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Francesco Beldì

La governance inclusiva come fattore di successo per la politica agricola altoatesina

1. Un salto indietro nel tempo

1.1 La nascita di una politica agricola provinciale

La politica agricola provinciale nasce nel momento dell’attribuzione delle competenze primarie in materia di agricoltura alla Provincia (Pacchetto 1972). Da quel momento la Provincia non deve più dividere in questo campo la potestà legislativa con lo Stato o con la Regione e gode di un’ampia autonomia anche nel modulare gli aiuti in favore delle aziende agricole e di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli previsti e cofinanziati dalla Comunità europea.

In quel momento storico e culturale la concomitanza di alcuni fattori rese possibile la definizione di obiettivi di politica agricola provinciale chiari e condivisi, con la definizione di un’idea forte che consentì di immaginare come l’agricoltura si sarebbe potuta sviluppare nel medio e lungo termine. All’agricoltura venne attribuito un ruolo di presidio culturale, prima ancora che ambientale, e questo valeva in particolare per l’agricoltura di montagna per sottolineare l’importanza di mantenere la popolazione nei comuni rurali e periferici.

La politica agricola provinciale venne quindi indirizzata a sviluppare la frutticoltura nel fondovalle aumentando quantità e qualità delle produzioni, a migliorare la qualità della produzione vitivinicola, a sostenere la capacità produttiva e commerciale delle organizzazioni dei produttori nei principali settori produttivi (frutta, vino e latte), a stimolare la aggregazione dei contadini intorno alle cooperative di produzione e ad altri soggetti, a favorire l’occupazione agricola creando le condizioni per mantenere un adeguato livello di prezzi al produttore, ed a migliorare la qualità della vita nelle zone rurali garantendo l’accesso a servizi essenziali (acquedotti, elettricità, telefono, strade di collegamento, scuole, ecc.).

Queste scelte furono facilitate dalla semplicità degli assetti colturali possibili (prati e pascoli in alta quota, frutticoltura specializzata nel fondovalle, viticoltura nei terreni in pendenza a bassa quota) che favorì la specializzazione colturale e spinse al rafforzamento di servizi specifici di supporto come il Bergbauernberatung per l’agricoltura di montagna e la Stazione sperimentale di Laimburg ed il Beratungsring per la frutticoltura e la viticoltura.

Semplificati erano anche i rapporti istituzionali per la linea diretta che univa il mondo agricolo e rurale con i decisori politici. La Südtiroler Volkspartei (Svp), il partito di raccolta della minoranza linguistica tedesca che ha guidato con continuità la Provincia sin dal dopoguerra, aveva il suo bacino elettorale nelle aree rurali, dove le famiglie contadine giocavano ed ancora giocano un ruolo decisivo. La stessa organizzazione sindacale degli agricoltori, il Südtiroler Bauernbund, era ed è molto vicina al partito, tanto che alcuni suoi uomini di spicco sono stati direttori dell’associazione: Luis Durnwalder, presidente della Provincia dal 1989 al 2014, Joachim Dalsass, europarlamentare dal 1979 al 1994, Herbert Dorfmann, europarlamentare, attualmente al suo secondo mandato, Thomas Widmann attuale Presidente del Consiglio provinciale. Il risultato di questa situazione fu (ed è ancora) una grande unità di intenti fra i locali gruppi di interesse agricolo, unità che ha evitato conflittualità e contrasti nella definizione della policy sia in termini di obiettivi che di strumenti da utilizzare.

A tutto ciò si devono aggiungere una disponibilità di risorse economiche sufficiente a far fronte a tutte le esigenze principali, un atteggiamento culturale e sociale che permetteva (e permette ancora) non solo di definire ma anche di perseguire con linearità gli obiettivi fissati e la presenza dell’istituzione del “maso chiuso” che ha evitato la frammentazione e la polverizzazione della proprietà e dell’attività agricola.

E non bisogna dimenticare che il compito di presidio del territorio di montagna assegnato agli agricoltori era, ed è ancora, funzionale al turismo, settore economico trainante dell’economia altoatesina, perché la prosecuzione dell’attività agricola assicura il mantenimento del paesaggio tipico, elemento di grande richiamo per i turisti. Senza scordare che la cultura contadina esprime alcune importanti manifestazioni del calendario turistico altoatesino, come ad esempio la Festa dell’uva di Merano ed il Törggelen che richiamano migliaia di turisti e consentono di prolungare la stagione turistica per tutto il mese di ottobre.

Così il primo documento preliminare per un Programma provinciale per lo sviluppo economico predisposto dall’allora assessore all’urbanistica Alfons Benedikter assegnava una priorità assoluta alla tutela del paesaggio ed alla limitazione del consumo del suolo dando luogo in seguito al “Piano provinciale di sviluppo 1980-82” (Lep I) che, anticipando il previsto Piano di coordinamento territoriale, conteneva alcuni vincoli urbanistici che limitavano fortemente la possibilità di cambiare la destinazione d’uso ai terreni agricoli difendendo e sostenendo anche in questo modo la continuità delle attività agricole.

Ed i risultati non si fecero attendere, confermando la bontà delle scelte adottate.

Bolzano dimostrò infatti di saper affrontare positivamente i problemi strutturali che affliggevano ed ancora affliggono l’agricoltura italiana trovando soluzioni originali ed efficaci.

Fig. 1: Soluzioni della Provincia di Bolzano per problemi strutturali dell’agricoltura

Problemi strutturali ­dell’agricoltura italiana

Situazione dell’agricoltura altoatesina fino agli anni ’90

Soluzioni

Diminuzione dell’occupazione in agricoltura

Mantenimento dell’occupazione

• Consolidamento del mercato

• Sostegno al reddito

• Ruolo sociale dell’agricoltore

• Sostegno per l’ammodernamento delle abitazioni degli agricoltori

• Miglioramento della qualità della vita (strade, elettrodotti, acquedotti etc.) Collegamento di tutti i masi ad una viabilità che li rende più accessibili

Invecchiamento della popolazione agricola

Piccoli segnali di invecchiamento

Vedi sopra

Difficoltà nella modernizzazione delle aziende e nell’adattamento al nuovo

Riguarda principalmente le aziende zootecniche

Specializzazione e innovazione in frutticoltura e viticoltura

Esigenza di una specializzazione produttiva

Raggiungimento di una forte specializzazione produttiva

Dal punto di vista produttivo tutte le aziende tendono a specializzarsi

Esigenza di un adattamento alla multifunzionalità

Spinta alla multifunzionalità collegandosi alla vocazione turistica del territorio e sviluppando soprattutto l’offerta di posti letto negli agriturismi.

Alloggi agrituristici

Ridotta organizzazione dei mercati e della filiera

Per tutti i prodotti principali forte organizzazione di filiera con attività di prima trasformazione sotto il controllo degli agricoltori (cooperative)

Consolidamento del movimento cooperativo per aggregare l’offerta

1.2 Le politiche attuali nascono negli anni ’90

L’avvento alla presidenza della Provincia di Luis Durnwalder (1989) segna un momento di discontinuità rispetto alle politiche agricole precedenti. Infatti l’attenzione si focalizza, in agricoltura come in altri settori, sullo sviluppo economico. Il contadino deve orientarsi al mercato e produrre reddito anche per continuare a svolgere il ruolo di baluardo a difesa delle tradizioni locali. Inoltre l’orientamento alla crescita e la perdita di importanza economica del settore agricolo rendono accettabile destinare il suolo agricolo a scopi diversi e si assiste, così, alla crescita delle aree artigianali nelle vicinanze dei centri abitati ed alla realizzazione della MEBO, la superstrada che unisce Bolzano e Merano.

