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Marco Angelucci

Politiche 2008:
elettori in libertà ma non per forza

Il crollo di Romano Prodi e i turbamenti della Südtiroler Volkspartei

Già all’inizio del 2008 i segnali del crollo di Romano Prodi erano visibili. La maggioranza scricchiolava a ogni votazione al Senato. I distinguo di Lamberto Dini, le proteste dei supercomunisti Rossi e Turigliatto, le minacce di Mastella. E, naturalmente, anche i ricatti della Südtiroler Volkspartei (Svp) che in più di un’occasione ha lasciato il Professore con il fiato sospeso guadagnandosi la ribalta sulla stampa nazionale. “Che faranno la Thaler e Pinzger?” si chiedevano i cronisti parlamentari alla vigilia di ogni voto di fiducia. A ricucire però ci pensava sempre il senatore della Bassa Atesina Oskar Peterlini che nella sua veste di presidente del gruppo delle autonomie partecipava alle riunioni di maggioranza strappando importanti concessioni per l’Alto Adige. Il nuovo stadio, il polo giudiziario ma anche l’esenzione dal pagamento dell’Enpals (Ente Nazionale di Previdenza e di Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo) per le Musikkapellen (le bande musicali) e molto altro. Ma le lobbies economiche altoatesine continuano a tuonare contro Visco (che in tedesco di legge Fisco) e le odiate tasse imposte da Roma. Lamentele che Helga Thaler e Manfred Pinzger riportano in Parlamento accusando il governo di portare avanti una politica economica degna di un paese del vecchio blocco socialista. ­Visto da Roma sembrava il classico gioco del poliziotto buono e di quello cattivo, con la senatrice pusterese e il collega venostano a fare il muso duro e Peterlini nei panni del mediatore. E in Alto Adige fioccavano i milioni.

Romano Prodi non era riuscito a pacificare gli animi nemmeno nominando più di cento tra ministri e sottosegretari (il governo più numeroso della storia) e l’annuncio di ciascun provvedimento era accompagnato da furibonde polemiche. Lo scontro degenera quando il Parlamento comincia a discutere della legge elettorale con il fiato dei comitati referendari sul collo. Tutti vogliono modificare il porcellum (la legge elettorale firmata dall’allora ministro Calderoli da lui stesso definita una porcata) ma le proposte di riforma sono tante quante i parlamentari e trovare una mediazione tra partitoni e partitini appare quasi impossibile. Se tutti gli italiani si considerano i migliori commissari tecnici della nazionale di calcio non c’è da stupirsi se tutti i parlamentari si considerino esperti costituzionali. Quando sul tavolo della commissione arriva la bozza Bianco, che non è una bottiglia di vino bensì una riforma che prende il nome da Gerardo Bianco, ex democristiano confluito nella Margherita e glorioso ex sindaco di Catania. Una riforma, quella voluta dal parlamentare siciliano che di fatto taglia la testa a partiti e partitini introducendo un forte sbarramento. In una coalizione in cui i cespugli attorno all’Ulivo era tanti e tanto diversi scoppia il finimondo.

Il giorno in cui la procura di Santa Maria Capua Vetere ordinò l’arresto della moglie del ministro della giustizia Clemente Mastella fu chiaro a tutti che il governo del Professore era arrivato al capolinea. L’Udeur (Unione Democratici per l’EURopa), dopo una burrascosa seduta in Senato, toglie il sostegno a Prodi che è costretto a rassegnare le dimissioni, mentre dai banchi del Popolo della libertà (Pdl) venivano sventolate fette di mortadella. Il voto dei senatori a vita e quello del mastelliano Nuccio Cusumano (colpito anche dallo sputo del collega Barbato furibondo per il “tradimento”) non erano stati sufficienti.

In quelle convulse settimane il presidente Napolitano fa il possibile per riuscire ad arrivare a un governo tecnico in modo da modificare la legge elettorale, ma il tentativo di affidare l’incarico al presidente del Senato Marini però fallisce. Il Capo dello Stato è costretto a sciogliere le camere e una volta fissata la data del voto cominciano le grandi manovre in vista delle elezioni.

Per quanto riguarda l’Alto Adige il campo di battaglia è la regione: per la Camera dei deputati ogni partito deve mettere in piedi liste bloccate con massimo dieci candidati, al Senato invece ci sono sei collegi, un seggio viene attribuito al miglior perdente. I sondaggi sono contrastanti: qualcuno sostiene addirittura che il Partito Democratico (Pd) sta raggiungendo il Pdl e ipotizza un nuovo pareggio al Senato, ma Berlusconi è sicuro di vincere. In Alto Adige sembra un fatto assodato che l’Svp risentirà del calo di consensi magari andando sotto la soglia fatidica del 50 per cento. Se ne accorge persino il quotidiano di lingua tedesca “Dolomiten”.

