisti presenti sul territorio possono quindi fruire di tutti i servizi e apprezzare l’ospitalità trentina garantita dalla professionalità e dall’impegno di tutti gli operatori del settore” (Trentino Marketing 2020a). Un video di invito a visitare il Trentino viene pubblicato lo stesso giorno anche sulla pagina Facebook del Presidente Fugatti. Il giorno successivo un ulteriore comunicato stampa di Trentino Marketing sottolinea come “la neve più bella arriva a marzo” e che “Con le giornate che si allungano e un tiepido sole che riscalda l’aria, sciare diventa puro piacere. Ancora maggiore se le condizioni di innevamento delle piste rimangono ideali, dopo le nuove e abbondanti nevicate di questi giorni” (Trentino Marketing 2020b).

L’intenzione di mostrare che tutto procede normalmente è evidente, fino a portare alla situazione paradossale per cui gli impianti sciistici vengono chiusi in Lombardia ma restano aperti (fino al dieci marzo) in Trentino. Il nove marzo, comunque, il governo approva il lockdown nazionale.

Nel frattempo, l’otto marzo, il Presidente dell’Ordine dei medici e degli odontoiatri di Trento Marco Ioppi scrive al Presidente della PAT la prima di una lunga serie di lettere in cui lamenta che

“I dispositivi di protezione individuale sono fortemente carenti, le strutture sanitarie pubbliche continuano ad erogare servizi e prestazioni come se non vivessimo nell’emergenza da Covid, l’attività ambulatoriale delle strutture ospedaliere e dei servizi specialistici prosegue normale senza tener conto delle ulteriori e gravi criticità che l’organizzazione ha da gestire (personale che manca per malattia o in quarantena, nuove e improvvise esigenze familiari per la custodia dei figli, impegno di maggiore tempo e disponibilità per attuare un attento e doveroso filtro, […]). Le sale di attesa e i reparti continuano ad essere affollati come sempre, eluse le raccomandazioni sulla distanza di sicurezza o sugli obblighi di aerazione dei locali, la degenza ospedaliera e le attività diagnostiche e di sala operatoria proseguono normalmente e non si è prevista una loro riduzione ai soli casi di effettiva necessità e d’urgenza” (Ordine dei medici 2020, 8).

A nessuna delle lettere dell’Ordine dei medici la PAT darà risposta e un incontro avverrà solamente a dicembre.

Intanto, aumenta il numero dei contagiati trentini. Ne vengono contati 26 l’otto marzo (PAT 2020h), 38 il nove marzo (PAT 2020j), 52 il dieci marzo (PAT 2020l). La situazione evolve troppo velocemente. Il nove marzo il Presidente e il Vicepresidente della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol confermano la data delle elezioni amministrative previste per il tre maggio (PAT 2020i), ma già il giorno dopo le rinviano a data da destinarsi (PAT 2020k). Tuttavia, ancora il sette marzo la PAT ritiene che in Trentino non vi siano focolai. Di fronte alla notizia secondo cui due turisti in vacanza in Trentino sono rientrati contagiati nelle loro residenze, la PAT precisa che “[…] la coincidenza che entrambe le persone rientrassero dal Trentino non suggerisce in nessun modo che la fonte del contagio sia da ricercare nel nostro territorio” (PAT 2020g). Il dodici marzo si registra il primo decesso.

Contemporaneamente, si apre un ulteriore terreno di confronto, che riguarda la possibilità di visita dei parenti agli ospiti delle case di riposo. Già il cinque marzo l’Unione provinciale istituzioni per l’assistenza (UPIPA) e il Gruppo Spes, che gestisce numerose case di riposo, diramano un comunicato stampa in cui annunciano che non applicheranno le linee guida emanate dal Presidente della Giunta Provinciale ad interpretazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del quattro marzo 2020 che autorizzano l’accesso di un parente al giorno per fare visita ai familiari. Il giorno dopo, sul sito dell’UPIPA viene annunciato che

“Rileviamo che è assolutamente rischioso in questa fase, in cui di fatto sta risultando impossibile individuare ed isolare preventivamente i soggetti a rischio di trasmettere Covid-19 ed il potenziale contagio risulta diffuso nella popolazione generale, rinunciare ad una misura precauzionale di distanziamento sociale quale il divieto di ingresso dei visitatori e dei familiari in RSA, esponendo le medesime al rischio di importare il virus ­all’interno, senza essere nelle condizioni successive né di riconoscerlo e diagnosticarlo tempestivamente, né di gestirlo con idonee misure di ­isolamento” (Upipa 2020).