Contemporaneamente, però, fra i gruppi di interesse agricolo della provincia emergono le istanze ambientaliste, supportate dal ruolo che in quegli anni assume il Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol, l’associazione che riunisce i protezionisti altoatesini fondata nel 1982 e caratterizzata dalla concretezza delle sue azioni avverse a progetti che hanno grosse ricadute ambientali e dall’autorevolezza di alcune figure tecniche di spicco che si fanno portatrici di una nuova idea di sviluppo e che permettono all’ambientalismo altoatesino di distinguersi da quello italiano per la sua capacità di essere concreto e propositivo, anche grazie agli stimoli provenienti dai Colloqui di Dobbiaco ed alle attività dell’Ökoinstitut. In campo agricolo i protezionisti mettono in discussione l’intensivizzazione delle produzioni agricole e zootecniche a causa delle ricadute ambientali determinate dall’impiego dei mezzi tecnici (soprattutto fitofarmaci e concimi) e dall’incremento del rapporto fra capi allevati e superfici coltivate. Inoltre sostengono l’agricoltura biologica.

Per quanto questo movimento culturale rappresenti sicuramente uno dei fattori dei successi elettorali dei Verdi, è importante sottolineare che molti attivisti del Dachverband sono politicamente vicini alla Svp e che hanno portato queste istanze nel dibattito del partito di raccolta, seppure come minoranza interna. Così nonostante l’iniziale opposizione anche la Svp ha fatto propria la spinta a rimarcare la funzione di tutela del territorio dell’agricoltura, sia per le ricadute sul settore turistico, sia perché nei loro tratti essenziali questi assunti facevano già parte delle linee di politica agricola definite e portate avanti con coerenza negli anni precedenti e mai rinnegate, anche se sostenute attribuendo maggiore rilevanza agli aspetti economico-produttivi e togliendo all’agricoltura quel ruolo di assoluto primo piano che aveva avuto in precedenza.

Nel frattempo la Comunità europea iniziava a sostenere forme di agricoltura che permettessero di promuovere uno sviluppo sostenibile ed equilibrato delle zone rurali, comprese quelle in condizioni di produzione difficili. Infatti oltre al ruolo di produzione degli alimenti, all’agricoltura veniva assegnato il compito di salvaguardare l’ambiente e le comunità rurali. Nei fatti quindi le scelte della Provincia si trovavano ad essere concordi con gli orientamenti comunitari. Appare eviden­te allora che il passaggio da una “politica agricola settoriale” ad una “politica agricola territoriale” voluto dalla Ce negli anni ’90 in Alto Adige è stato meno traumatico che altrove, in quanto non ha fatto altro che consolidare orientamenti che la politica agricola provinciale aveva già segnato precedentemente.

Nel 1988 la prima riforma dei Fondi comunitari aveva portato alla nascita del Programma di sviluppo rurale (Psr o secondo pilastro) ed aveva ridefinito il ruolo delle Organizzazioni comuni dei mercati agricoli (Ocm) facendo emergere la necessità di integrare gli strumenti messi a disposizione dalla Comunità europea (soprattutto Psr ed Ocm)1 con quelli provinciali. L’attenzione dei decisori si spostava, quindi, dalla definizione degli obiettivi alla scelta degli strumenti. La Ce diventava un interlocutore fondamentale, perché offriva opportunità pur imponendo obblighi procedurali. Si trattava di individuare, fra gli strumenti messi a disposizione da Bruxelles, quelli che permettessero di proseguire la strada verso gli obiettivi prefissati, aumentando le risorse disponibili per il settore. Non solo. Bisognava individuare chiaramente gli strumenti che consentissero di spendere con continuità e velocemente queste risorse perché la Ce premiava queste capacità con l’assegnazione di risorse aggiuntive. Così entrava in gioco la capacità tecnica di attuare le politiche individuando le norme di attuazione, ottemperando agli obblighi previsti dalla Ce, agendo sulle modalità di esecuzione per semplificare l’accesso ai contributi, eccetera.

Questa governance tecnica del sistema, che continua ancora oggi, è stata altrettanto importante di quella politica perché da essa è dipesa l’efficienza delle azioni poste in essere. È stato un aspetto che dipendeva dalle capacità dei singoli, ma anche e, forse soprattutto, da una struttura amministrativa in cui i ruoli e le funzioni dei singoli operatori sono chiari, distinti e liberi da ingerenze. L’amministrazione della Provincia autonoma di Bolzano si è distinta sotto questo aspetto non solo in Italia, ma anche in Europa, come mostra l’andamento della spesa delle risorse attribuite per i Psr che si sono succeduti negli anni.

2. La politica agricola oggi

2.1 Le forme di sostegno all’agricoltura

L’agricoltura è caratterizzata dagli interventi di politica economica, considerati necessari perché questo settore è valutato come debole e delicato per il tendenziale declino dei prezzi agricoli e la conseguente contrazione dei redditi in confronto ad altri settori, per le specificità organizzative e di funzionamento dell’attività agricola e dei mercati agro-alimentari, per la perdita di peso economico del settore primario, per l’importanza strategica della produzione alimentare e per la rilevanza sociale del mondo rurale. Queste considerazioni sono comuni a tutti i Paesi, tanto che non si tratta di capire se si debba sostenere, ma quanto si debba sostenere il settore agricolo (o più in generale il mondo rurale) e con quali strumenti. In questo quadro si collocano gli interventi definiti dalla Provincia attraverso risorse proprie e comunitarie.

Nel box 2 sono riassunti i principali disposti che dettano la disciplina del sostegno all’agricoltura finanziato attraverso fondi provinciali. Per ogni legge sono indicati i settori in cui sono previsti interventi. A questo apparato legislativo vanno aggiunte le risorse previste dai regolamenti europei, in particolare quelle che disciplinano lo sviluppo rurale (Psr) e le Organizzazioni comuni di mercato (Ocm) riassunte nel box 3 con l’indicazione dei settori di intervento.

Fig. 2: Normativa provinciale per il sostegno al settore agricolo

Legge provinciale 14 dicembre 1998, n. 11 e successive modifiche.

Impianto di ciliegie e prugne, albicocchi, fragole e piccoli frutti; trasformazioni di prodotti agricoli di origine vegetale ed animale; indennizzo per la lotta contro le fitopatie soggette a denuncia; indennizzo per animali sottoposti a macellazione o distruzione obbligatoria; copertura assicurativa nel settore zootecnico; benessere animale; primo insediamento giovani agricoltori; investimenti in apicoltura; costruzioni e risanamenti di edifici dedicati alla zootecnia; acquedotti per aziende agricole; impianti irrigui in frutticoltura e in aziende foraggere; miglioramenti fondiari; costruzione di strade poderali; costruzione di strade di accesso e di muri di sostegno per le aziende agricole; costruzione/ristrutturazione/risanamento di una rimessa agricola; acquisto di edifici funzionali alle attività agricole; acquisto di macchine agricole, impianti ed attrezzi per la meccanizzazione interna; associazioni allevatori; consulenza e assistenza tecnica in agricoltura.