Nella Stella Alpina i colonnelli dell’ala economica ricominciano ad alzare la voce, chiedendo di spezzare quello che in tanti definiscono “l’abbraccio mortale della sinistra”. Non c’è da meravigliarsi, visto che nei due anni di governo Prodi ne sono successe di tutti i colori. L’indice di gradimento della maggioranza uscente è ai minimi termini e anche nel partito di raccolta altoatesino le voci che difendono la vecchia alleanza si contano sulle dita di una mano. Un numero della rivista del partito “Zukunft in Südtirol”, rivela il “Tageszeitung” del 23 febbraio 2008, finisce al macero: era stato preparato appositamente per spiegare ai cittadini il contenuto della finanziaria e incensava il governo Prodi che nel frattempo era caduto. Il periodico viene rifatto da cima a fondo con contenuti più consoni alla nuova linea della Blockfreiheit. Lo slogan del momento è “io corro da solo”, la politica italiana si dà al jogging. In Alto Adige è lo stesso: la Volkspartei opta a grande maggioranza per andare sola soletta. “A Roma ci occuperemo solo di difendere l’Autonomia”, chiarisce l’Obmann Elmar Pichler Rolle in un breve comunicato del 28 gennaio. Gli elettori approvano: un sondaggio del “Dolomiten” tra 1.400 simpatizzanti Svp rivela che il 72 per cento condivide la linea del blockfrei, ovvero mani libere.

Ma che significa concretamente mani libere? La parola d’ordine è Sachpolitik, ovvero non schierarsi né con il centrodestra né con il centrosinistra ma scegliere di volta in volta in base alle proprie convinzioni. In italiano non esiste una traduzione letterale di Sachpolitik ma qualcuno polemicamente parla di atteggiamento trasformista, una parola che del resto in tedesco è altrettanto intraducibile. Due culture politiche diverse, ma si potrebbe dire che la Volkspartei riesce a farle coesistere.

La pattuglia parlamentare della Stella Alpina corre due rischi. Senza un apparentamento c’è il pericolo di perdere un seggio a Montecitorio, che l’ultima volta era stato ottenuto grazie al premio di maggioranza: dopo un lungo braccio di ferro con l’ala sociale, che aveva proposto Renate Gebhart, il terzo posto in lista viene dato a Magdalena Amhof, giovane assessora brissinese che ottiene la maggioranza dei voti dei dirigenti del collegio elettorale. Uno schiaffo che gli Arbeitnehmer non dimenticheranno. In bilico anche la poltrona di Oskar Peterlini. Il senatore della Bassa Atesina è stato eletto con i voti della Svp e di tutta l’Unione. Se il patto non verrà rinnovato il seggio rischia di finire alla destra. “Un seggio in più o in meno non fa differenza” sibila Helga Thaler Außerhofer durante una seduta della Parteileitung. Peterlini non gradisce e tra i suoi fedelissimi comincia a circolare un sms velenoso “a (guat?) gemoanter Rotschlog für die Svp: die Helga zur Orbetneh­merIn zu erklären (dass der Reinhold a Ruah gibt) und sie nor firn Senotwahlkreis Unterlond auzastelln weil wgn oan Senator mehr oder wianiger isch ungeblich jo gleich” – “Un (bel?) consiglio per l’Svp: far iscrivere la Helga [Thaler ndr] dagli Arbeitnehmer (così Reinhold [Perkmann, il presidente dell’ala sociale ndr] si mette tranquillo) e poi candidarla nel collegio senatoriale della Bassa Atesina, perchè tanto un senatore in più o uno in meno non fa differenza”.