La fase di “reazione limitata” si sovrappone in parte alla fase di “normalizzazione”. Con l’inizio di marzo vengono adottati dei provvedimenti per aiutare il settore turistico e le imprese. Tuttavia la risposta della PAT appare sempre reattiva, nel senso che segue gli avvenimenti, più che proattiva, e comunque incerta, se non contraddittoria. Per esempio, gli utenti del trasporto pubblico non dovranno più mostrare il titolo di viaggio al conducente al fine di ridurre i contatti tra quest’ultimo e gli utenti. Tuttavia, i cantieri i cui lavoratori dispongono di un medico di base sul territorio provinciale possono proseguire i lavori (PAT 2020m). Quest’ultimo provvedimento attirerà pesanti critiche dei sindacati (Fin 2020). Di nuovo, sembra prevalere nel ­Governo provinciale l’idea che le attività produttive in Trentino devono rimanere quanto più possibile aperte.

Il primo importante segnale di riconoscimento del problema avviene il 14 marzo. Preso atto dell’aumento inaspettato di contagi e del fatto che le strutture sanitarie sono sotto pressione, il Presidente Fugatti critica i proprietari di seconde case in Trentino e dichiara che “Se la situazione sanitaria si aggraverà, noi daremo risposte solo a chi rispetta le regole. A livello nazionale le norme sono diverse, ma il messaggio che vogliamo dare è che il Trentino sarà responsabile con chi è responsabile; il Trentino non potrà esserlo con chi è irresponsabile e si trova sul nostro territorio in modo non legale”. Fugatti ammette che “a livello nazionale le regole sono diverse” e che “questo forse è un messaggio non bello” ma, conclude, “questo è un messaggio chiaro che il Trentino vuole dare” (Merlo 2020). Insomma, nell’arco di dieci giorni, il governatore è passato dall’invitare i turisti a venire a sciare in Trento al minacciare i proprietari di seconde case non trentini di non essere curati nelle strutture pubbliche ospedaliere in caso di malattia.

In situazioni di crisi è facile che si affermi una marcata centralizzazione decisionale se non, addirittura, una personalizzazione. Questo fenomeno è evidente a livello nazionale, esemplificato dalle frequenti dirette del Presidente del Consiglio per illustrare i provvedimenti adottati dal governo, spesso sotto forma di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (dpcm). Esso è presente, tuttavia, anche in Trentino, a ragione anche del fatto che il Presidente della Giunta provinciale gode di una forte legittimazione elettorale. Dagli inizi di marzo, il Presidente Fugatti terrà una conferenza stampa quasi quotidianamente, prima con i giornalisti in presenza, poi via Facebook, spesso sulla sua pagina personale (e non su quella ufficiale della PAT) (Ghezzi 2020). In queste occasioni Fugatti parla sovente a braccio, senza disdegnare l’uso del dialetto e con un certo tono paternalistico.

La fase di riconoscimento del problema è caratterizzata dall’adozione di una lunga serie di ordinanze, sul cui contenuto si ritornerà nel prossimo paragrafo. Quel che qui ci si limita ad osservare è che, non diversamente da quanto avvenuto a livello nazionale (Openpolis 2020), anche in Trentino l’accentramento dei poteri decisionali nelle mani del Presidente della Provincia è andato di pari passo con la margina­lizzazione del Consiglio provinciale. Tra febbraio e dicembre 2020, il Presidente della PAT ha emanato 61 ordinanze, in larga parte finalizzate a dare seguito a vari decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. I contenuti di tali ordinanze spaziano dalla sospensione delle attività presso gli asili nido e le scuole di ogni ordine e grado, all’utilizzo delle mascherine protettive, dalla regolamentazione delle attività sportive (anche individuali), alla riorganizzazione del servizio del trasporto pubblico.

