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7. Politische Persönlichkeit des Jahres
Personaggio politico dell’anno

Franz Thaler – Foto: Archiv Edition Raetia

Francesco Comina

“Ich bin nur ein kleiner Mensch”

“Ich bin nur ein kleiner Mensch”. Franz Thaler non si sente affatto un eroe. Lo dice sorridendo ai giovani che salgono fino alla sua casa di Reinswald per incontrarlo. Lo ripete agli amici, seduti nell’osteria all’angolo della statale che porta agli alberghi e alle piste di sci, davanti a un bicchiere di vino rosso. Lo ribadisce a giornalisti, a scrittori e perfino a premi Nobel che chiedono di poter salutare quell‘uomo timido e minuto che seppe ribellarsi al nazismo.

Oramai la storia del piccolo grande uomo di Sarentino, passato per l’inferno di Dachau, è diventata una importante pagina della resistenza europea, anzi, mondiale. L’ultimo a commuoversi è stato il premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel, simbolo della lotta contro la dittatura argentina: “Mi sento fortemente legato a Franz Thaler” ha detto lo scorso anno in occasione di un incontro di commemorazione per Josef Mayr-Nusser, il dirigente della sezione giovani dell’Azione cattolica di Bolzano, padre di famiglia, condannato a morte per aver negato il giuramento a Hitler (Comina 2000). “Quest’uomo ha anteposto i valori profondi della coscienza mettendo a rischio la propria vita mentre il mostro nazista seminava morte e distruzione nel mondo. Mi sento legato a Thaler perché la sua resistenza si collega sia simbolicamente che storicamente a quella che abbiamo vissuto noi nell’Argentina dei colonnelli, della repressione, delle uccisioni, delle sparizioni, delle carceri e delle torture”.

Il famoso scrittore cileno Luis Sepúlveda ha ricordato, in un recente libro dal titolo “Ritratto di gruppo con assenza”, il giorno in cui si inerpicò con la macchina lungo le strade della val Sarentino insieme alla moglie, la poetessa Carmen Yáñez (arrestata e torturata nel famigerato lager di Villa Grimaldi durante la repressione di Pinochet) e al fotografo franco-argentino Daniel Mordzinski. Carmen pianse, sull’uscio della casa di Franz, dopo aver ascoltato la storia dell’artigiano nella sua bottega proprio accanto alla casa. Mordzinski immortalava il piccolo uomo sorridente insieme a Sepúlveda mentre il gatto di Franz piombava, fatalmente, sulle spalle dell’autore de “La gabbianella e il gatto”. La foto oramai è parte integrante della mostra itinerante sulla vita del grande scrittore cileno.

“In un paesino tirolese” ha scritto Sepúlveda “ci aspettava Franz Thaler eroe novantenne sopravvissuto ai campi di concentramento, antifascista ieri, oggi e domani, che si guadagna la vita incidendo splendide miniature sul metallo. Certo, quell’uomo invitava a scattare fotografie epiche alla luce di ciò che raccontava con estrema umiltà. Aveva fatto la cosa giusta al momento giusto. La macchina fotografica di Daniel si fissò sulle sue mani di uomo giusto perché l’essenziale della storia era là, e sulla stufa a legna che riscaldava quella piccola casa tirolese, emanando un calore generoso e necessario” (Sepúlveda 2010, 91).

Franz è filiforme e ha due occhi che brillano. Veste con i costumi tradizionali della vallata. Indossa spesso un cappello con una piccola piuma che ha ricamato lui stesso nel suo laboratorio. Parla un dialetto stretto e di tanto in tanto, per venirti incontro, ci mette una parolina in italiano. Ride, scherza, lancia una battuta, sorseggia il vino e gioca volentieri a Watten.

Questo piccolo uomo ha vissuto una storia grandiosa e al tempo stesso drammatica. Nel mare dei sommersi Franz si è salvato. Ha camminato per almeno tre anni, dal ’42 al ’45, sul ciglio del burrone. Bastava un filo di vento per cadere nel vuoto e sparire per sempre.