Una maniera scherzosa per dire che è facile parlare quando si è candidati nel collegio blindato della Pusteria. Peterlini ribadisce a ogni occasione che in Bassa Atesina c’è bisogno di un candidato che tenga conto della particolare situazione di una terra in cui italiani e tedeschi convivono gomito a gomito. Nel centrosinistra però non tutti sono d’accordo a ricandidare Peterlini. Una lettera aperta siglata dalla terza componente del Pd (Giovanni Polonioli, Guglielmo Concer, Barbara Repetto, Alberto Stenico e molti altri) chiede che quel collegio vada a un italiano per la normale alternanza che ci dovrebbe essere tra alleati. Il Pd si spacca e l’Svp si irrigidisce e Peterlini perde le staffe. Un sms galeotto – in cui la Thaler viene definita “Frau Questor mit kommunistischer Gnade” (riferendosi al prestigioso incarico ottenuto dalla senatrice anche con il voto dei comunisti) – rischia di far degenerare la situazione e Peterlini sembra ormai spacciato. Ma il senatore della Bassa Atesina ha ancora qualche risorsa e nella Parteileitung (direttivo del partito) si riesce a far passare un accordo che salva capra e cavoli. In pratica si decide di riproporre l’alleanza con il centrosinistra, ma solo in Bassa Atesina, blindando la candidatura di Peterlini. La sinistra radicale si sgancia, mentre il Pd si piega e in una mozione approvata a larga maggioranza si decide di sostenere Peterlini sotto le insegne della neonata coalizione “insieme per le Autonomie”. All’alleanza aderiscono anche il Partito Autonomista Trentino Tirolese (Patt) e l’Unione per i Trentini (l’Upt) di Dellai, fuori invece la sinistra radicale.

Nel presentare il simbolo Pichler Rolle fa un ragionamento che poi viene sonoramente smentito dagli elettori. “In questo modo possiamo vincere sei collegi in Regione” dice l’Obmann. Senza i voti della sinistra però la neonata coalizione perde in due dei tre i collegi del Trentino: un’ecatombe. Al Pdl va anche il seggio del miglior perdente e Cristiano De Eccher viene ripescato dal collegio del Garda. Peterlini si salva, nonostante il Pdl faccia affiggere migliaia di manifesti che lo ritraggono accanto a Prodi. Per la Volkspartei però è un vero e proprio tracollo, con i giornali che fanno a gara per trovare l’aggettivo più cattivo. Il partito di raccolta scivola molto sotto la soglia psicologica del 50 per cento arrivando addirittura al 44 per cento, perdendo anche un seggio alla Camera. I posti dei due ultras dell’ala economica Helga Thaler e Manfred Pinzger sono salvi, ma in Pusteria l’Svp perde tredicimila voti, in Venosta più di cinquemila. In via Brennero suona un campanello d’allarme, anche perché, se i numeri rimarranno questi, l’Svp rischia di perdere la maggioranza assoluta anche in Provincia. E allora sì che sarebbero dolori. Durn­walder sente che il suo trono vacilla e se la prende con Prodi: “Paghiamo l’impopolarità del governo”.

Ma ciò che spaventa è l’ascesa della destra tedesca, che raggiunge percentuali a due cifre. Union für Südtirol (Ufs) e Freiheitliche violano quel patto di non belligeranza che è quasi sempre esistito tra l’Svp e chi stava alla sua destra. Non si tratta di un accordo scritto, sia chiaro, ma alle politiche (salvo rare eccezioni, come ad esempio nel 2006, quando i Freiheitlichen presentarono propri candidati in segno di protesta per l’accordo tra Svp e centrosinistra), la Volkspartei ha praticamente sempre avuto il monopolio della rappresentanza del gruppo tedesco. Verdi e sinistra di volta in volta presentavano un candidato sudtirolese nei collegi della Venosta e della Pusteria, ma è sempre stata un’azione dimostrativa. La destra tedesca invece si è quasi sempre astenuta dal fare concorrenza alla Stella Alpina, perché quando si va a Roma bisogna essere uniti. Stavolta però le cose non vanno così. Sarà che le provinciali sono dietro l’angolo e Union für Südtirol e Freiheitliche cercano visibilità, ma è anche un segnale inequivocabile che l’autonomia è ormai considerata un bene relativamente sicuro. Ufs e liberalnazionali insieme arrivano al 14 per cento in Provincia: nel 2006 erano al 5,4. I dati delle valli fanno paura: in Pusteria e valle Isarco sono al 20 per cento, in Venosta arrivano addirittura al 23. I Freiheitlichen viaggiano ovunque sopra il 10 per cento tranne che in Bassa Atesina, ma a Bolzano arrivano alla soglia dei mille voti. In pratica significa che se si presentassero alle comunali potrebbero eleggere un consigliere. I dati del Senato sono particolarmente indicativi: i Freiheitlichen hanno raddoppiato i voti rispetto al 2006. A Bressanone l’aumento è del 4 per cento: ma nel 2006 c’era il leader maximo Pius Leitner, nel 2008 l’illustre sconosciuto Walter Blaas. E soprattutto allora non c’era la concorrenza dell’Union che ha portato a casa un dignitoso 5 per cento.