Alla Giunta provinciale non sfugge però l’importanza non solamente di gestire la crisi, ma anche di pensare a come il Trentino possa uscirne cambiato. Il quattro aprile la Giunta decide quindi di nominare una commissione di studio formata di docenti dell’Università di Trento e altri professionisti, che, nell’arco di una ventina di giorni, produce un rapporto dal titolo “Covid-19: Obiettivi e priorità per l’economia e il lavoro” (Gruppo di esperti 2020). Anche in questo caso, la Giunta trentina segue da vicino l’esperienza nazionale. Non si contano quasi le task force nominate dai ministeri in Italia nel momento più acuto della crisi (Capano 2020). Il gruppo trentino di esperti evidenzia nel suo studio come l’emergenza Covid-19 costituisca una sfida formidabile per il Trentino nei settori agroalimentare e turistico a causa delle limitazioni alla mobilità, che, per esempio, possono determinare un calo dell’offerta di manodopera per la raccolta dei prodotti ortofrutticoli e un crollo degli arrivi dall’estero nella stagione estiva. Tra i fattori di forza del territorio viene indicata la presenza di un’ampia rete del terzo settore, e tra i fattori di rilancio si evidenzia il ruolo centrale che può giocare un più marcato processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, un monitoraggio serrato dei dati relativi alla diffusione del virus per capire quali interventi adottare e, infine, l’adozione di una strategia macro-regionale di rilancio, in cui l’Euregio possa giocare un ruolo importante (Gruppi di esperti 2020). Il rapporto costituisce uno dei simboli più evidenti del fatto che il Trentino, assieme al resto del paese, si sta organizzando per entrare nella cosiddetta Fase due, caratterizzata da qualche apertura di attività economiche e di un allentamento delle misure di lockdown a partire dal 27 aprile. Il 28 aprile vengono autorizzate passeggiate e attività motoria entro i confini del comune di residenza; il quattro maggio riprendono i servizi di straporto urbano ed extra-urbano, vengono riaperte le piste ciclabili, sono consentite le visite ai parenti ed “affetti stabili”, tutto nel rispetto del distanziamento interpersonale e dell’uso della mascherina; il 15 maggio riaprono le attività di commercio al dettaglio e il 18 maggio anche bar, ristoranti, musei e biblioteche. Nella fase della riapertura un ruolo importante è giocato dal Comitato di coordinamento in materia di salute e sicurezza sul lavoro della PAT, che elabora i protocolli da rispettare in materia di sicurezza.

Il 18 maggio, per la prima volta da due mesi, non si registrano decessi riferibili alla pandemia. Il cinque giugno, viene raggiunto anche il tanto agognato traguardo del “doppio zero” (zero contagi e zero decessi). “Una bella notizia, dopo tanta sofferenza. Una notizia che aspettavamo da tempo ma non deve farci abbassare la guardia”, commenta l’assessore alla sanità Stefania Segnana (PAT 2020n). Quella data costituisce in un qualche modo la fine della prima ondata del virus, in attesa della seconda, cominciata tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre.

3. Non è facile ripartire dopo una pandemia

Il rapporto sull’economia delle Province autonome di Trento e Bolzano pubblicato dalla Banca d’Italia nel giugno 2020 ricorda che

“La crisi pandemica ha colpito le economie del Trentino e dell’Alto Adige in una fase di rallentamento. […] Le stime più recenti degli istituti di statistica provinciali indicano che per l’anno in corso il PIL potrebbe segnare una marcata diminuzione, simile a quella prevista per l’Italia nel suo complesso. Il blocco delle attività ha avuto rilevanti ripercussioni sugli andamenti economici delle imprese. La domanda interna è prevista in forte calo, almeno per il primo semestre dell’anno. Per quel che riguarda le vendite all’estero, in significativo rallentamento in provincia di Trento già nel 2019, la domanda dei principali partner commerciali del Trentino e dell’Alto Adige si contrarrà nell’anno in corso di oltre il 10 per cento. Il settore più colpito nella fase attuale è quello del turismo che negli ultimi anni aveva sostenuto in misura significativa la dinamica dei servizi” ­(Banca d’Italia 2020, 6).

Di fronte ad una crisi così drammatica, la PAT reagisce adottando misure volte a mitigare gli effetti sanitari ed economici della pandemia. Sono tre gli interventi principali approvati: la legge provinciale n. 2. del 23 marzo 2020 che promuove misure urgenti a sostegno delle famiglie, dei lavoratori e dei settori economici colpiti dal Covid-19 (cosiddetta legge #ripresatrentino), la legge provinciale n. 3 del 13 maggio 2020 (detta anche legge #ripartitrentino), che promuove ulteriori misure, e la legge provinciale n. 6 del sei agosto 2020 sull’assestamento del bilancio previsione della PAT per gli esercizi finanziari 2020-2022.