Era sotto osservazione già da alcuni anni. Era un “Walscher”, un ibrido, un traditore della compattezza etnica che nel ’39 aveva decretato la divisione in due della società sudtirolese. Era guardato a vista e di tanto in tanto irriso anche da amici e compagni di scuola:

“La mia strada per Dachau era segnata fin dal 1939. Nel giugno di quell’anno la Germania nazionalsocialista e l’Italia fascista diedero l’avvio al trasferimento dei sudtirolesi. Ci regalarono la cosiddetta opzione. La gente fu messa di fronte all’alternativa di optare per la cittadinanza germanica con l’esplicito compito di emigrare nel Reich o di mantenere la cittadinanza italiana sotto la minaccia di divie­to di ogni ulteriore richiesta di diritti di minoranza […]. A quel tempo io, quindicenne, figlio di contadini, non sapevo né capivo nulla. Ricordo solamente il profondo spavento della gente quando seppe di quell’accordo” (Thaler 1990, 12).

Il marchio “Walscher” gli rimase appiccicato come un’onta, come un oltraggio. Una domenica l’insegnante gli ordinò di tornare a casa dopo che i compagni di classe cominciarono a schernirlo, lui, non optante, Dableiber e dunque sleale, impostore, ingannatore. Alcuni gli gridarono addosso: “Ma questo è un Walscher!”. E il professore non si tirò indietro, anzi, infierì ancora di più con il più umiliante dei rimproveri: “Qui insegniamo solo ai tedeschi, puoi tornartene a casa” (Thaler 1990, 18).

La testa girò come una trottola quella mattina. L’aria si era fatta pesante. I Dableiber venivano perseguitati socialmente e politicamente. Per gli obiettori all’opzione iniziava un calvario fatto di isolamento, di marginalizzazione, di repressione, di condanne e di internamento.

Nel marzo del ’44, appena diciottenne, Franz venne arruolato nell’esercito nazista. Nonostante fosse cittadino italiano – e dunque in barba al diritto internazionale che impediva l’assunzione di cittadini stranieri in un esercito di occupazione – venne inquadrato come soldato delle SS nel reggimento di Silandro: “Ero disperato” ricorda “perché ero al corrente delle atrocità commesse dal regime nazionalsocialista” (Thaler 1990, 20).

Thaler decise di scappare in montagna.

“Conoscevo palmo a palmo ogni prato, ogni anfratto, ogni possibile nascondiglio. Di notte giravo in cerca di cibo e nei masi c’erano spesso persone che mi aiutavano con qualche pezzo di carne e verdure. Un giorno mi sono sentito chiamare da due persone che mi conoscevano. Mi sono avvicinato. Erano delle guardie naziste col compito di controllare i dintorni di una malga per scovare possibili disertori. A un certo punto mi feci coraggio e chiesi loro: ‘Cosa fate da queste parti?’. Erano imbarazzati perché avevano un appuntamento in un maso con due ragazze. E così mi hanno lasciato andare. Furono lunghi mesi. Fuggivo dai nazisti che mi cercavano dappertutto. Vivevo come un animale selvatico, facevo attenzione ad ogni più piccolo rumore, cucinavo quello che trovavo. Un bel giorno venni a sapere che i nazisti erano venuti a casa per cercarmi e avevano minacciato la famiglia. Se non mi fossi consegnato avrebbero deportato i miei fratelli in un campo di concentramento. Allora mi lasciai catturare, anche perché un mio cugino aveva messo i militari sulle mie tracce. Lo feci solo per amore dei miei genitori che mi supplicarono di arrendermi” (Comina 2006, 109).

E così ha inizio il viaggio nei sotterranei della vita e della storia. Dapprima ci fu la speranza di farla franca. Il Revierleiter, il capozona nazista, elogiò Thaler per il suo comportamento arrendevole. Gli diede ampie rassicurazioni sul fatto che non gli sarebbe accaduto nulla. Avrebbe dovuto soltanto fare il suo periodo di addestramento ed essere disponibile per eventuali missioni di guerra. Così sembrò per due mesi, da settembre a novembre del ’44. Franz fece il suo addestramento, subì l’indottrinamento, si preparò alla vita del soldato. Ma quando ci fu da mettersi in fila per le vaccinazioni, un brigadiere della polizia lo chiamò per informarlo che l’indomani sarebbe stato processato per diserzione.