Tabella 1: Elezioni politiche 2008 in Alto Adige. I rislutati alla Camera

Lista

2008

2006

Südtiroler Volkspartei

132.612

44,3 %

165.968

53,4 %

–9,1 %

Partito Democratico*

48.613

16,2 %

33.461

10,8 %

5,4 %

Italia dei Valori

5.311

1,8 %

3.315

1,1 %

0,7 %

Il Popolo della Libertà**

42.015

14,0 %

51.546

16,6 %

–2,6 %

Lega Nord

5.951

2,0 %

2.799

0,9 %

1,1 %

Die Freiheitlichen

28.224

9,4 %

16.638

5,4 %

4,0 %

Union für Südtirol

12.443

4,2 %

n.d.

n.d.

La Sinistra l’Arcobaleno***

9.933

3,3 %

23.487

7,6 %

–4,3 %

Udc

5.380

1,8 %

5.324

1,7 %

0,1 %

La Destra - Fiamma Tricolore

5.067

1,7 %

1.453

0,5 %

1,2 %

*Nel 2006 si era presentato l‘Ulivo ** Nel 2006 la somma di An e Forza Italia

*** Nel 2006 la somma di Verdi, Prc e Pdci

Basta l’impopolarità di Prodi a spiegare questa ascesa? Probabilmente è la spiegazione più comoda, ma questa è solo una parte della verità. I risultati delle provinciali di pochi mesi dopo lo dimostreranno inequivocabilmente. La destra tedesca è stata abilissima a sfruttare il malcontento della popolazione trasformandolo in consenso elettorale. Prodi o no, a uscire sonoramente bocciato è il sistema di potere clientelare di una Volkspartei troppo abituata a fare il bello e il cattivo tempo in nome della difesa dei sudtirolesi. Un’altra spiegazione potrebbe essere la paura. Allora la crisi non era ancora così grave come oggi, ma i primi segnali cominciavano a sentirsi: il timore di perdere il benessere ha spinto molti a votare a destra. In via Brennero lo spavento è tale che il partito di raccolta mette in campo tutte le risorse possibili per cercare di riconquistare il terreno perduto. La Stella Alpina non bada a spese e decide di concentrare ingenti risorse per conquistare il voto italiano. Per questo scopo verranno stanziati migliaia e migliaia di euro e il quindicinnale “Qui Bolzano” edito da Athesia pubblica tra giugno e settembre una serie di inchieste che vorrebbero dimostrare che l’Alto Adige è la Provincia meglio amministrata d’Italia. Il periodico del partito “Zis” invece pubblica l’intervista a un italiano che vota Svp. E infatti, alle provinciali, saranno proprio gli italiani a salvare l’Svp dal tracollo, regalandole quel seggio che le garantisce la maggioranza assoluta in Consiglio provinciale.

Intanto anche Unitalia beneficia del vento di destra. La lista che ha Daniela Santanchè come candidata premier raccoglie cinquemila voti in Provincia e arriva all’1,7 per cento. In Bassa Atesina il risultato di Luigi Schiatti è a dir poco soprendente: il consigliere comunale bolzanino arriva a quota 4.900 voti superando il 5 per cento. A Bolzano città Schiatti arriva al 6,9 per cento: due punti in più di quanto non raccoglie Unitalia per la Camera.

La sinistra alternativa, riunita nella coalizione arcobaleno, non va certo meglio. Sandro Angelucci, candidato al Senato in Bassa atesina, sfiora il 10 per cento, ma il risultato della lista è disastroso: alla Camera la coalizione raccoglie solo il 3 per cento. Meno di un terzo dei voti conquistati da Angelucci. La mancanza di una candidata di punta si fa sentire drammaticamente e la scelta di Klaudia Resch non paga né in Alto Adige né in Trentino, dove l’esclusione di Marco Boato si rivela un clamoroso autogol. “Abbiamo scelto Klaudia perché serviva una donna tedesca e lì per lì è stato il primo nome che ci è venuto in mente”, confiderà un dirigente ecologista qualche giorno dopo il voto. Ancora una volta la sinistra sceglie una persona non per le sue qualità politiche ma in quanto donna e in quanto tedesca. Alla faccia della meritocrazia. Alex Langer si sarà rivoltato nella tomba. Il sogno di mandare a Roma un esponente del gruppo tedesco non Svp rimane nel cassetto. E nel cassetto rimane pure la sinistra. Gli adesivi con scritta “la prima volta non si scorda mai” distribuiti in campagna elettorale si rivelano drammaticamente profetici: il 9 aprile arriva una scoppola memorabile, tanto che la sinistra non è ancora riuscita a riprendersi dallo choc. La mazzata fa vacillare i verdi che, almeno in Alto Adige, si erano ormai abituati a ben altre percentuali. I dirigenti ecologisti imputano la sconfitta all’alleanza con i postcomunisti che hanno terrorizzato gli elettori delle valli. Nel partito passa a stragrande maggioranza la linea dell’alleanza con le liste civiche in vista delle provinciali: l’esperimento rosso-verde va abbandonato al più presto. “Non possiamo continuare a cercare alleanze con i sopravvissuti di una guerra combattuta vent’anni fa”, dice Riccardo Dello Sbarba riflettendo sugli scenari futuri. Gli ecologisti non vogliono esser contagiati dalla malattia che sta facendo scomparire la sinistra in tutto il Paese e si dirigono verso nuovi orizzonti. Ma anche l’alleanza con le civiche farà flop. Ormai gli ambientalisti hanno perso il voto di protesta che è andato in maggioranza alla destra tedesca.