La legge #ripresatrentino stabilisce, tra le altre cose, il rinvio della prima rata dell’Imis (imposta immobiliare semplice) al 16 dicembre 2020, “liberando” nell’immediato 90 milioni di Euro; una semplificazione delle procedure per l’attribuzione degli appalti pubblici per lavori pubblici, servizi e forniture all’ente pubblico (per esempio, quelli sopra la soglia europea vengono decisi dopo gare ad invito, senza pubblicazione del bando) sia per la fase di emergenza che per quella immediatamente successiva, l’attivazione del Fondo di solidarietà territoriale, come ammortizzatore sociale per i lavoratori dipendenti non coperti da altre tutele; lo stanziamento di un milione di Euro nel 2020 e un milione nel 2021 per azzerare gli interessi bancari a carico di imprese e professionisti su linee di credito a 24 mesi. La legge è stata approvata con 22 voti a favore, nessuno contrario, e cinque astenuti (Pd e Futura).

La legge #ripartitrentino è stata approvata dal Consiglio provinciale il dieci maggio dopo una seduta non-stop di ventiquattr’ore. Di nuovo, non vi sono stati voti contrari, ma solamente l’astensione di una parte dei consiglieri di minoranza, che hanno chiesto alla Giunta provinciale di negoziare con il governo nazionale una sospensione della contribuzione straordinaria di Trento al bilancio statale e un allargamento delle maglie entro cui sarà consentito ricorrere al debito per finanziare la ripartenza. La legge n. 3/2020 stanzia 150 milioni per la rimessa in moto dell’economia e dell’occupazione in Trentino. Nello specifico, essa delibera contributi pubblici provinciali straordinari e a fondo perduto per gli operatori economici che si attivano per la sicurezza dei luoghi di lavoro, che investono sulla digitalizzazione, che sviluppano servizi per forniture a domicilio, che operano riconversioni produttive. Contributi sono previsti anche per aziende fino a nove addetti, con gravi danni di fatturato, a fronte di impegni sul piano occupazionale e a pagare regolarmente i fornitori, per le strutture ricettive a conduzione familiare, per le aziende che creano reti o consorzi o ne rilevano altre in difficoltà. La legge prevede anche misure di sostegno al reddito per imprenditori e professionisti che abbiano cessato l’attività, sostegno al credito e ai lavoratori (attraverso il Fondo di solidarietà del Trentino). Vengono anche sospese le rate 2020 dei mutui per la prima casa. Le imprese che decidono di rientrare in Trentino potranno godere di agevolazioni e assistenza, così come quelle che, anche nel mondo agricolo decidono di innovare i prodotti e internazionalizzare la loro presenza. Per sostenere il consumo, la PAT propone la creazione di una “Amazon trentina” stanziando un milione di Euro. La legge avanza iniziative anche in ambito sociale, amministrativo, scolastico e urbanistico. La copertura finanziaria deriva da fondi stanziati per opere pubbliche, dal recupero di avanzi di gestione di Agenzie ed enti della Provincia, minori fabbisogni dovuti all’emergenza (mense, trasporti, organizzazione di eventi ecc.), finanziamenti comunitari, spostamenti di bilancio.

Nonostante la mancanza di voti contrari, non sono mancate critiche da parte delle forze di minoranza relativamente al metodo decisionale utilizzato (per esempio, il mancato passaggio in Prima commissione, competente, tra l’altro, in materia di programmazione, finanza provinciale e locale e patrimonio), la limitatezza delle risorse rispetto a quelle stanziate dall’Alto Adige, la mancanza di interventi per la cultura o l’insufficienza per gli interventi relativi alla scuola. Alcune critiche sono state sollevate anche rispetto all’idea di creare un’Amazon trentina: per l’opposizione, un milione di Euro non è sufficiente per finanziare una piattaforma come quella di Jeff Bezos, ma è troppo per un semplice sito web. La maggioranza ha invece ribattuto che, nonostante si concentri sull’emergenza, la manovra contiene una visione di medio periodo (come nel caso della digitalizzazione) e che la disponibilità di risorse sarà maggiore in caso di successo dei negoziati con il governo nazionale in materia di contributi del Trentino al risanamento delle finanze statali.