La testa riprese a girare, ma molto più velocemente. La corte marziale emanò la sentenza di condanna: dieci anni ai lavori forzati nel campo di concentramento di Dachau.

Franz non sapeva, non immaginava quello che lo avrebbe aspettato.

Per tre settimane rimase chiuso nel carcere militare di Silandro, poi iniziò il viaggio verso Dachau.

Il treno arrivò faticosamente a Innsbruck sotto un diluvio di bombe. La prima tappa fu nel carcere del capoluogo tirolese. Un ufficiale delle SS lo accolse in malo modo e lo rinchiuse in una cella buia, fredda dove un prigioniero era incatenato al pavimento. Era magro, pallido, con gli occhi pieni di paura. Fu una scena tristissima. Quell’uomo era, come lui, un disertore. Aveva commesso lo stesso crimine: era fuggito nascondendosi nei boschi intorno alla città per evitare di essere arruolato nell’esercito nazista. In una lettera ai genitori, datata 16 dicembre 1944 e scritta dal carcere di Hall, Franz annota: “Ieri ho passato la notte a Innsbruck e ho visto cose terribili […]. Ora so come saranno per me questi dieci anni al campo di concentramento di Dachau” (Thaler 1990, 48).

L’inferno si rivelò più agghiacciante di ogni lugubre pensiero. C’era un senso di morte ovunque.

Franz ha avuto il coraggio di tornare a Dachau con alcune classi scolastiche nel 1985. Passata la scritta in ferro che dà il benvenuto, “Arbeit macht frei”, ecco che si spalancava l’incubo di quei mesi trascorsi in uno dei luoghi-non luoghi della storia umana, uno di quegli oscuri paesaggi della storia dove la parte più diabolica dell’umano ha preso il sopravvento, dove l’organizzazione della crudeltà si era fatta sistema, dove la paranoia politica portata alle estreme conseguenze aveva decretato un severo confine fra uomini più che uomini destinati a trionfare (la razza ariana) e i sottouomini destinati ad essere schiacciati come mosche, come pidocchi.

Thaler ha saputo rielaborare quella vicenda per dire che mai, per nessun motivo, la civiltà deve permettere che tempi come quelli possano tornare, secondo il monito di Bertolt Brecht.

Quando si superava il cancello di Dachau bisognava passare attraverso l’ufficio delle registrazioni. Da quel momento non eri più un uomo ma una specie di automa alle totali dipendenze degli umori dei capi del campo. Thaler ricorda:

“Mi ordinarono di togliermi i vestiti, venni completamente rasato, ma in realtà molte ciocche di capelli mi vennero letteralmente strappate con le mani. Fui fotografato da tutti i lati. Subito dopo mi interrogarono a lungo. Ricordo bene che mi chiesero se ero cattolico. Risposi di sì e allora i soldati risero e dissero con rabbia: ‘Da ora in avanti imparerai un altro tipo di preghiera!’. Mi consegnarono un paio di mutande e una camicia. Mi guardai allo specchio: non ero più io, ero un altro” (Comina 2006, 110).

La vita scorreva, fra miseria e violenza. A natale spuntò perfino un piccolo albero e al posto della zuppa quotidiana di rape vennero portate quattro patate con una salsa di carne.

Il 26 dicembre arrivò la notizia di un cambio di destinazione. Da Dachau a Hersbruck.

“All’inizio” ricorda Thaler “avevo capito che mi avrebbero trasferito a Innsbruck, poi invece mi resi conto che si trattava di Hersbruck, un campo vicino a Norimberga. La vita era la stessa. Mi fecero lavorare nel cantiere edile. Avevo il compito di costruire nuove baracche per i detenuti” (Comina 2006, 110).