Una bocciatura della società interetnica? A prima vista sembrerebbe di sì, ma forse le ragioni che spingono i sudtirolesi a votare a destra sono anche altre. Di fatto i Grünen non sono più credibili come alternativa alla Volkspartei. In particolare i Verdi perdono a Bolzano, la città che dovrebbe essere la culla dei mistilingue. Ma si può fare opposizione inflessibile in Provincia e accettare ogni compromesso in Comune, a cominciare dall’inceneritore? Certo che si può, ma a farne le spese è la credibilità e con la credibilità se ne vanno anche i voti. Hanno pesato molto anche gli insuccessi del governo Prodi: in due anni la sinistra ha ottenuto poco o nulla e i suoi elettori sono ormai sfiduciati. La maggior parte infatti si rifugia nell’astensionismo, mentre un migliaio sceglie Sinistra critica e Partito comunista dei Lavoratori. Non a caso l’affluenza alle urne diminuisce di quasi 4 punti: a Bolzano e Merano, dove si concentra la maggioranza del voto italiano, il calo è ancora più vistoso.

Tabella 2: Elezioni politiche 2008 in Alto Adige. Il risultato in periferia

2008

2006

Flussi

Val Venosta

Südtiroler Volkspartei

11919

57,80 %

15305

71,50 %

–13,70 %

Partito Democratico

1944

9,40 %

1298

6,10 %

3,30 %

Il Popolo della Libertà

728

3,50 %

884

4,20 %

–0,70 %

Die Freiheitlichen

2964

14,40 %

2146

10,00 %

4,40 %

La Sinistra l’Arcobaleno

873

4,20 %

1484

7,00 %

–2,80 %

Val Pusteria

Südtiroler Volkspartei

26833

56,78 %

33917

69,00 %

–12,22 %

Partito Democratico

5506

11,60 %

3048

6,20 %

5,40 %

Il Popolo della Libertà

2911

6,10 %

3483

7,10 %

–1,00 %

Die Freiheitlichen

6544

13,80 %

3723

7,60 %

6,20 %

La Sinistra l’Arcobaleno

873

4,20 %

3676

7,50 %

–3,30 %

Valle Isarco

Südtiroler Volkspartei

15214

51,50 %

19179

63,80 %

–12,30 %

Partito Democratico

3564

12,10 %

1923

6,40 %

5,70 %

Il Popolo della Libertà

2518

8,50 %

2919

9,71 %

–1,21 %

Die Freiheitlichen

5538

17,10 %

2648

8,80 %

8,30 %

La Sinistra l’Arcobaleno

873

4,20 %

2561

8,60 %

–4,40 %

Oltradige Bassa Atesina

Südtiroler Volkspartei

19064

44,30 %

22565

51,30 %

–7,00 %

Partito Democratico

7298

17,00 %

4930

11,20 %

5,80 %

Il Popolo della Libertà

6788

15,80 %

8111

18,50 %

–2,70 %

Die Freiheitlichen

2752

6,40 %

1833

4,20 %

2,20 %

La Sinistra l’Arcobaleno

1283

3,00 %

6535

8,70 %

–5,70 %

Bolzano

Südtiroler Volkspartei

9022

14,70 %

11246

17,10 %

–2,40 %

Partito Democratico

17690

28,80 %

14373

21,80 %

7,00 %

Il Popolo della Libertà

18903

30,80 %

24263

36,80 %

–6,00 %

Die Freiheitlichen

907

1,50 %

563

0,90 %

0,60 %

La Sinistra l’Arcobaleno

2555

4,20 %

6676

10,00 %

–5,80 %

Udc

2559

4,20 %

2452

3,70 %

0,50 %

Unitalia

2929

4,80 %

919

1,40 %

3,40 %

Lega Nord

2288

3,70 %

930

1,40 %

2,30 %

Lista Di Pietro

2742

4,50 %

1557

2,40 %

2,10 %