Il sei agosto 2020, infine, la PAT approva un assestamento del bilancio preven­tivo 2020 di oltre 660 milioni di Euro. Il clima tra maggioranza e opposizione in cui è stata approvata questa variazione è meno costruttivo e più divisivo che in occasione dei provvedimenti #ripresatrentino e #ripartitrentino. Il principale motivo del contendere riguarda le risorse stanziate dal governo nazionale per il Trentino: per il Presidente Fugatti questi 217 milioni di Euro (in realtà 165, se si considera che la partita fiscale tra Roma e Trento è ancora aperta) devono essere collocati in un fondo di riserva indisponibile al Consiglio provinciale, per l’opposizione devono essere messi su voci di bilancio su cui il Consiglio ha la possibilità di esercitare un potere di influenza. Non trovando un accordo con la maggioranza, l’opposizione decide quindi di non partecipare alla seduta del Consiglio. Il sei ottobre, Fugatti annuncia che i fondi verranno spesi coinvolgendo anche il Consiglio. L’assestamento di bilancio ha permesso interventi, tra gli altri, nell’ambito fiscale, turistico, sanitario, scolastico e ha previsto stanziamenti a favore dei comuni per la realizzazione di piccole opere cantierabili, interventi per compensare le minori entrate fiscali dei comuni stessi, finanziamenti per la riqualificazione paesaggistica dei centri abitati, fondi per il mondo del teatro, della danza, della musica, del cinema e dello sport.

Nel corso del primo semestre 2020 non vi sono solamente tensioni tra maggioranza e minoranza provinciale, ma anche tra la Giunta provinciale e il governo nazionale. Alcuni articoli delle leggi approvate in marzo e maggio per fare fronte alla pandemia sono impugnate dal governo nazionale di fronte alla Corte Costituzionale. In particolare, vengono censurati gli articoli 2 (limitatamente ai commi 1, 3, 4, 7 e 8), 3, 4 e 6 della legge n. 2/2020. Non solo. Il dieci agosto il governo impugna anche la legge provinciale n. 4 del due luglio 2020 (detta “Legge Failoni” dal nome dell’assessore al turismo, Roberto Failoni) che prevede la chiusura dei negozi la domenica. I motivi addotti dalla maggioranza riguardano la necessità di limitare le aperture dei centri commerciali per favorire i piccoli negozi, la tutela dei genitori-lavoratori, la necessità di riservare la domenica al riposo e alla preghiera. La Consulta dovrà ­pronunciarsi sul conflitto di attribuzione tra Stato e Provincia, ma, intanto, alcune sentenze del Tribunale regionale di giustizia amministrativa (TAR) di Trento danno ragione al ricorso di alcuni negozianti (già provati per la chiusura durante il lockdown) nonché la prospettiva che la PAT debba rimborsare numerosi ricorrenti per i mancati introiti fanno tornare sui propri passi la Giunta provinciale.

Un altro braccio di ferro che caratterizza la fase della ripresa dopo la prima ondata della pandemia è quello che vede coinvolti i dipendenti provinciali. Una delibera della Giunta del 19 giugno prevedeva il rientro parziale dei dipendenti nelle loro sedi lavorative dopo mesi di smart working modificando unilateralmente l’orario di presenza e estendendo la disponibilità dell’impegno anche al venerdì pomeriggio e sabato mattina. Tuttavia, la delibera viene resa nulla dal giudice del lavoro, dopo un ricorso dei sindacati.

Più di recente, anche la decisione di non applicare, se non parzialmente, le misure per il contenimento del virus adottate con il dpcm del 24 ottobre 2020 è oggetto di impugnativa da parte del governo. Il ministro per gli affari regionali Francesco Boccia ha infatti deciso di opporsi all’ordinanza del Presidente Fugatti del 26 ottobre (seguita da una nuova ordinanza il 28 ottobre) che adotta un approccio molto più permissivo di quello richiesto dal dpcm. Per esempio, l’ordinanza di Fugatti stabilisce che i bar e ristoranti possano rimanere aperti fino (rispettivamente) alle ore 20 e alle ore 22 (mentre il dpcm stabiliva che dovessero chiudere alle ore 18) e che l’attività delle scuole debba proseguire in presenza (contro la richiesta del governo di passare alla didattica a distanza per almeno il 75% delle lezioni).