A Hersbruck si stava relativamente meglio. Il comandante aveva almeno un brandello di umanità, un lieve sentimento impensabile nei campi principali sottoposti al rigido controllo gerarchico. Thaler si ammalò di dissenteria, patì il freddo, la fame, ma riuscì a ricevere le cure mediche necessarie per sopravvivere.

Quando, il 4 aprile del ’45, gli comunicarono la decisione di un nuovo trasferimento a Dachau si sentì come morire. Vi arrivò nei giorni dell’apocalisse. Visse i momenti più drammatici, il folle gioco al massacro prima della resa finale alle forze alleate. Furono giorni di sangue, di morte, di orrori rimasti incisi nella storia triste del secolo breve. Franz vide, con i suoi occhi pieni di angoscia, le orrende marce della morte.

“Ora ogni giorno arrivavano a Dachau dei trasporti e delle colonne provenienti dai campi esterni. Là, dove il fronte si avvicinava, i campi venivano evacuati e i detenuti rimandati a Dachau. Erano vere e proprie marce della morte. Giorni e giorni senza mangiare sempre incalzati dalle guardie. Chi non riusciva a stare al passo veniva fucilato o ammazzato di botte. Come ci raccontarono dopo, durante molte di queste marce di rientro pochi arrivarono alla meta” (Thaler 1995, 115).

Quando gli americani lo liberarono, Franz era allo stremo delle forze. C’era una enorme concitazione. Ognuno cercava un pezzo di pane e qualche indumento per coprirsi. Gli americani erano nervosi, temevano che fra i prigionieri potessero nascondersi dei soldati delle SS. Furono giorni frenetici e terribili. Franz ricorda di essere stato messo di schiena davanti ad un muro per essere controllato. Gli americani erano pronti a far fuoco con le mitragliatrici. Furono attimi infiniti. Franz lasciò liberi i pensieri. Sudava freddo dalla paura. Poi capirono che si trattava di prigionieri e li ammassarono in un edificio dove dovettero rimanere per quasi sei giorni senza mangiare. Franz era stremato, non riusciva più ad alzarsi da terra:

“Mi lasciai andare, mi abbandonai a Dio. Mi stesi a terra, non mi interessava più nulla. Ma fu proprio da quella condizione che due uomini mi sollevarono in piedi. Erano due fratelli della Val Passiria, mi dissero che dovevo sforzarmi, che dovevo tirarmi fuori dal torpore perché sarei morto. Avevo trovato i miei angeli custodi” (Comina 2006, 110).

Quando arrivarono i camion americani pieni di pane, conserve, carne e verdure e acqua scoppiò un grido di giubilo. Iniziava davvero un’altra vita?

Nei giorni seguenti ci fu il trasferimento dei prigionieri verso un campo di prigionia in Francia, dove iniziò il lento ritorno alla normalità, l’uscita dall’inferno e il ritorno alla libertà.

Franz tornò a casa il 19 agosto del 1945. Pesava poco più di trenta chili. Arrivò alla stazione di Bolzano. Era solo. Aveva la gioia nel cuore. Salì a Sarentino a piedi.

Qualche giorno dopo, passeggiando per il paese, incrociò il cugino che lo tradì, avvertendo la polizia della sua fuga in montagna. Rimase per un po’ a pensare se salutarlo o far finta di nulla: “Decisi di stringergli la mano. Io posso perdonare ma dimenticare mai” (Comina 2006, 112).

Riferimenti bibliografici

Comina, Francesco (2000). Non giuro a Hitler. La testimonianza di Josef Mayr-Nusser, Cinisello Balsamo (Milano): San Paolo

Comina, Francesco (2006). Il monaco che amava il jazz. Testimoni e maestri, migranti e poeti, Trento: il Margine

Sepúlveda, Luis (2010). Ritratto di gruppo con assenza, Parma: Guanda

Thaler, Franz (1990). Dimenticare mai. Opzione, campo di concentramento Dachau, prigionia di guerra, ritorno a casa, Innsbruck/Bolzano: SONO (versione tedesca: Unvergessen. Option, KZ-Dachau, Kriegs­gefangenschaft, Heimkehr: Ein Sarner erzählt, Bozen: Sturzflüge 1988).