Legge provinciale 14 dicembre 1999 n. 10, art. 4 e successive modifiche

Ricerche di mercato, ideazione e progettazione del prodotto, costi per la preparazione delle domande di riconoscimento delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine; introduzione di norme di assicurazione della qualità, sistemi di tracciabilità e sistemi di audit ambientale; formazione del personale, chiamato ad applicare i nuovi sistemi e le nuove procedure; contributi pagati agli organismi di certificazione riconosciuti per i sistemi di sicurezza della qualità; controlli obbligatori adottati in ottemperanza a norme della normativa comunitaria ove la legislazione comunitaria stabilisce che tali costi devono gravare sulle imprese.

Legge provinciale 20 gennaio 2003 n. 3, art. 17

Contributo alla certificazione delle aziende biologiche.

Legge provinciale 11 gennaio 1974 n. 1 e successive modifiche

Nuova costruzione, ristrutturazione o risanamento dell’abitazione agricola; acquisto dell’abitazione agricola.

Legge provinciale 19. settembre 2008 n. 7

Agriturismo

Legge provinciale 15 aprile 1991, n. 9 e successive modifiche

Concessione di mutui agevolati per investimenti in aziende florovivaistiche e in vivai - Reg. (CE) 1234/07 (impianto di viti)

Legge provinciale 21 ottobre 1996 n. 21, articolo 43 – 49

Realizzazione di infrastrutture sulle malghe: costruzione e risanamento di strade alpestri: costruzione e risanamento di edifici alpestri (baite e stalle), costruzione e risanamento di condutture d’acqua, miglioramento alpestre; realizzazione di viabilità rurale (collegamento ai masi): ampliamento, asfaltatura delle strade rurali (collegamento ai masi), piani di sicurezza (posa di guardrail e barriere di protezione), lavori di sistemazione e rinverdimento delle scarpate a valle e a monte, deviazione funzionale delle acque superficiali (posa di canalette di scolo, drenaggi, cunette a monte, tombini), misure di sostegno e consolidamento (muri ciclopici, opere di sostegno), nuove misure di ingegneria naturalistica (terre armate); realizzazione conduttore per acqua potabile e antincendio.

Fig. 3: Normativa comunitaria per il sostegno al settore agricolo

Programma di Sviluppo Rurale (PSR)

Formazione e informazione, servizi di sostituzione, costruzione e ammodernamento delle stalle, costruzione e ammodernamento degli stabilimenti di trasformazione dei prodotti agricoli; valorizzazione dei prodotti agricoli, indennità compensative, misure agro-ambientali e agricoltura biologica, ricostituzione dei castagneti, altri interventi in ambito forestale, agriturismo, turismo rurale, riqualificazione dei villaggi, acquedotti rurali, strade al servizio delle malghe e dei masi, interventi di miglioramento e riqualificazione dell’agroecosistema, approccio Leader.

Organizzazione Comune di Mercato (OCM)

Riconversione e ristrutturazione dei vigneti, miglioramento, modernizzazione e ampliamento celle per la frigoconservazione, acquisto di bins per la raccolta, impianti di confezionamento, macchine cernitrici, carrelli elevatori, rintracciabilità, applicazione dell’agricoltura integrata, applicazione del metodo della confusione sessuale, progetti informatici, progetti per il miglioramento qualitativo dei prodotti, per la ricerca di mercato ed investimenti e per il risparmio energetico, assicurazione sul raccolto per i magazzini di conservazione della frutta, imballaggi riutilizzabili.

Regolamento del Consiglio (Reg CE) n. 1234/2007

Aggiornamento, acquisto prodotti contro la varroa, arnie e attrezzature per il nomadismo, misure per la riproduzione.

Appare evidente la stretta integrazione realizzata negli ultimi quindici anni fra gli strumenti propri della Provincia e quelli cofinanziati dall’Unione europea. Circa un terzo del totale degli interventi è finanziato esclusivamente attraverso gli strumenti della Ce, circa un terzo con risorse esclusivamente proprie della Provincia ed un altro terzo utilizza i due canali di finanziamento, talvolta anche le procedure e le disposizioni sono identiche: è il caso dei fondi top-up con i quali la Provincia ha coperto le indennità compensative ed i premi previsti per il primo insediamento, ma finanziati solo parzialmente dal Psr.

Diverse invece sono le dotazioni finanziarie almeno fino al 2008, cioè fino a quando il bilancio provinciale per l’agricoltura ha mantenuto una dotazione sostanzialmente stabile in valore assoluto, anche se con una riduzione rilevante tenendo conto della rivalutazione monetaria (meno 14 per cento fra il 2000 e il 2008). Fino a quel periodo, infatti, le risorse provinciali contribuivano per oltre il 60 per cento alla dotazione finanziaria del settore. Ma nel 2013 la diminuzione delle disponibilità del bilancio provinciale (meno 30 per cento in valore assoluto e meno 50 per cento in termini reali rispetto al 2000) portano in equilibrio il rapporto fra risorse proprie e risorse derivanti da fondi comunitari.

Osservando il tipo di interventi si può notare come i finanziamenti comunitari incidano soprattutto sul sistema dei premi (azioni agroambientali, indennità compensative, premi per l’agricoltura integrata, ecc.) e sugli investimenti immateriali, mentre le risorse provinciali agiscono in modo determinante sugli investimenti materiali. Si evidenzia anche la diminuzione delle risorse per investimenti materiali determinata dal calo delle risorse proprie della Provincia.

L’analisi degli interventi evidenzia anche come le politiche agricole siano funzionalmente e formalmente connesse con quelle di altri settori. È la Ripartizione foreste, ad esempio, ad occuparsi degli interventi sulle malghe e sui pascoli, ma ci sono ambiti, come la gestione dei castagneti, dove il confine fra attività agricola e forestale è sfumato, senza dimenticare che molti agricoltori svolgono anche lavori forestali e, di conseguenza, che l’attività forestale diventa spesso un’attività accessoria per le aziende agricole.

Né possono sfuggire le strette relazioni con il sistema di protezione ambientale, ad esempio tutti gli interventi di ripristino degli agroecosistemi deteriorati sono realizzati in accordo e su progetto della Ripartizione natura, paesaggio e sviluppo del territorio. Altrettanto si può dire per i premi concessi per il mantenimento di elementi tipici del paesaggio (pascoli laricati, prati magri, torbiere, ecc.) finanziati con il Psr ad integrazione di contributi erogati con le risorse proprie di quella ripartizione.

E non possono essere definiti interventi di politica agricola sensu stricto le azioni a sostegno degli acquedotti rurali, del rinnovamento dei villaggi o delle abitazioni degli agricoltori, ma queste vanno inserite in un quadro più ampio di politica rurale nella quale trovano posto anche altri tipi di intervento, ad esempio quelli di riqualificazione e produzione energetica e lo sviluppo della banda larga, che sono gestiti da altre ripartizioni, ma che riguardano il mondo rurale e/o l’agricoltura, tanto che in altre regioni vengono finanziati attraverso strumenti di politica agricola.