“Le decisioni in deroga al Dpcm che abbiamo assunto oggi, le abbiamo prese sulla scorta delle valutazioni dell’autorità sanitaria e in base alla situazione attuale dei contagi in Trentino – ha detto il presidente della Provincia annunciando l’ordinanza. Abbiamo sempre messo al centro delle nostre decisioni gli aspetti sanitari e la tenuta del sistema economico […]. Non escludiamo che il Governo possa impugnare questa nostra ordinanza, ma confidiamo, alla luce del decreto governativo e in base alla fotografia della situazione attuale che sia possibile questo nostro intervento che adatta le nuove disposizioni alla realtà del Trentino” (PAT 2020o).

Una scelta non dissimile è stata fatta anche dall’Alto Adige, ma con una differenza sostanziale: la decisione del Presidente sudtirolese Kompatscher è ancorata a una legge provinciale (e l’opposizione del governo richiederebbe un ricorso alla Corte costituzionale), mentre le ordinanze di Fugatti sono annullabili con un semplice ricorso al TAR (Grottolo 2020). In ogni caso, l’Alto Adige ha deciso di applicare il dpcm dal 31 ottobre, chiudendo alle ore 18 tutti in negozi (eccetto gli alimentari) e applicando il coprifuoco dalle 22 alle cinque.

Secondo quanto stabilito dal ministro Boccia, le ordinanze della PAT “minano sicurezza e salute”. Il ministro ricorda altresì che le regioni e province autonome possono sì modificare le misure previste dal dpcm ma solo per adottare provvedimenti più restrittivi. Per Fugatti, invece,

“L’ordinanza provinciale resterà in vigore fino a quando gli organi com­petenti, in questo caso il TAR di Trento, non si pronunceranno sulla ­legittimità del provvedimento. Noi crediamo che la nostra sia un’ordinanza legittima perché suffragata da valutazioni sanitarie, scientifiche […] ­Crediamo che questa sia un’azione lesiva verso il nostro territorio e […] crediamo che questa prevaricazione sia sbagliata nei confronti del ­Trentino” (Montanari 2020).

La Giunta provinciale cambierà idea il due novembre, allineandosi alla normativa nazionale. La PAT annuncia comunque di non voler applicare il dpcm nella parte in cui prevede che il 75% delle lezioni alle scuole superiori debba svolgersi a distanza: la PAT continua a ritenere che la didattica debba comunque essere offerta in presenza.

Sempre nella prima settimana di novembre, la riunione della Giunta provinciale viene annullata a causa di un contagio tra i funzionari che partecipano sempre alla riunione. Il Presidente e gli assessori decidono quindi di mettersi in isolamento fiduciario prima di scoprire, il quattro novembre, di essere contagiati. In particolare, risultano contagiati il Presidente Fugatti e gli assessori Spinelli e Gottardi.

Nella prima metà di novembre, alcuni sindaci rivelano che il sistema di conteggio da parte della PAT (e la conseguente comunicazione dei dati al Ministero) sottostima il numero reale dei contagiati. Il sindaco di Trento Franco Ianeselli dichiara che il numero dei contagiati nella sola città di Trento è almeno tre volte superiore al numero ufficiale comunicato dalla PAT. Altri sindaci decidono di comunicare a loro volta i dati di cui sono in possesso, che mostrano un quadro particolarmente più preoccupante di quanto non ritenuto dalla Provincia (Cordellini 2020a, 14). Il motivo delle differenze sta nel fatto che la PAT considera contagiati solo coloro che sono risultati tali dopo un test molecolare, assecondando le indicazioni del ministero della Sanità. Lo stesso ministero della Sanità, però, vorrebbe che il test molecolare fosse fatto a tutti coloro che sono risultati positivi anche al test antigenico, cosa che la PAT non fa (Cordellini 2020b, 13).