Begründung der Jury

Franz Thaler

Persönlichkeit des Jahres 2012

Die Südtiroler Gesellschaft für Politikwissenschaft/Società di Scienza Politica dell’Alto Adige/Sozietà de scienza pulitica de Sudtirol hat Franz Thaler zur Persönlichkeit des Jahres 2012 gewählt. Franz Thaler hat zeit seines Lebens eine zivilgesellschaftliche Tugend an den Tag gelegt, die im weitesten Sinne des Wortes zutiefst politisch ist: Zivilcourage.

Symbol der Dableiber: Franz Thalers aufrechter Gang begann 1939, als sich seine Fami­lie im Jahre 1939 gegen die Auswanderung ins Deutsche Reich und fürs Dableiben entschied. Es war eine von religiösen Gründen getragene Entscheidung gegen den National­sozialismus. Franz Thaler steht für jene kleine Minderheit der Südtiroler, die eine dreifache Diskriminierung erfuhren: durch die faschistische Unterdrückungspolitik, durch die reichsdeutsche NS-Verfolgung sowie durch die Diskriminierung und Verfolgung einheimischer Nationalsozialisten.

Symbol der Deserteure: 1944 weigerte sich Franz Thaler, als Dableiber dem Einberufungsbefehl zur Deutschen Wehrmacht Folge zu leisten. Die Folge war seine Verhaftung, die Einlieferung ins Konzentrationslager Dachau, Mühsal, Elend, Schrecken und Todesgefahr. Auch wenn es keine Desertion war, weil man nicht von einem Heer desertieren kann, dem man staatsrechtlich nicht angehört, kann Franz Thaler als Symbol für alle Deserteure angesehen werden, die sich einem Unrechtsstaat widersetzen. Pflichterfüllung einem verbrecherischen Regime gegenüber gibt es nicht. Ihre ethische Pflicht haben jene erfüllt, die sich dem Regime verweigert haben, wie Franz Thaler.

Symbol des Widerstandes: Franz Thalers Nein zum Hakenkreuz bei der Option und seine Weigerung, in den militärischen Dienst eines Unrechtsstaates zu treten, machen ihn zum Symbol des Widerstandes gegen den Nationalsozialismus. Die Zahl jener, die in Südtirol diesen Mut aufgebracht haben, war gering. Thaler besaß die menschliche Fähigkeit, zwischen Recht und Unrecht zu unterscheiden und zu sehen, wo elementarste Menschenrechte verletzt wurden. Widerstand bedeutete für ihn, einen gegen den Nationalsozialismus bewussten Akt der Verweigerung zu setzen, unabhängig von der Gefahr für das eigene Leben.

Symbol wider das Vergessen: Franz Thaler hat aus einer zivilgesellschaftlichen Verpflichtung heraus zeit seines Lebens öffentlich Zeugnis abgelegt von seiner Ablehnung des Nationalsozialismus. Mit der Veröffentlichung seiner Erinnerungen 1988 hat er entscheidend dazu beigetragen, ein lang andauerndes Schweigen über den Nationalsozialismus in Südtirol zu brechen und Südtirols Vergangenheit aufzuarbeiten, insbesondere weil er dem ethnisch verengten Blick auf die Südtiroler Geschichte eine menschliche Alternative entgegenstellte. Franz Thaler hat dadurch im weitesten Sinne politische Bildung betrieben.

Symbol der Verzeihung: Franz Thalers menschliche Größe zeigte sich nach seiner Rückkehr aus dem Konzentrationslager. Er hat seine mit dem Tod in Verbindung gebrachten Lebensabschnitte nie vergessen, auch nicht jene, die ihn nach Dachau gebracht haben. Trotz des erlittenen Unrechts hat Franz Thaler allen die Hand zur Versöhnung gereicht. Er hat verziehen, aber er hat nicht vergessen.