Tab. 1: Il bilancio della Ripartizione Agricoltura dal 2000 al 2013 in valore assoluto e in valore corrente

Anno

Bilancio della Ripartizione Agricoltura (valore assoluto)

Bilancio della Ripartizione Agricoltura (valori correnti 2013)

2000

€ 99.185.000,00

€ 130.031.535,00

2001

€ 107.900.000,00

€ 137.680.400,00

2002

€ 101.323.000,00

€ 126.248.458,00

2003

€ 94.921.000,00

€ 115.613.778,00

2004

€ 96.061.800,00

€ 114.505.665,60

2005

€ 97.532.936,00

€ 114.308.600,99

2006

€ 102.069.940,00

€ 117.380.431,00

2007

€ 98.583.113,00

€ 111.398.917,69

2008

€ 102.163.330,00

€ 111.868.846,35

2009

€ 95.401.820,00

€ 103.701.778,34

2010

€ 85.078.198,00

€ 91.033.671,86

2011

€ 79.276.236,00

€ 82.605.837,91

2012

€ 78.044.686,00

€ 78.825.132,86

2013

€ 72.108.956,00

€ 72.108.956,00

Fonte: Provincia Autonoma di Bolzano (2013), Relazione Agraria e Forestale 2013, rielaborazione dell’autore.

Tab. 2: Agevolazioni in agricoltura nel 2008 e nel 2013: incidenza sul totale e ­ripartizione per provenienza delle risorse in funzione del tipo di agevolazione

2008

Incidenza sul totale
delle ­agevolazioni

Tipo di
agevolazione

Fondi propri
della Provincia

Fondi comunitari

63 %

Investimenti materiali

72 %

28 %

1 %

Investimenti immateriali

7 %

93 %

5 %

Gestione

93 %

7 %

24 %

Premi

21 %

79 %

7 %

Altro

100 %

0 %

2013

Incidenza sul totale
delle ­agevolazioni

Tipo di
agevolazione

Fondi propri
della Provincia

Fondi comunitari

45 %

Investimenti materiali

63 %

37 %

3 %

Investimenti immateriali

2 %

98 %

9 %

Gestione

58 %

42 %

22 %

Premi

18 %

82 %

11 %

Altro

100 %

0 %

Fonte: Provincia Autonoma di Bolzano (2013), Relazione Agraria e Forestale 2013, rielaborazione dell’autore.

2.2 Gli interventi legislativi per la disciplina del settore

L’attenzione a declinare la politica agricola comunitaria in scelte locali riguarda anche gli interventi di regolamentazione del settore, con i quali la Provincia recepisce normative europee o nazionali. Anche se possono sembrare adempimenti solo formali, in realtà la loro definizione può avere effetti anche significativi sull’operatività delle aziende.

Ad esempio il decreto del Presidente della Provincia (d.p.p.) del 2 aprile 2012 n. 10 su produzione, lavorazione e vendita al pubblico di prodotti agricoli consente, a determinate condizioni, di eseguire alcune lavorazioni nelle cucine casalinghe degli agricoltori riducendo, di fatto, gli investimenti che un’azienda deve sostenere per trasformare e vendere i propri prodotti. Analogamente l’introduzione del certificato di abilitazione alla coltivazione, prima lavorazione e vendita di piante officinali, nonché alla raccolta di piante selvatiche, in particolare officinali ed aromatiche, prevista dal d.p.p. del 13 febbraio 2013 n. 6, autorizza di fatto gli agricoltori che abbiano superato un esame di idoneità ad esercitare queste attività, altrimenti riservate solo a chimici, farmacisti ed erboristi.

Ma non si tratta solo di norme elaborate dalla Provincia per favorire l’operatività in alcuni ambiti, ma anche delle disposizioni che regolano i comportamenti delle aziende agricole soprattutto in materia ambientale. Anche in questo caso la Provincia ha agito per contemperare le esigenze della produzione con quelle di tutela ambientale; così ad esempio il d.p.p. 21 gennaio 2008 n. 6 fissa le dosi massime di azoto utilizzabili dalle aziende agricole, ma prevede la possibilità di conteggiare ai soli fini della tutela delle acque, anche le superfici agricole gestite dalla azienda senza titolo di possesso.

3. La situazione attuale

3.1 L’agricoltura nella provincia

Il quadro passato e presente delle politiche agricole rappresenta una delle basi sulle quali l’agricoltura provinciale ha fondato la sua rilevanza sociale ed economica. Il contributo del settore agricolo al Pil dell’Alto Adige è del 4 per cento e gli occupati sono circa il 5 per cento del totale, dato, questo ultimo, che comunque non riflette il numero reale di persone attive in agricoltura che sono nei fatti molto più numerose (il censimento agricoltura del 2010 ne contava quattro volte tanto), perché i componenti della famiglia contadina collaborano alle attività aziendali anche quando hanno un’altra occupazione e perché molte aziende agricole rappresentano un’attività accessoria, ma economicamente significativa, per molti occupati in altri settori, che riescono a continuare a vivere in campagna grazie alla rete capillare di strade che serve anche i masi più periferici. Questi dati, confrontati con quelli di realtà simili, indicano la relativa importanza che questo comparto è riuscito a mantenere nell’economia e nella società provinciale.

Tab. 3: PIL agricolo e occupati in agricoltura: confronto fra la provincia di Bolzano e province confinanti dell’arco alpino

Contributo dell’agricoltura al PIL provinciale

Percentuale di occupati in agricoltura

Bolzano

4,4%

5%

Trento

3,4%

4%

Belluno

1,2%

1,4%

Sondrio

1,4%

4%

Fonte: ISTAT 2012a, ISTAT 2012b.

È possibile tracciare un quadro delle caratteristiche del settore agricolo provinciale. L’agricoltura altoatesina è suddivisa in due zone principali:

1. la montagna, che comprende anche l’alta montagna visto che alcuni masi sono situati oltre i 1.500 metri, dove si pratica in modo quasi esclusivo la zootecnia generalmente specializzata nella produzione di latte;

2. il fondovalle ed i terreni in pendenza a basse quote dove sono praticate la viticoltura e la frutticoltura, specializzata nella produzione di mele.

Negli ultimi anni si sono sviluppate anche alcune attività di nicchia diffuse in particolari territori (ad esempio gli ortaggi in Alta Val Venosta ed i piccoli frutti in Val Martello), o distribuite a macchia di leopardo (ad esempio il biologico e le officinali).

La maggior parte della produzione frutticola, viticola e casearia transita attraverso il circuito delle cooperative dei produttori. Questo sistema è riuscito finora a garantire prezzi sufficientemente remunerativi assicurando il ritiro dell’intera produzione degli agricoltori, evitando nel contempo di mortificarne le capacità come imprenditori. Molti, infatti, hanno integrato nella azienda agricola attività accessorie, come l’agriturismo e la produzione di energia da fonti rinnovabili, o hanno cercato di avviare nuove iniziative di produzione e vendita. Queste ultime spesso vedono muoversi congiuntamente, in forme più o meno formalizzate, gruppi di agricoltori organizzati, dimostrando che la volontà e la capacità di aggregarsi vengono viste come un’opportunità per le singole aziende. D’altra parte le alleanze di agricoltori vengono fortemente sostenute dalla politica attraverso agevolazioni rivolte alle cooperative, ai servizi di sostituzione per l’impiego delle macchine (Maschinenring), eccetera.