Nel centrodestra le cose non vanno certo meglio: la storica rivalità tra Holzmann (An) e la Biancofiore (Fi) di fatto blocca ogni decisione fino all’ultimo minuto. La coordinatrice azzurra lancia Alberto Berger e Maurizio Vezzali, mentre Holzmann vorrebbe riproporre Benussi. Il braccio di ferro va avanti a oltranza fino a che, a poche ore dalla presentazione delle liste, lo stato maggiore del neonato Pdl non decide di spedire la vulcanica coordinatrice altoatesina alle pendici del Vesuvio. A guidare la lista Berlusconi seguito da Fini. I primi posti vanno a Franco Frattini, alla fondista Manuela Di Centa e all’imprenditore della Valtellina Mau­rizio Del Tenno. La Biancofiore avrà un posto sicuro in Campania mentre il suo posto in Alto Adige andrà a Holzmann. In cambio però la Biancofiore riesce a piazzare i suoi fedelissimi nei tre collegi senatoriali altoatesini: Pino Bellomo a Bressanone, Patrizia Orio a Merano e Maurizio Vezzali a Bolzano. Forza Italia fa l’en plein e An mastica amaro. L’esclusione del trentino Mario Malossini, inizialmente piazzato solo al settimo posto della lista della Camera, fa scoppiare un ­mezzo terremoto a Trento e gruppi di militanti improvvisano una manifestazione davanti alla sede di Forza Italia fino a che Malossini non viene “avanzato” in una posizione eleggibile. A farne le spese è Alberto Berger che finisce in ultima posizione e sbatte la porta rinunciando alla candidatura. Il risultato del Pdl è un tonfo clamoroso e Malossini, che doveva avere un posto sicuro, rimane a bocca asciutta. Ancora una volta i risultati dell’Alto Adige sono in controtendenza con ciò che accade nel resto del paese e il Pdl raccatta un misero 14 per cento, pochino per quello che si proponeva come il partito degli italiani. Holzmann riesce a essere rieletto sola­mente grazie al premio di maggioranza, Malossini invece rimane fuori. In compenso il Pdl riesce a eleggere due senatori in Trentino. Il risultato di Maurizio Vezzali in Bassa Atesina è catastrofico: l’avvocato brissinese si ferma al 28 per cento. La concorrenza era tanta, è vero, ma nel 2006 Benussi aveva raggiunto il 34 per cento. Allora non c’era l’Unione di Centro (Udc) (che in questo caso presentava un candidato forte come Sandro Repetto!) e la sinistra sosteneva in blocco Peterlini, ma ciò nonostante metà dei potenziali elettori ha bocciato la candida­tura del braccio destro della Biancofiore. In pratica una rivolta delle “colombe” di An e Forza Italia. Ma in realtà la deputata azzurra guardava alle provinciali: ­Michaela Biancofiore già sapeva che lei a ottobre non si sarebbe potuta candidare e dunque era indispensabile lanciare Vezzali. Se l’obiettivo era questo è stato raggiunto. In campagna elettorale comunque girano messaggi strani: secondo alcuni Holzmann farebbe in segreto campagna elettorale per Repetto e Angelucci, limitandosi a chiedere il voto per il Pdl alla Camera. Illazioni? Il deputato di An giura di sì.