Symbol der Völkerverständigung: Franz Thaler hat einen wertvollen Beitrag zur Verständigung unter den Sprachgruppen in Südtirol geleistet, einen Beitrag zum Abbau von gegenseitigen Vorurteilen und dadurch zur Befriedung von ethnischen Auseinandersetzungen. Seine Botschaft der Verständigung genießt kraft seiner Authentizität, Offenheit und Integrität vor allem unter Jugendlichen aller Sprachgruppen eine hohe Glaubwürdigkeit.

Aus all diesen Gründen und insgesamt wegen seiner lebenslangen, öffentlich bezeugten Zivilcourage ist Franz Thaler zur Persönlichkeit des Jahres 2012 gewählt worden.

Motivazione della giuria

Franz Thaler

Personaggio politico dell’anno 2012

La Società di Scienza Politica dell’Alto Adige/Südtiroler Gesellschaft für Politikwissenschaft/Sozietà de scienza pulitica de Sudtirol ha nominato Franz Thaler Personalità dell’anno 2012. Franz Thaler nel corso della sua vita ha quotidianamente abbracciato una virtù sociale e civile che nel senso più profondo del termine è politica: il coraggio civile.

Simbolo di coloro che sono rimasti in Sudtirolo: il coraggioso percorso di Franz Thaler iniziò nel 1939 quando la sua famiglia decise di prendere posizione contro l’opzione per il Reich tedesco e di rimanere in Sudtirolo. Si trattava di una decisione contro il nazionalsocialismo sostenuta da motivazioni religiose. Franz Thaler è il simbolo di quella piccola minoranza di sudtirolesi che vissero una triplice discriminazione: la politica di oppressione fascista, la persecuzione nazista da parte del Reich tedesco nonché la discriminazione e la persecuzione da parte dei nazionalsocialisti locali.

Simbolo dei disertori: nel 1944 Franz Thaler sulla base della sua decisione di rimanere in Sudtirolo si rifiutò di sottostare all’ordine di arruolamento emesso da parte dell’esercito tedesco, la Wehrmacht. Ciò ebbe come conseguenza la sua incarcerazione, il trasferimento nel campo di concentramento di Dachau, la miseria, la sofferenza, il terrore e il pericolo di vita. Anche se non si trattava di diserzione, dato che non si può disertare da un esercito al quale non si appartiene sulla base di un diritto statale, Franz Thaler può essere considerato un simbolo di tutti i disertori che si oppongono ad uno Stato ingiusto. Non esiste un dovere di obbedienza nei confronti di uno Stato criminale. Coloro che, come Franz Thaler, si sono opposti al regime hanno assolto un dovere etico.

Simbolo della resistenza: il rifiuto di Franz Thaler di aderire alla croce uncinata con l’opzione ed il suo rifiuto di assolvere il servizio militare agli ordini di uno Stato ingiusto lo rendono un simbolo della resistenza al nazionalsocialismo. Il numero di coloro che in Sudtirolo hanno avuto questo coraggio era esiguo. Thaler ha avuto la capacità umana di distinguere tra il giusto e l’ingiusto e di vedere dove venivano lesi i più elementari diritti dell’uomo. Resistere per Franz Thaler ha significato opporre un atto consapevole di rifiuto contro il nazionalsocialismo, indipendentemente dal pericolo che ciò comportava per la sua vita.

Simbolo contro l’oblio: nel corso della sua vita Franz Thaler ha dato una testimonianza pubblica di impegno civile e sociale con il suo rifiuto del nazionalsocialismo. Con la pubblicazione delle sue memorie nel 1988 ha contribuito in maniera decisiva a rompere un lungo silenzio sul nazionalsocialismo in Sudtirolo ed ha aiutato ad elaborare il passato del Sudtirolo, soprattutto perché ha contrapposto un’alternativa umana allo sguardo etnicamente ristretto sulla storia del Sudtirolo. Franz Thaler in questo modo ha esercitato una formazione politica nel senso più ampio del termine.