A questo quadro molto dinamico dell’agricoltura provinciale corrisponde una vivace partecipazione alla vita sociale degli agricoltori nelle zone rurali, dove risultano attive numerose associazioni di volontariato: dalle bande musicali ai vigili del fuoco volontari, dalle compagnie teatrali al soccorso alpino, eccetera. È difficile, infatti, disegnare una linea di demarcazione netta tra aspetti agricolo-produttivi ed aspetti sociali-rurali. Così un’agricoltura dinamica è da una parte il fondamento e dall’altra il risultato del mantenimento della struttura sociale rurale, e questo rende possibile la continuazione dell’attività agricola anche nei masi più disagiati, assicurando il mantenimento di un ambiente fortemente vocato al turismo ed evitando, o almeno rallentando, lo spopolamento della montagna, tanto che nel periodo fra gli ultimi due censimenti della popolazione (2001-2011) si è registrato un calo demografico solo in 12 dei 116 comuni della provincia.

Questi risultati derivano sicuramente dalle capacità e dal senso identitario della popolazione altoatesina, ma un ruolo importante è giocato dalla politica che è riuscita a sostenere ed indirizzare il mondo rurale attraverso scelte mirate non solo in campo agricolo, ma anche in campo sociale.

3.2 Un momento decisivo

Come visto l’agricoltura altoatesina gode di una salute migliore rispetto a quella delle zone limitrofe e di gran parte dell’Italia. Tuttavia la capacità di affrontare i problemi strutturali che affliggono l’agricoltura italiana sembra essere diminuita. La strategia vincente che finora ha consentito di garantire redditi sufficienti agli agricoltori e di mantenere la popolazione in montagna mostra le prime crepe davanti ad un mondo in rapido cambiamento ed i segnali che arrivano, sebbene per ora non allarmanti, non devono essere sottovalutati.

Il censimento dell’agricoltura ha verificato una diminuzione del numero delle aziende agricole. Per quanto tale diminuzione sia decisamente inferiore a quella verificata nel resto d’Italia e nella vicina provincia di Trento, e nonostante non sia diminuito il numero di aziende agricole iscritte alla Camera di commercio, si tratta comunque di un segnale di cambiamento che bisogna interpretare.

Così come bisogna tener conto che il numero di addetti in agricoltura è in costante flessione e che molte aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, rischiano di sparire in tempi brevi con il ritiro dal lavoro dei gestori attuali, perché non è possibile individuare un successore e, se sopravviveranno, rischiano di farlo solo pro forma per poter continuare ad usufruire dei privilegi fiscali dell’agricoltura e dall’agriturismo.

Altri segnali giungono dalla diminuzione del numero delle aziende zootecniche e dei capi allevati, e del contemporaneo aumento del numero medio dei capi allevati per azienda a conferma della concentrazione delle attività zootecniche in unità produttive di dimensioni maggiori.

Per non parlare della crescita delle attività connesse all’agricoltura, dello sviluppo del mercato e delle superfici dedicate all’agricoltura biologica, della diffusione dell’utilizzo delle attrezzature informatiche, del consumo del suolo agricolo, eccetera.

Il mondo agricolo e rurale è in rapido cambiamento e questo cambiamento va guidato ripensando la visione strategica che guida la politica agricola. Le linee fissate negli anni ’70, confermate negli anni ’90 anche attraverso un maggiore orientamento al mercato e perseguite con continuità e coerenza fino ad oggi, hanno permesso di raggiungere risultati lusinghieri nell’affrontare i problemi strutturali dell’agricoltura ma l’emergere di una situazione nuova pone nuovi problemi e nuove sfide.

Inoltre diventa indispensabile affrontare le difficoltà causate da una marcata riduzione delle risorse proprie della Provincia, riduzione talmente consistente che nel febbraio 2014 la Giunta provinciale ha deciso la sospensione o l’adeguamento di alcune disposizioni di incentivazione del settore agricolo con la motivazione dell’allungamento dei tempi di attesa fra presentazione della domanda e concessione del finanziamento. Con lo stesso provvedimento, però, la Giunta afferma che la soluzione è la ridefinizione dei criteri e delle modalità di accesso alle agevolazioni in agricoltura. Questo significa che in tempi brevi si dovrà decidere a quale tipo di agricoltori sarà possibile proseguire ad offrire un sostegno e quale tipo di interventi sarà possibile continuare a finanziare. Sempre nel 2014, poi, parte il nuovo periodo di programmazione del Psr. Questo significa che saranno ridefiniti i criteri e le modalità di accesso alle agevolazioni previste da questo strumento cofinanziato dalla Ce, dal quale dipende, come visto, una quota sempre più rilevante delle risorse attribuite al settore.

Fig. 4: Situazione dell’agricoltura altoatesina e italiana dagli anni ’90 a oggi

Problemi strutturali ­dell’agricoltura italiana

Situazione dell’agricoltura altoatesina dagli anni ’90 a oggi

Problemi

Diminuzione ­dell’occupazione in agricoltura

Diminuzione ­dell’occupazione in agricoltura

Aumenta la dimensione minima aziendale per poter ottenere un reddito adeguato.

Aumenta l’interesse dei giovani verso altri settori più remunerativi e meno impegnativi.

Invecchiamento della popolazione agricola

Segnali di invecchiamento

Come sopra

Aumenta il numero di aziende dove non è stato identificato un successore

Difficoltà nella ­modernizzazione delle aziende e nell’adattamento al nuovo

Riguarda principalmente le aziende zootecniche

Gli investimenti richiesti dalla zootecnia sono elevati a fronte di una redditività inferiore agli altri settori produttivi, che l’allevatore tende a compensarli aumentando la mandria, con problemi per l’approvvigionamento del foraggio e per lo spandimento delle deiezioni

Esigenza di una specializzazione produttiva

Consolidamento della specializzazione anche attraverso la capacità di affrontare nuove sfide del mercato per i prodotti di nicchia (biologico, vendita diretta, etc.)

Rischi imprenditoriali concentrati su un’unica produzione

Problemi ambientali legati alla monocoltura

Pochi strumenti per rafforzare il mercato per le produzioni di nicchia

Esigenza di un adattamento alla multifunzionalità

Rafforzamento dell’agriturismo anche con nuove proposte (attività di party service), ampliamento delle attività connesse all’agricoltura, in particolare per la produzione di energia da fonti rinnovabili

Importanza economica dei settori complementari che rischia di superare quella della produzione agricola

Ridotta organizzazione dei mercati e della filiera

Accorpamento delle cooperative per ottenere risparmi nei costi di gestione, adattamento alle richieste di mercato condivise con gli agricoltori.