E il Pd? Come nel caso del Pdl il risultato è l’opposto di quello nazionale. Con 48mila voti (il 16,2 per cento) il Pd è il secondo partito della provincia di oltre 2 punti davanti al Pdl. Bene anche gli alleati dipietristi, che in Alto Adige portano a casa cinquemila voti, l’1,8 per cento e battono, anche se di poco, Unitalia. Nel 2006 l’Ulivo aveva raccolto trentatremila voti e il risultato del Pd lascia increduli gli stessi dirigenti del partito. “Un risultato straordinario” commenta Christian Tommasini, segretario del Pd altoatesino. Gli elettori sudtirolesi possono festeggiare anche l’elezione della Vicepresidente della Giunta provinciale Luisa Gnecchi. Erano anni che il centrosinistra non mandava un altoatesino doc in Parlamento. L’assessora era riuscita a strappare un posto nei primi cinque dopo un lunghissimo braccio di ferro con i trentini, che invece rimangono praticamente a bocca asciutta perché Roma ha blindato le candidature di Bressa e Tonini. Il risultato del Pd trentino (peraltro nato in fretta e furia alla vigilia delle elezioni su iniziativa esclusiva dei Ds) però è decisamente deludente se comparato con la somma dei voti di Ds e della Civica Margherita di Dellai. Nelle valli sudtirolesi invece il Pd ottiene un risultato strabiliante: in Pusteria è all’11,6 contro il 6,2 raggiunto dall’Ulivo nel 2006, in valle Isarco si passa dal 6,4 al 12,1, in Venosta dal 6,1 al 9,4, nel Burgraviato dal 9,4 al 14,4, mentre a Bolzano città il Pd balza al 28,8 per cento, a soli due punti di distanza dal Pdl. Che cosa è successo agli italiani dell’Alto Adige? Sono diventati tutti improvvisamente veltroniani? Nonostante la batosta nazionale nel Pd altoatesino c’è un atmosfera di grande euforia. Tutti pensano alle provinciali di ottobre e i dirigenti democratici si aspettano di replicare il successo. Se così fosse ci sarebbero poltrone per tutti, ma le cose andranno diversamente e nel giro di sei mesi trentamila voti si dissolvono come neve al sole. Il nervosismo è tale che l’elezione di Barbara Repetto viene contestata dal primo dei non eletti Roberto Bizzo, rimasto a bocca asciutta. Le ragioni dell’effimero successo del Pd sono molteplici. Da un lato i democratici ottengono molti voti dell’ala sociale Svp. Gli Arbeitnehmer non hanno ancora digerito lo schiaffo della mancata candidatura di Renate Gebhart. Insomma, voti che a ottobre torneranno dove erano venuti, ovvero alla Volkspartei, che a sua volta verrà salvata dai tanti italiani che stufi dei litigi pretendono stabilità. Ma il Pd riesce anche a catalizzare i voti degli italiani della periferia, stufi delle parole d’ordine di un centrodestra che continua ad attaccare l’autonomia, che ormai viene considerata un vantaggio per tutti. E infatti fuori da Bolzano il Pdl lascia sul campo migliaia e migliaia di voti, che in parte vanno a Unitalia e in parte al Partito democratico.

Un buon risultato lo ottengono anche l’Udc e la Lega, entrambe alle prove generali in vista delle provinciali. Il Carroccio arriva al 2 per cento, trainato anche dal risultato della Lega trentina che ottiene un vero e proprio plebiscito. L’Udc arriva all’1,8 totalizzando 4.800 voti. Sandro Repetto, candidato al senato nel collegio della Bassa Atesina, invece, di voti ne prende 5.500. In pratica l’assessore alla cultura di Bolzano, da poco traslocato dalla Margherita all’Udc, è diventato il padrone del partito, guadagnandosi sul campo il diritto di fare il capolista alle provinciali. Solo il grande affollamento al centro gli impedirà di essere eletto e diventare assessore. Bene anche l’Italia dei valori, che in Alto Adige sfiora il 2 per cento. Un buon auspicio in vista delle provinciali ma, alla fine, anche i dipietristi restano fuori nonostante l’alleanza con il sempreverde Luigi Cigolla.

Riferimenti bibliografici

Atz, Hermann/Pallaver, Günther (2009). Der lange Abschied von der Sammelpartei. Die Landtagswahlen 2008 in Südtirol, in: Karlhofer, Ferdinand/Pallaver, Günther (a cura di): Politik in Tirol. Jahrbuch 2009, Innsbruck-Wien-Bozen: Studienverlag, 95 – 127

D’Alimonte, Roberto/Fusaro, Carlo (a cura di) (2008). La legislazione elettorale italiana, Bologna: il Mulino

ITANES (2008). Il ritorno di Berlusconi. Vincitori e vinti nelle elezioni del 2008, Bologna: il Mulino

Peterlini, Oskar (2009). Südtirols Vertretung am Faden Roms. Die Auswirkungen von Wahlsystemen auf ethnische Minderheiten am Beispiel Südtirols in Rom von 1921 – 2013, in: Hilpold, Peter (a cura di): Minderheitenschutz in Italien (Ethnos vol. 70), Wien: Braumüller, 37 – 139