Simbolo del perdono: la grandezza umana di Franz Thaler si evidenziò dopo il suo ritorno dal campo di concentramento. Non ha mai dimenticato i momenti della sua vita correlati con la morte e nemmeno quelli che lo hanno portato a Dachau. Nonostante l’ingiustizia patita Franz Thaler ha teso la mano a tutti come gesto di riconciliazione. Egli ha perdonato, ma non ha dimenticato.

Simbolo della comprensione tra i popoli: Franz Thaler ha dato un importante contributo alla comprensione tra i gruppi linguistici in Sudtirolo, un contributo per l’eliminazione dei reciproci pregiudizi e quindi per la pacificazione delle contrapposizioni etniche. In virtù della sua autenticità, apertura ed integrità il suo messaggio di comprensione gode di una grande credibilità soprattutto tra i giovani di tutti i gruppi linguistici.

Per tutte queste ragioni e per il coraggio civile dimostrato pubblicamente nel corso di tutta la sua vita Franz Thaler è stato nominato Personalità dell’anno 2012.

Motivaziuns dla iuria

Franz Thaler

Personalité dl ann 2012

La Südtiroler Gesellschaft für Politikwissenschaft/Società Politica dell’Alto Adige/Sozieté de sciënza politica de Südtirol à chirì fora Franz Thaler sciöche personalité dl ann 2012. Franz Thaler à mostrè sö tratan döta süa vita n talënt zivil por la sozieté, che é te n significat plü ampl dla parora dassënn politich: le coraje zivil.

Simbol di Dableiber: Le iade sinzier de Franz Thaler à metü man dl 1939, canche süa familia s’â metü cuntra la opziun de s’un jì tl Deutsches Reich y â optè de stè chilò. Chësta dezijiun ê gnüda tuta porvia de gaujes religioses cuntra le nazionalsozialism. Franz Thaler rapresentëia chë picia mendranza de Südtirol, che à vit trëi iadi la descriminaziun: Tres la politica de sotmisciun fascista, tres la porsecuziun nazionalsozialistica di Reichsdeutsche sciöche inće tres la descriminaziun y la porsecuziun di nazionalsozialisć da chilò.

Simbol di deserturs: Dl 1944 à Franz Thaler refodè, sciöche Dableiber, de jì pro i soldas todësc dla Wehrmacht. Sciöche conseguënza él gnü sarè ia, menè tl ćiamp de conzentramënt de Dachau, tribolé, sprigoré y à messü se temëi de perde la vita. Inće sce ara ne se tratâ nia de na deserziun, ćiodiche aladô dl dërt statal ne pon nia desertè da n esert pro chël che an n’alda nia po Franz Thaler gnì odü sciöche simbol de düć i deserturs, che é jüs cuntra n stat iniüst. L’ademplimënt dl dovëi ti confrunć de n rejim criminal n’esìstel nia. Chi che s’à metü cuntra le rejim, sciöche Franz Thaler, à ademplì so dovëi etich.

Simbol dla resistënza: Le no de Franz Thaler ala crusc nazista dala opziun y süa refodanza de jì pro i soldas te n stat criminal le trasformëia te n simbol dla resistënza cuntra le nazionalsozialism. Le numer de chi che à albü chësc coraje ê pice. Thaler â la capazité umana, da desfarenzié danter dërt y tort y da odëi olache al gnô ferì i dërć umans plü elementars. Resistënza orô dì por ël fà n at tler cuntra le nazionalsozialism, belanfat sce chësc metô en prigo süa vita.

Simbol cuntra la desmentianza: Tratan döta süa vita à Franz Thaler mostrè publicamënter so impëgn sozial y zivil en cunt de süa refodanza al nazionalsozialism. Cun la publicaziun de sües memories dl 1988 àl contribuì dassënn a rumpì n chît che dorâ dî sön le nazionalsozialism te Südtirol y a laurè sö le passè de Südtirol, dantadöt ćiodiche al ponô na alternativa umana defrunt ala odlada strënta tla storia de Südtirol. Franz Thaler à insciö pratiché na formaziun politica tl significat plü ampl.