L’ex-rettore dell’Università di Trento Davide Bassi il 16 novembre pubblica sul suo blog un post in cui spiega che molte cose non tornano nei dati ufficiali comunicati dalla PAT, facendo un confronto con l’Alto Adige e facendo intendere che la strategia della PAT potrebbe essere finalizzata alla necessità di rimanere “zona gialla”, e quindi di preservare il più possibile le aperture delle attività produttive, in particolare in vista del prossimo inizio della stagione sciistica (Bassi 2020a). Bassi, in particolare, punta l’accento non solamente sul mancato conteggio dei dati raccolti con tamponi antigenici, ma anche sull’incongruenza tra il basso numero di focolai individuati e l’alto numero di contagi di cui non si è capita l’origine, per concludere che il sistema di contact-tracing del Trentino potrebbe presentare dei problemi.

Le incongruenze diventano evidenti quando si raffronta il numero dei decessi in Trentino e in Italia ogni 100.000 abitanti (figura 3) nei mesi di ottobre e novembre, nonostante un numero di contagiati di molto inferiore alla media nazionale.

Sempre Davide Bassi enfatizza le incongruenze tra i dati anche in altri post, sostenendo che in Trentino il numero dei contagi potrebbe essere stato circa sei volte superiore di quello dichiarato dalla PAT (Bassi 2020b). Il tema ha ampia eco sui giornali locali e porta la PAT prima a dichiarare anche il numero dei contagi rilevati con test antigenici e poi a sottoporre a test molecolare tutti coloro che sono stati indentificati come contagiati tramite test antigenico.

La riapertura della stagione turistica invernale non fa altro che riportare le lancette dell’orologio della crisi indietro di nove mesi. A dicembre, la Giunta provinciale cerca in tutti i modi di salvare la stagione sciistica proponendo, per esempio, dei protocolli per l’utilizzo degli impianti di risalita, e adducendo che la mancata apertura produrrebbe un danno economico pari a circa 2.000 miliardi all’economia locale. Il governo nazionale, tuttavia, interviene con provvedimenti restrittivi che impediscono l’utilizzo degli impianti di risalita nonché, nei giorni delle festività natalizie, la mobilità tra le regioni.

4. Conclusioni

Il Trentino ha impiegato molto tempo a riconoscere l’esistenza della pandemia, l’impatto che essa avrebbe avuto sulla società e l’economia locale e le risposte da adottare per farvi fronte. Certamente, ciò che è avvenuto in Trentino è avvenuto in molti altri territori (e non solo in Italia). Ovunque avvenga una crisi sanitaria la classe politica si trova ad affrontare scelte complesse e ineluttabili, come, per esempio quella che concerne l’apparente inconciliabilità tra l’apertura delle attività produttive o la salvaguardia della salute pubblica.

Il governo del Trentino ha reagito alla crisi dapprima negando l’esistenza del contagio, poi minimizzandone la portata, infine assumendo delle decisioni per il suo contrasto e il suo superamento. Il policy-making in Trentino ha assunto principalmente due caratteristiche: è stato fortemente centralizzato attorno alla figura del Presidente della Provincia, coadiuvato dai componenti della task force di coordinamento delle attività per affrontare l’emergenza Coronavirus, e ha visto una forte politicizzazione del rapporto tra governo nazionale e governo provinciale. Se la prima caratteristica verrà ridimensionata nel momento in cui la crisi sarà superata, la seconda è quella che avrà più lunghe conseguenze, perché riguarda la distribuzione delle competenze tra lo Stato e un territorio con un’autonomia speciale.

In nessun momento il Trentino è apparso avere una strategia alternativa di contrasto alla diffusione del contagio rispetto a quella proposta dallo Stato nazionale. In parte ciò è dovuto alla definizione del problema in termini di sicurezza sanitaria pubblica, che limita grandemente le capacità decisionali dei territori; in parte trova origine nella limitata capacità di utilizzare le risorse messe a disposizione dalla Specialità autonomistica. Ciò ha portato il Trentino ad adottare una strategia fondamentalmente reattiva più che proattiva, seguendo (spesso criticandole) le regole imposta dallo Stato più che sperimentando soluzioni originali (per esempio in materia di tracciamento dei contagi).

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Fig.1: I nuovi casi di contagio in Trentino (25.02.2020-15.12.2020)

Fonte: Fondazione GIMBE 2020

Fig. 2: L’impatto della pandemia
sulle terapie intensive

Fonte: Saporiti 2020

Fig. 3: Decessi settimanali per 100.000 abitanti

Fonte: Bassi 2020b