Forte organizzazione e concentrazione della domanda

Attività per certificazioni di qualità che rischia di erodere reddito ai produttori

Scollamento tra cooperativa e soci per accorpamenti e per investimenti rivolti a soddisfare le esigenze dei clienti prima che quelle dei produttori

Mancanza di una filiera per la carne

Senza dimenticare che le manovre del governo per il riequilibrio del bilancio statale hanno toccato negli ultimi anni anche il settore agricolo, in particolare perché interventi su esenzioni ed agevolazioni fiscali e previdenziali in agricoltura non sono più un tabù, e si sono concretizzati con il mancato rinnovo della defiscalizzazione degli oneri sociali e con la riduzione delle agevolazioni sui carburanti.

Come se tutto questo non bastasse, la società altoatesina ha iniziato a mettere in discussione il sistema di tutela dell’attività agricola. Gli interventi a favore dell’agricoltura sono visibili perché sotto gli occhi di tutti ma la discussione non è determinata dalla riduzione generalizzata delle risorse e quindi dalla richiesta di spostare i fondi destinati all’agricoltura verso altri settori. Piuttosto questo atteggiamento è causato dallo scollamento della popolazione dal mondo contadino. E la parte più critica della popolazione è costituita da persone che conoscono bene l’attività agricola locale con i suoi punti di forza ma anche i suoi difetti e (piccoli) peccati. Ma se fino a venti anni fa la maggior parte degli altoatesini, almeno della popolazione di lingua tedesca e ladina, aveva rapporti di parentela diretti con degli agricoltori, oggi non è più così. Per molti manca quindi un coinvolgimento diretto nelle difficoltà, nei sacrifici, nelle opportunità e nei vantaggi di chi gestisca un’attività agricola. Questo allontanamento non riguarda solo gli abitanti dei principali centri ma coinvolge nel territorio rurale molte persone impegnate nel settore turistico e ciò rischia di generare una pericolosa divisione fra turismo ed agricoltura, ambiti che finora hanno trovato modo di alimentarsi e sostenersi reciprocamente.

È chiaro quindi che è arrivato il momento di ridisegnare, pur senza stravolgerla, la politica agricola provinciale e che tale nuovo disegno vada affrontato con la consapevolezza che le responsabilità da assumersi sono grandi perché la capacità dimostrata dalla classe dirigente provinciale a partire dagli anni ’70 di guardare avanti per definire chiaramente gli obiettivi e per perseguirli è stata un’arma vincente per il settore agricolo e per il mondo rurale. Se negli ultimi decenni è stato possibile, utile ed efficace concentrare la governance sulle modalità di funzionamento degli strumenti scelti per raggiungere gli obiettivi fissati, oggi il rimodellamento della strategia richiede, alla luce dei mutamenti sociali, economici e culturali che coinvolgono anche la Provincia di Bolzano, l’ampliamento della platea degli attori pubblici e privati interessati a partecipare alle decisioni strategiche ed operative in agricoltura.

4. La governance inclusiva

4.1 I gruppi di interesse

Negli anni ’70 la definizione di una politica coesa e condivisa riguardava i rapporti fra gli agricoltori rappresentati dal Bauernbund ed i decisori politici, cioè la Svp che deteneva la maggioranza assoluta nella Giunta provinciale ed il cui bacino elettorale era rappresentato dagli stessi agricoltori. Negli anni ’90 la partecipazione ai momenti decisionali coinvolge le associazioni ambientaliste e le istituzioni deputate alla tutela dell’ambiente e del paesaggio. Il peso di queste componenti si accresce nel tempo, anche per gli impianti normativi definiti in sede comunitaria (si ricordino ad esempio la Direttiva uccelli e le norme di condizionalità per l’agricoltura).

Oggi i gruppi di interesse e le lobby che agiscono o vogliono agire nel settore sono sempre più numerosi perché si trovano coinvolti anche altri settori: a livello istituzionale le infrastrutture (strade, elettrodotti, acquedotti, collegamenti telefonici e web in ambito rurale), il turismo, la pianificazione territoriale, la sanità, le pari opportunità; a livello privato le associazioni ambientaliste, il Raiffeisenverband, che non solo riunisce le cooperative agricole ma che è anche erogatore di servizi e finanziatore degli investimenti attraverso le casse rurali, le associazioni dei produttori biologici, le multinazionali impegnate nel settore, ecc. Ognuno di questi soggetti esprime in maggiore o minore misura interessi nel campo delle politiche agricole e rurali e non può essere ignorato nel processo di definizione delle strategie e degli strumenti da utilizzare. Questi sodalizi estranei all’agricoltura non contestano gli aiuti al settore ma spesso ne criticano le modalità e li ripropongono in modo diverso e, intanto, partecipano alla definizione di nuove regolamentazioni. In quest’ultimo senso basti ricordare il dibattito sugli Ogm, quello sulle varietà Club oppure quello sugli interventi di sviluppo delle malghe.

Sembra un paradosso, ma mentre l’agricoltura perde il suo peso, aumentano gli attori interessati ad operare al suo interno e sono sempre più differenziati. Ma questo è il risultato dei mutamenti sociali e politici in corso: una realtà complessa e multiforme che richiede interconnessioni e necessita di scelte condivise e di coordinamento delle azioni. L’altra faccia di questa medaglia è il ruolo che l’agricoltura assume in altri settori verso i quali diventa portatrice di interessi. Si pensi ad esempio alla pianificazione territoriale ed alle azioni di difesa del suolo agricolo interessato da fenomeni di urbanizzazione o di realizzazione di infrastrutture.

In Provincia di Bolzano solo il quadro politico sembra non mutare. Il Bauernbund continua a rappresentare la maggior parte dei contadini altoatesini, la Svp mantiene il suo elettorato contadino ed il governo della Provincia, anche se non ha più la maggioranza assoluta. Tuttavia le altre forze politiche sembrano essere poco interessate all’agricoltura e non esprimono proposte in questo settore, limitandosi a cavalcare senza troppa convinzione un certo malcontento emergente contro le agevolazioni previste per gli agricoltori.

4.2 Un nuovo processo decisionale

La semplicità operativa di un sistema gerarchico e settoriale (per di più caratterizzata in Alto Adige dalla presenza di pochi soggetti) non è più in grado di dare risposte esaustive in una società multitasking e multivello come quella attuale, in altre parole gli strumenti tradizionali di governo, come il sistema delle regole e delle procedure o le gerarchie istituzionali, non sono più sufficienti ad assicurare equilibrio e sviluppo ad un sistema complesso e tendenzialmente instabile.

I processi decisionali di costruzione delle politiche richiedono di tenere conto della rete, sempre più complessa, di relazioni competitive, sinergiche o concordanti che si instaurano fra i diversi portatori di interesse. Coinvolgere nel processo di governo le istituzioni ed i gruppi, anche informali che sono portatori di punti di vista rilevanti sulla questione che si intende affrontare, è la chiave per attivare i processi di condivisione della conoscenza e per delineare visioni ed idee comuni finalizzate ad ottenere effetti duraturi di benessere collettivo e di competitività del territorio. Il processo di governance, allo stato attuale dell’evoluzione della cultura di governo, necessita di un soggetto guida che, se elettivo, si assuma la responsabilità politica delle scelte. In questo modo si riesce anche ad assicurare la preminenza di un controllo democratico sui processi decisionali e quindi una preminenza degli interessi collettivi su quelli delle parti.