Simbol dl pordonn: La grandëza de Franz Thaler s’à inće mostrè do che al ê gnü zoruch dal ćiamp de conzentramënt. Al ne s’à mai desmentié di tëmps de süa vita lià ala mort, gnanca chi che l’à condüt a Dachau. Inće sce al â patì n tort, ti à Franz Thaler sport a düć la man da se gnì indô. Al à pordenè, mo nia desmentié.

Simbol dla comprenjiun danter i popui: Franz Thaler à dè n contribut de valüta por la comprenjiun danter i grups linguistics de Südtirol, n contribut por desfà i preiudizi che trames les perts â öna por l’atra y insciö por apajè ia i conflić etnics. So messaje de comprenjiun vëgn tut sö tres süa autentizité, daurida y integrité dantadöt dai jogn de düć i grups linguistics.

Sön la basa de dötes chëstes rajuns y porvia de so coraje zivil che al à mostrè publicamënter tratan döta süa vita lungia, é Franz Thaler gnü chirì fora sciöche personalité dl ann 2012.

The jury’s motivation

Franz Thaler

2012 Personality of the Year

La Società di Scienza Politica dell’Alto Adige (Südtiroler Gesellschaft für Politikwissenschaft in German and Sozietà de scienza pulitica de Sudtirol in Ladin) has nominated Franz Thaler as 2012 Personality of the Year. Throughout his life Franz Thaler has practised a social and civil virtue that has a deeply political significance: civil courage.

A symbol of those who stayed in South Tyrol: Franz Thaler’s story of courage began in 1939, when his family decided to take a stand against the Option Agreement of the Third Reich and stay in South Tyrol. This decision was based on religious objections to Nazism. Franz Thaler is the symbol of that small minority of Germans in South Tyrol who suffered from three-fold discrimination: the oppression of the Fascist regime, Nazi persecution from the German Reich, and discrimination and persecution from local supporters of the Nazi regime.

A symbol of deserters: in 1944 Franz Thaler, following his decision to stay in South Tyrol, refused to obey orders to enlist in the German army, the Wehrmacht. For that he was imprisoned, and transferred to the Dachau concentration camp, where he risked his life amidst misery, suffering and fear. Although strictly speaking he was not a deserter, as it is impossible to desert from an army you do not belong to, by virtue of a national right, Franz Thaler can be considered a symbol for all deserters who take a stand against an unjust state. There can be no duty to obey a criminal state. Those who opposed the regime like Franz Thaler did fulfil a moral obligation.

A symbol of the Resistance: Franz Thaler’s refusal to show allegiance to the swastika under the Option Agreement and his refusal to do military service on the orders of an unjust state make him a symbol of resistance to the Nazi regime. Few people in South Tyrol demonstrated his level of courage. Thaler possessed the moral fibre to distinguish between right and wrong and understand where basic human rights were being breached. For Franz Thaler, resistance was the conscious act of rejecting Nazism, regardless of the fact that his life was on the line.

A symbol of remembrance: Franz Thaler’s rejection of Nazism is a lifelong testimony of civil and social engagement. By publishing his memoirs in 1988 he played a decisive role in breaking the lengthy silence on Nazism in South Tyrol and helped the region come to terms with its past, above all because he offered a human alternative to an ethnically restricted vision of South Tyrolean history. Franz Thaler’s story teaches us about politics in the broadest sense of the term.

A symbol of forgiveness: Franz Thaler’s great dignity became evident after his return from the concentration camp. He has never forgotten those parts of his life story that are bound up with death, or the events that took him to Dachau. Despite suffering this grave injustice, Franz Thaler is committed to reconciliation. He has forgiven, but not forgotten.

A symbol of understanding between peoples: Franz Thaler has significantly contributed to fostering tolerance between linguistic groups in South Tyrol, eliminating reciprocal prejudice and establishing peaceful relations between ethnic identities. The authenticity, openness and integrity of his message of mutual understanding have afforded him great credibility, especially among young people of various linguistic groups.

Franz Thaler has been nominated 2012 Personality of the Year for all of these reasons, and in general for the civil courage he has publicly displayed throughout his life.