Abstracts

Parlamentswahlen 2008:
WählerInnen in freiem Ausgang,
aber nicht zwangsläufig

In der Regel präsentierte sich die Südtiroler Volkspartei (SVP) in Rom immer als monolithischer Block, um das höchste Gut der SüdtirolerInnen zu verteidigen: die Autonomie. Dennoch gelang es Regierungschef Romano Prodi, die Sammelpartei der SüdtirolerInnen zu spalten. Während seiner Regierungszeit gab es unzählige Auseinandersetzungen unter den SVP-Senatoren, zwischen Ulivo-Vertreter Oskar Peterlini und den Ultras des ökonomischen Flügels Helga Thaler-Außerhofer und Manfred Pinzger. Vom Süden aus betrachtet schien es das klassische Spiel des guten und des bösen Polizisten, aber in Wirklichkeit tat sich eine tiefe Wunde auf. Vielleicht haben auch deshalb viele der SVP den Rücken gekehrt und beschlossen, bei den Parlamentswahlen 2008 die deutschsprachige Rechte zu wählen. Es war dies ein untrügliches Zeichen für die darauffolgenden Landtagswahlen im Oktober. Der SVP ist es gelungen, Teile des verloren gegangenen Terrains zurückzugewinnen, indem sie eine Unmenge von finanziellen Ressourcen zur Verfügung stellte, die Tausende von Italienern überzeugt haben, das Edelweiß anzukreuzen. Insgesamt erlebte man in nur sechs Monaten ein wahres Paradox: Zuerst erlebte die Demokratische Partei dank der deutschsprachigen Stimmen einen Höhenflug, dann ist die SVP dank der italienischen Stimmen gerettet worden. Fragt sich, ob man in Südtirol heute noch von “ethnischen Stimmen” sprechen kann.

Lîtes provinziales 2008: litadësses y litadus lëdi,
mo nia por forza.

Por le plü se presentâ la Südtiroler Volkspartei (SVP) a Roma dagnora sciöche n grup monolitich, por defëne le maiù patrimone dles südtirolejes y di südtiroleji: l’autonomia. Porimpò ti éra garatada al capo dl govern Romano Prodi da despartì le partì de racoiüda dles südtirolejes y di südtiroleji. Intratan so tëmp de govern él stè n gromun de discusciuns danter i senaturs dla SVP, danter le rapresentant dl Ulivo Oskar Peterlini y i ultras dl’ara economica Helga Thaler-Außerhofer y Manfred Pinzger. Conscidré dal süd infora ân l’impresciun dl jüch tlassich danter le bun y le ri polizist, mo en realté él gnü scarzè sö na plaia sota. Bunamënter ti à inc´e porchël tröc ôt le spiné ala SVP y tut la dezijiun da ti dè la usc dales lîtes parlamentares 2008 ala man dërta de lingaz todësch. Chësc é stè n signal tler por les lîtes provinziales d’otober dl medemo ann. La SVP é stada buna da se davagné zoruch na pert dles usc pordüdes meton a desposiziun n gröm de ressorses finanziares che à inzaridé di milesc de taliagn da fà la crusc söla stëra de munt. Döt adöm àn podü odëi tl tëmp cört de sis mëisc n dër paradox: impröma à le Partì Democratich (PD) pié le jore cun les usc di todësc, dedô é la SVP gnüda salvada dales usc di taliagn. Al é da se damanè, sce an po c´iamò baié incö te Südtirol de „usc etniches“.

Parliamentary elections 2008:
Versatile voters, but not necessarily

As a general rule the Südtiroler Volkspartei (SVP) has presented itself as a monolithic block in Rome to defend the highest good of South Tyroleans: the autonomy. Nevertheless, the head of government Romano Prodi managed to split the collective party of the South Tyroleans. During his term of office there were numerous disputes among SVP-senators, namely between Oskar Peterlini, representative of the Ulivo on the one side, and Helga Thaler-Außerhofer and Manfred Pinzger, representatives of the ultra-economic wing on the other. Observed from the South it seemed to be the classical game of good cop and bad cop but in fact a deep wound became visible. Maybe because of that many voters turned their backs on the SVP and decided to vote for the German right wing in the parliamentary elections 2008. This was an unmistakable sign for the following elections for the provincial parliament in October. The SVP was able to regain parts of the lost terrain by using up huge financial resources which convinced thousands of Italians to choose the Edelweiß. All in all one experienced a real paradox within the space of only six months: At first, the Democratic Party got on a roll thanks to German-speaking voters, then the SVP was saved by Italian votes. Whether one can still speak of “ethnic voices” in South Tyrol, is questionable.