L’Unione europea sostiene con forza questi principi, così prescrive architetture partenariali e pluri-istituzionali anche nella definizione a livello locale dei programmi comunitari che finanziano alcuni interventi in agricoltura. Un chiaro esempio di questo modo di procedere è il processo che sta portando alla definizione del nuovo Psr provinciale avviato alla fine del 2011 quando la commissione ha reso pubbliche le proposte legislative relative ai nuovi programmi.

In questo caso è l’Assessorato all’agricoltura a svolgere il ruolo di soggetto guida ed a farsi carico dell’onere di individuare i portatori di interesse e di invitarli a partecipare al processo decisionale. Infatti mentre nei precedenti periodi di programmazione il partenariato svolgeva un ruolo concentrato sulla sorveglianza del funzionamento del programma, ora il coinvolgimento degli stakeholders inizia già nella fase di definizione dello stesso a partire dall’individuazione delle strategie di intervento e dalla identificazione delle misure da porre in essere.

Da un punto di vista formale il coinvolgimento si è concretizzato in tre incontri strutturati in funzione delle fasi della programmazione.

Contemporaneamente tutti i documenti prodotti vengono pubblicati sul sito della Provincia al fine di dare la maggiore diffusione possibile alle informazioni e raggiungere tutti i cittadini potenzialmente interessati al programma invitando chi lo ritenesse opportuno a presentare osservazioni e proposte. All’azione di governance del programma partecipano anche altri soggetti che svolgono una funzione di supporto tecnico al processo decisionale in ottemperanza a specifici obblighi di legge, come ad esempio i valutatori.

Il coinvolgimento degli stakeholders nella fase decisionale ha assunto un significato formale, ma anche sostanziale. Gli aspetti formali costituiscono il quadro operativo all’interno del quale muoversi ed assumono particolare importanza nel momento in cui attribuiscono ai soggetti coinvolti un ruolo nel processo decisionale legittimandoli ad intervenire nel merito e, contestualmente, assegnando ad essi una precisa responsabilità nella costruzione del programma. Quindi gli incontri formali hanno gettato le basi di una serie di collaborazioni sostanziali che si sono concretizzate in numerosi incontri fra l’Ufficio fondi strutturali Ue in agricoltura, incaricato della redazione del programma ed il Bauernbund, il Dachverband für Natur- und Umweltschutz in Südtirol, la Ripartizione foreste, la Ripartizione natura, paesaggio e sviluppo del territorio e l’Organismo pagatore provinciale (soggetto deputato ad erogare i contributi per conto della Provincia ai beneficiari del programma). Il processo avviato ha evitato il rischio di limitarsi ad ottemperare agli obblighi di legge in tema di coinvolgimento del partenariato e ha permesso di definire un programma condiviso dai gruppi di interesse agricolo e dalle strutture tecniche che saranno coinvolte nell’attuazione, congegnato per funzionare in modo efficiente raggiungendo con efficacia gli obiettivi che si propone. Infatti la governance non può essere circoscritta al solo ruolo di definizione del quadro operativo, ma deve agire anche nella fase di attuazione dei dispositivi e delle regole definite per poter garantire il successo delle azioni previste.

A titolo esemplificativo e sempre facendo riferimento al processo di definizione del nuovo Psr i frequenti incontri fra l’Ufficio fondi strutturali Ue in agricoltura e l’Organismo pagatore provinciale hanno consentito di affrontare in modo sistematico il problema della controllabilità delle azioni previste e di adottare tutti quegli interventi correttivi in grado di rendere più certi e più funzionali i controlli in ottemperanza agli obblighi comunitari. Si è agito, quindi, in modo preventivo sulla applicabilità delle misure cercando di evitare quegli intoppi, piccoli e grandi, che rischiano di rallentare o persino di fermare per motivi formali o burocratici l’attuazione del programma o di una parte di esso.

La definizione del nuovo Psr diventa quindi l’emblema di una governance che si sviluppa a partire da obblighi cogenti definiti dalla Ue e dimostra l’efficienza di un processo condiviso fra le parti interessate, facendo crescere la consapevolezza della efficacia delle soluzioni condivise.

La validità di questo schema operativo risulta evidente e determina l’estensione di questo modus operandi anche nella predisposizione di strumenti in cui il coinvolgimento degli stakeholders non sia stabilito dalle norme. Esemplare è il processo che ha portato alla stesura della deliberazione della Giunta provinciale del 27 maggio 2014, n. 634 che stabilisce le linee guida di gestione per lo spargimento di letame, liquame e colaticcio nelle zone Natura 2000. Si tratta in questo caso di una disposizione che disciplina il comportamento che gli agricoltori devono tenere nella concimazione dei prati e dei pascoli che ricadono in aree sotto tutela ambientale. Nello specifico il problema riguarda l’impiego del liquame e dei concimi azotati che non è sempre compatibile con gli obiettivi di conservazione di alcune specie vegetali ed animali.

È proprio la delibera della Giunta a ricostruire il processo che ha portato a definire le linee guida e che ha permesso di evitare una strategia impositiva di dubbia efficacia. Il coinvolgimento ha riguardato tre ripartizioni della Provincia (Agricoltura, Foreste, Natura, paesaggio e sviluppo del territorio), il Bauernbund in rappresentanza degli agricoltori e lo studio Umweltbüro di Klagenfurt (AT) come supporto tecnico-scientifico. Il risultato è stato quello di redigere delle linee guida che tengano conto delle caratteristiche dei popolamenti vegetali (in alcuni casi è permesso l’impiego di quantità controllate di liquame, in altri è vietato l’impiego di qualsiasi fertilizzante azotato) e che forniscano indicazioni per una gestione agronomica in grado di migliorare la biodiversità e la produttività dei prati. Le aziende agricole saranno poi tenute a conformarsi alle indicazioni del piano di concimazione redatto da un gruppo di lavoro costituito da cinque tecnici in rappresentanza dei gruppi di interesse coinvolti.

La governance di questo processo è riuscita a ridurre la conflittualità fra portatori di interessi diversi (protezionisti e produttori agricoli) offrendo opportunità alle aziende invece che abbandonarle alla necessità di adeguarsi ad imposizioni calate dall’alto attraverso norme, e conseguenti sanzioni, di cui non comprendono il senso e delle quali quindi non solo non vogliono ma neppure possono condividere lo scopo.

5. Il futuro dell’agricoltura

Si è visto che il momento attuale è cruciale per la definizione delle nuove linee di indirizzo della politica agricola. Oggi è importante capire come dovrà essere l’agricoltura del futuro in Alto Adige. Bisogna quindi definire quante aziende, quanti agricoltori e quale agricoltura siano irrinunciabili per garantire la gestione del territorio ed il mantenimento del paesaggio in montagna, sui versanti e nel fondovalle, per assicurare la vitalità delle comunità rurali, per limitare l’esodo verso i centri maggiori e per evitare contraccolpi ad un’economia altoatesina che ha investito molto nel settore agroalimentare. E sulla base di queste scelte di fondo declinare e predisporre gli strumenti da utilizzare per accompagnare questo cambiamento.

Le questioni pratiche in campo non sono poche. L’elenco che segue non ha l’obiettivo di essere ordinato ed esaustivo, ma solo di evidenziare quante e quanto diversificate siano le questioni in campo.

In che modo sarà possibile assicurare continuità di coltivazione ai terreni che rischiano l’abbandono per la chiusura delle aziende più piccole e senza successore? Fino a che punto sarà possibile garantire un compenso diretto alle aziende per il servizio di conservazione del paesaggio alpino e dei sistemi aziendali ed interaziendali di regolazione dei flussi idrici preziosi per la sicurezza, per il turismo e per la qualità della vita dei residenti?

In che modo si potrà regolare il fenomeno, in costante crescita, delle aziende che lavorano i terreni di altre aziende? E queste altre aziende potranno continuare ad essere considerate al pari di quelle agricole con i conseguenti vantaggi di tipo fiscale e previdenziale? Ed in assenza di questi vantaggi questi masi, in particolare quelli delle valli più marginali, continueranno ad essere abitati?

La crescita della produzione delle mele potrà continuare ad essere sostenuta o ci si sta avvicinando alla saturazione del mercato con il conseguente rischio di un crollo dei prezzi e dell’avvio di una crisi per il settore? E l’estensione della coltivazione del melo a quote sempre più elevate può continuare ad essere tollerata anche se è in contrasto con le linee del piano paesaggistico provinciale?

La diffusione delle reti antigrandine su aree sempre più vaste può essere tollerata nonostante gli effetti negativi su paesaggio e fauna selvatica? Lo sviluppo delle malghe, indispensabile per assicurare il loro mantenimento, può seguire percorsi alternativi alla costruzione di strade carrozzabili? In che modo è possibile ridurre ulteriormente l’impiego di fitofarmaci soprattutto, ma non solo, in vicinanza dei luoghi abitati?

Quali interventi sono utili per ottenere prezzi remunerativi sul mercato della carne, produzione emergente nelle aziende di montagna, per le minori esigenze di cura del bestiame rispetto alla produzione di latte?

È opportuno mantenere forme di sostegno per le aziende zootecniche che utilizzano in modo sistematico foraggi provenienti dalla pianura o dall’estero? E fino a che punto possono essere tollerati i problemi sul sistema dei trasporti, della emissione di gas climalteranti e della gestione dei reflui zootecnici generati da queste aziende caratterizzate da una produzione zootecnica più intensiva?

In che modo è possibile mantenere l’equilibrio economico fra attività agricola, che dovrebbe essere la principale fonte di reddito, e le attività accessorie, in primo luogo l’agriturismo, che appartengono a settori più remunerativi? In agriturismo ha senso mantenere lo stesso livello di aiuti per le aziende che si trovano in zone ad alta vocazione turistica ed a quelle che operano in zone turisticamente meno sviluppate?

Fino a che punto sarà opportuno garantire un sostegno alle piccole aziende accessorie che assicurano il mantenimento dell’ambiente o sono interessate e disponibili a mettere in atto innovazioni colturali e/o culturali?

Ai quesiti di fondo ed alle domande operative si deve trovare una risposta applicando un sistema di governance inclusivo che è quello che sta fornendo chiari esempi di successo grazie al coinvolgimento nei processi decisionali dei gruppi di interesse. L’esperienza indica che questo modo di operare è quello in grado di assicurare, oggi, le maggiori probabilità di successo. È inevitabile, allora, che l’ineluttabile ed improcrastinabile processo di ridefinizione delle strategie della politica agricola provinciale adotti questa prassi. Solo così sarà possibile predisporre una nuova idea forte ottenendo una visione che permetta di fissare un nuovo punto di arrivo in ambito agricolo e rurale condiviso e perseguito da tutta la società provinciale perché espressione di un bisogno collettivo e non il risultato di logiche corporativistiche.

Fissare un nuovo obiettivo permetterà poi di stabilire i criteri da adottare per perseguirlo e di identificare gli strumenti necessari allo scopo. Ma questo secondo aspetto non rappresenta sicuramente una criticità per la Provincia anzi, come gli ultimi quaranta anni hanno dimostrato, è uno dei nodi principali del successo delle politiche attuate in ambito agricolo e rurale a livello provinciale.

Note

1 I fondi europei del cosiddetto primo pilastro sono pagati direttamente agli agricoltori, senza che la Provincia possa intervenire in modo sostanziale a determinare gli obblighi assunti dagli agricoltori, ma rappresentano una quota relativamente poco rilevante (circa il 10 per cento) degli interventi a favore degli agricoltori altoatesini. Per questi motivi, nonostante le importanti modifiche a cui il pagamento unico sarà soggetto a partire dal 2014, tale argomento non viene trattato in questo articolo.

Riferimenti bibliografici

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Abstracts

Die inklusive Governance als Erfolgsfaktor der Südtiroler Landwirtschaftspolitik

Die Landwirtschaftspolitik der Provinz Bozen ist seit jeher von einem starken Pragmatismus geprägt: Die Ziele sind klar definiert worden, die Instrumente, um diese Ziele zu erreichen, haben­ sich als effizient erwiesen. Grund dafür ist auch eine technische Governance, die imstande ist, die Verwaltung zu verein­fachen. Damit sind bürokratische Hürden bei der Umsetzung der Ziele vermieden worden.

Die bedeutende Kürzung der im Landesbudget vorgesehenen finanziellen Mittel, der Rückzug der Bevölkerung aus der Landwirtschaft sowie einige alarmierende Daten über den Erosionsprozess des Systems Landwirtschaft weisen darauf hin, dass es heute notwendig ist, die Landwirtschaftspolitik der Provinz Bozen zu überdenken, ohne diese allerdings auf den Kopf zu stellen.

Bei den Entscheidungsprozessen über die neuen Ziele und Instrumente ist es wichtig, alle Akteure und Stakeholder miteinzubeziehen, um negative Strategien mit zweifelhafter Effizienz zu vermeiden. Nur auf diese Weise wird man die Dynamik und die unternehmerischen Fähigkeiten wahren können, welche die Grundlagen und das Ergebnis einer ländlichen Sozialstruktur sind, und die garantieren, dass das ländliche Gebiet weiterhin qualitätsvoll verwaltet wird und keinen bevölkerungsmäßigen Aderlass erfährt.

An inclusive governance as a ­successful factor for South ­Tyrolean agricultural policy

The agricultural policy of the Province of Bolzano has always been characterized by great pragmatism. Objectives have been clearly stated and tools to reach them effective, above all because they have been supported by a technical governance that has succeeded in simplifying management by avoiding bureaucratic obstacles to the final attainment.

The considerable decrease of financial support for the agricultural sector, the detachment from the farmers’ world, and several alarming data on the stability of the agricultural system, show that it is essential today to redraw the provincial agricultural policy without disrupting it.

It is important to involve all those who are directly interested in decision-making processes for the definition of new objectives and tools, in order to avoid strategies of a doubtful outcome. It is only in this way that we will protect a dynamic and capable entre­preneurship, foundation and result of the continuation of a rural social structure that grants continued quality in territory management and functions as a counterpoint to rural depopulation.